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Un cielo di lavagna

Creato il 23 settembre 2010 da Lucas




Un cielo di lavagnaLa rana, prima a ritentar la corda
dallo stagno che affossa
giunchi e nubi, stormire dei carrubi
conserti dove spenge le sue fiaccole
un sole senza caldo, tardo ai fiori
ronzìo di coleotteri che suggono
ancora linfe, ultimi suoni, avara
vita della campagna. Con un soffio
l'ora s'estingue: un cielo di lavagna
si prepara a un irrompere di scarni
cavalli, alle scintille degli zoccoli.
Eugenio Montale, Mottetti, XVII


Questa sera, complice la luna, mi sono lanciato: ho avuto fiducia in una stella che al suo fianco (sinistro) brillava del medesimo lucore e aspettava che qualcosa le dicessi, che ne so, un pezzo di vita trascorsa, una riflessione, uno stato d'animo, un riassunto della mia insicurezza. E allora ho scritto, veloce, girandomi di spalle alla stella, con un gesso che ancora avevo in tasca, nella parte ove il cielo sembrava una lavagna. Lo strano è stato che, mentre scrivevo una parola, la precedente veniva gradualmente cancellata, assorbita dall'oscurità. Sensazione frustante ma, al contempo, rivelativa: ogni parola scritta sospendeva la notte, acquistava una sua luce propria, si riempiva del suo significato. Ogni parola diceva tutto quello che poteva dire senza nascondere nulla, senza tenere niente di segreto, senza prestarsi ad ambiguità.

Scrivere su un blog è un affare simile, è scrittura assorbita dal buco nero della rete. E i post sono come quelle parole scritte nella lavagna del cielo: dicono tutto quello che avevano da dire e poi, applausi o meno, cala il sipario della notte.

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