- Il Tempo che ci Rimane – 2010 – ♥♥♥ e 1\2 -
di
Elia Suleiman
E’ sicuramente pesante guardare l’ ultimo film del regista di Nazareth, Elia Suleiman. Esattamente come negli anni è stato pesante per chi ha vissuto il conflitto israelo-palestinese vivere la propria quotidianità confrontandosi con le diversità culturali e l ‘oppressione forzata del cambiamento delle proprie abitudini e usanze. Il film è interamente visto dagli occhi dello stesso regista che attraverso la storia della sua famiglia ci racconta sessanta anni di una guerra che ha più volte nel tempo mutato forma ma non gravità. Iniziando dal 1948 e dalla “liberazione” di Nazareth da parte di soldati israeliani travestiti da palestinesi, si giunge fino ai giorni nostri analizzando le enormi contraddizioni di un paese diviso a metà. Non mancano mai, in queste analisi ben trattate da Suleiman, i risvolti comici (anche se allo stesso tempo tremendamente seri), come la sequenza nella quale un cittadino mentre va a gettare la spazzatura o parla al cellulare viene costantemente seguito dalla canna di un carrarmato. L’ umorismo del regista palestinese sembra in definitiva voler prendere il sopravvento nell’ analizzare dei fatti drammatici, che forse sono così inspiegabili come certe sequenze del film potranno apparire di primo acchito. Questo film è stato escluso dalla lista dei candidati all’ Oscar come miglior film straniero perchè la Palestina, non essendo legalmente uno Stato, il film non rientrerebbe nelle fila di nessuna classificazione degli Academy. E proprio questa impossibilità di poter esprimere una propria identità culturale è evidente nelle tante metaforiche sequenze del film. Un’ opera che rivendica più volte lo stare a guardare inerme di una popolazione (quella palestinese) che ha visto le proprie usanze culturali scomparire pubblicamente, contro invece una prepotenza comunicativa molto più manifestata degli usi e costumi israeliani. E lo fa in maniera minimalista il regista palestinese, non preoccupandosi di prendere mai una posizione tra le due parti del conflitto ma con la sua telecamera spesso fissa preferisce ironizzare su un’ attualità che dura da sessanta anni. E purtroppo sembra non cessare ancora oggi. Malinconiche, strazianti e per la maggior parte del tempo mute, le sequenze del film accompagnano lo spettatore in un mondo parallelo surreale nel quale il conflitto di cui tanto da anni sentiamo parlare sembrerebbe quasi uno scherzo del destino. Ma purtroppo così non è. E questo come i frequenti primi piani dell’ attore protagonista ci sottolineano non può che lasciarci inermi e sbigottiti di fronte al tempo che ci resta da vivere in mezzo a tutta questa surrealtà.
( Istruzione scolastica )
( Una delle tante sequenze surreali del film)
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