Allora si mettono libri dovunque, Roberto Roversi, e non c’è più posto dove il libro può stare, sono le parole dalle sillabe ardenti e quelle magre, a cagne cane, sono le bellissime autostrade che portano a Colon del paese perso e le brutte scombinate, le marce inquinanti, sono l’isole. Sono appena state costruite, le alte velocità, a forare l’amianto ma a disegnarne una, strada, respirare non è mai costato pare tanto. I libri stanno in catasta e li impiliamo, e li leggiamo a volte per poi dimenticarli, che tutti i libri si dimenticano, ne salvi tredici, quattordici, basta.
Allora le strade diventano segnano e ci portano sempre da qualche parte, che magari è forse lì. In realtà non c’è niente che serva solo. Tutto scompone e sporca, o era uno tenue, un miracolo, qualche sveglia che apriva la giornata di nebbia, lei accanto, il seguito precisato da un odore di fuoco di legna e lo scorrere del dito lungo l’argine fucilato, era un indaco in deriva e l’umido nelle ossa che la centrale idroelettrica ha scaldato, o il fossile, dove andiamo? In realtà non c’è niente ch’è sempre servo-mano.
Allora si dipinge la casa di giallo, e la tintura all’acqua fa salire il salnitro e le righe della muffa prima, sin che il caminetto che non tira funga la dispensa e l’aria è più tranquilla. Mille morti e moltiplicati per farne altrettanti, nei vuoi libri molte parti mai unire, ed io li amo. La sganghera, la discesa verso il basso, e l’alto delle lacrimose ossa di discesa, la possibile austerità la benigna nasce e ferma. L’alzano. Dai libri allora, dai libri scelti, dai testimoni, e dalle visioni, rosicchia un battito e da lui viene ma troppo tardi ma troppo presto partono.
Allora si va a dormire senza sonno, che non basta , Roversi Roberto, questo a raccontare quello che i mille tanti morti sognano. Sono che li guardi fare, sono che li sai, ma mai sapere è uguale e si schianta contro la fabbrica e il muro, da dentro a fuori il suo veleno denso e quasi mite, una diossina, un’anidride, e non le ho sparse/sentite ma mi sono riscaldata e ho costruito roba a Breda. Non mi concilio con questi amori, sai, devo tagliare la neve, ti ricordi? Che la poesia ha il freddo che non tiene? Che non lo tiene mai?
Magazine Cultura
Un commento elegiaco a Anidride solforosa di Roberto Roversi
Creato il 04 maggio 2011 da ViadellebelledonnePotrebbero interessarti anche :