Traducendo il romanzo Un cuore rosso rubino in un freddo mare blu di Morgan Callan Rogers (pubblicato da Elliot Edizioni nel marzo 2012 e qui recensito da Alessia Caputo su Via dei Serpenti), a Veronica La Peccerella è venuto in mente lo stretto legame tra la musica e quel libro, tra la musica e la letteratura in generale, tra la musica e la vita. Ha quindi realizzato una playlist (che potete ascoltare qua) raccogliendo le canzoni che facevano da sottofondo al romanzo e ha chiesto all’autrice di commentare questa musica. Ecco cosa ha risposto Morgan Callan Rogers (con una piccola precisazione della traduttrice che – ovviamente – ha tradotto anche questo testo). Buona lettura e buon ascolto!
Ho realizzato una playlist ispirata alla musica presente nel libro Un cuore rosso rubino in un freddo mare blu, che ho tradotto dall’inglese. Non tutte le canzoni citate erano disponibili su 8tracks, quindi ho dovuto trovare alternative, o cover.
L’autrice del romanzo, Morgan Callan Rogers, ha scritto un illuminante commento sulla playlist originaria – una sorta di colonna sonora del suo libro – e sulla musica in generale.
Buon divertimento!
Veronica La Peccerella
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Ogni vita ha una colonna sonora
Ogni vita ha una sua colonna sonora. Una canzone che conosciamo può toccare le corde di emozioni forti con poche semplici note. Quando sento The Boys of Summer di Don Henley, mi viene ancora da piangere per una rottura avvenuta più di venticinque anni fa. Invece la gioiosa e ottimistica Solisbury Hill, di Peter Gabriel, sostiene le dure scelte che ho dovuto fare per divenire una scrittrice. Mentre preferisco calare un velo su quello che succede quando il sassofono fa le fusa come un gatto randagio in Take Me With You When You Go dei Morphine.
La musica connette e rivela la nostra umanità come niente su questo pianeta riesce a fare. Spero che esista anche nell’altro mondo, perché è la cosa che mi mancherebbe di più. Mentre digito queste parole, sto ascoltando Pandora radio con gli auricolari, e vengo ispirata e trasformata da una selezione di brani dal Carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns, dalla colonna sonora di American Beauty di Thomas Newman e da The Red Pony di Aaron Copland. Quando scrivo, i brani che hanno un testo mi distraggono, ma le composizioni senza parole accendono la mia fantasia, danno un ritmo e offrono uno sfondo appropriato all’ambientazione emotiva di una scena.
Da bambina, negli anni Cinquanta e Sessanta, avevo paura del buio. Una radiolina, che mi faceva ascoltare il rock’n’roll di notte, era il mio conforto. Più tardi un giradischi, che aveva un penny attaccato all’estremità del braccio per dare più peso alla puntina, suonò i miei primi 45 giri – Rusty Bells di Brenda Lee e la versione di Bobby Darin di If I Were a Carpenter. Il primo album che ho posseduto, Parsley, Sage, Rosemary and Thyme di Simon and Garfunkel, ebbe modo di arrivare su uno stereo nuovo con delle grandi casse. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il mio primo album dei Beatles, ha incontrato la morte per logoramento su quello stereo. E ho rischiato dei danni permanenti all’udito, quando mettevo l’orecchio vicino agli altoparlanti a tutto volume, mentre sparavano canzoni come I Can See for Miles degli Who.
Quando si è adolescenti, che ci si trovi in Italia o in America, in Irlanda o in Francia, in Africa o in India, si può davvero vedere a miglia di distanza, sia nel passato che nel futuro, e alcune di queste miglia non sono gradevoli. Il presente è un campo minato, tra le ansie del giudizio dei propri coetanei e l’algebra. Si sente il peso della consapevolezza che le verità che avevi considerato scontate potrebbero non funzionare per te, e gli adulti che un tempo idealizzavi non sono perfetti. Quando si è un teenager, si è il capitano al timone di una nave che trasmette una stazione radio pirata, e si cerca di schivare l’autorità persino mentre si navigano acque insidiose, con imprevedibili alti e bassi. La musica in effetti ti permette di andare avanti. Ti fa svegliare e ti culla nel sonno e, nel frattempo, ti aiuta ad arginare la confusione che riempie ogni giorno. È il tuo conforto, il tuo dolore e la tua gioia, la tua verità.
Florine Gilham, la narratrice dodicenne di Un cuore rosso rubino in un freddo mare blu, non è diversa da qualsiasi ragazza di qualunque altro luogo. Anche senza il grande dolore causato dalla sparizione di sua madre, Carlie, avrebbe creato una colonna sonora della propria adolescenza. Magari avrebbe saltato Elvis per adottare i Beatles e i Rolling Stones come suoi idoli, visto che siamo negli anni Sessanta. Ma in onore della madre scomparsa, figlia degli anni Quaranta e Cinquanta, si appropria di Elvis, oltre che di vari cantanti e musicisti che hanno definito la generazione dei calzini corti e delle code di cavallo. Come sua creatrice e guida, sapevo che era necessario trovare la musica giusta per aiutarla lungo il percorso. La colonna sonora inclusa nel libro è significativa per le circostanze peculiari della sua vita. La musica scelta mi è tornata in mente in fretta. «Ma certo» ho detto a Florine, e abbiamo fatto partire il giradischi.
Louie Louie (Richard Berry, 1955, registrata da The Kingsmen nel 1963), la prima canzone citata nel libro, era molto controversa ai miei tempi. Per come veniva cantata dai Kingsmen, si presumeva che il testo fosse “sporco”. Ma il modo di cantare era impastato e il senso non era chiaro. Dottie Butts, la migliore amica di Florine, osserva che il brano suona come se “il cantante avesse la lingua tagliata a strisce e stesse cercando di cantare attraverso il sangue”.
One for My Baby (and One More for the Road) (Johnny Mercer e Harold Arlen, 1941), nel libro viene cantata da un uomo anziano e benestante che barcolla, ubriaco, uscendo da una festa. Sta canticchiando la canzone quando sua moglie lo chiama. Lui borbotta una cosa offensiva ma ritorna alla festa. Amo questa canzone. La sua malinconia piena di rimpianto per un amore proibito, per un “breve episodio”, per ciò che avrebbe potuto essere. Siccome la separazione tra le classi sociali è uno dei temi del libro, quest’uomo, con le sue azioni e reazioni, dà il La agli altri personaggi della stessa classe sociale che appariranno in seguito.
What a Friend We Have in Jesus (Joseph Scriven e Charles C. Converse, 1855). Grand, la nonna di Florine, rappresenta la parte migliore della cristianità. Ha un animo gentile, è di mentalità aperta, è profondamente devota alla propria famiglia e amorevole, ma senza essere soffocante. Considera davvero Gesù il proprio salvatore, e lo ringrazia ogni volta che può. Questa è la colonna sonora della sua anima.
Jailhouse Rock (Jerry Lieber e Mike Stoller, 1957), cantata da Elvis Presley. Questo pezzo è rumoroso, ribelle, malizioso, perfetto per ballare e per la rabbia di Florine, che mette sottosopra la sua stanza quando sente di essere stata tradita dal suo tormentato padre.
The Wanderer (Ernie Maresca), cantata da Dion. Adoro questa canzone. È arrogante, vanitosa e piena di quello spirito indipendente che rappresenta Carlie. Tuttavia, c’è anche una nota triste che esprime la mancanza di radici. Arriva in un punto del libro in cui Florine viene quasi costretta a voltare pagina, musicalmente, da un altro personaggio che la convince ad ascoltare Yesterday, dei Beatles.
Oh, Pretty Woman (Roy Orbison e Bill Dees, 1964) è eseguita da un maestro del canto, e sfida chiunque l’ascolti a rimanere fermo. Uscì un anno dopo l’omicidio del presidente John F. Kennedy, e offrì un tocco di vivacità e divertimento al caos che definì il decennio. Oggi, la testa si riempie subito di immagini di Julia Roberts, ma all’epoca ogni donna era la bella donna che Orbison avrebbe voluto tornasse da lui.
Runaway (Del Shannon e Max Crook, 1961) ha un testo che in più punti può essere collegato alla sparizione di Carlie. Se il ritmo della canzone segnala un ballo veloce, il passaggio con le tastiere, con il suo staccato, ricorda all’ascoltatore che il cantante ha subito un abbandono e non sa perché. Le domande che circondano la sparizione di Carlie non sono mai lontane dalla mente di Florine e di suo padre.
Yesterday (John Lennon e Paul McCartney, 1965) può essere interpretata in molti modi. La lettura di Florine è che sua madre se n’è andata e lei non capisce perché. La canzone segna un cambiamento nell’assoluta lealtà di Florine alla musica di sua madre, oltre che la nascita di un legame con l’epoca che le appartiene, gli anni Sessanta.
Beautiful Morning (Eddie Brigati e Felix Cavaliere, 1968) dei The (Young) Rascals è la perfetta canzone primaverile. Il Maine ha inverni lunghi, freddi e aspri, e il mese di maggio, se non è pieno di fango e pioggia, può essere uno dei momenti più belli dell’anno. Florine è in macchina con i suoi migliori amici, percorre la route 1, lungo la costa del Maine, e sta festeggiando il suo compleanno. In effetti, è davvero una bella mattina. (NdT: nella playlist, è stata sostituita da Groovin’, sempre dei Rascals)
I’ve Got Rhythm (George e Ira Gershwin, 1930) è una delle canzoni più felici sulla faccia della Terra. Può essere interpretata in senso letterale, o ironico. (NdT: Il pezzo è stato scelto come rappresentante del jazz classico che Florine sente provenire dalla cucina, quando si sveglia, nel giorno del proprio sedicesimo compleanno. Nella playlist è stata sostituita da I’ve Found a New baby)
Amazing Grace (John Newton, 1779) è un brano ispiratore, che può cambiare la vita con il suo messaggio: “Un tempo ero perduto, ma adesso mi sono ritrovato…”. Ispira perdono, dignità personale, amore e umanità, tutti temi fondamentali nel libro.
Love Me Tender (Ken Darby, testo, 1956 – musica adattata dal brano folk Aura Lee) è semplice, magnifica e struggente. È il tema musicale di questo libro. Era la canzone di Carlie e Leeman, ed è la ninna nanna di Florine. Quando la ascolta in privato, dà al suo dolore una direzione. Quando la sente nella sua testa, la consola. È la sua verità, nel corso di tutto il libro.