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Un delitto efferato nella Venezia del 1700

Da Pensierospensierato @P3nsi3ro
Un delitto efferato nella Venezia del 1700 Il 14 giugno 1779, nel sestiere Dorsoduro, avvenne qualcosa che turbò a lungo la quiete dei veneziani.
Ci sono state varie versioni di questa terribile storia che ci parla di un delitto, e ogni volta la versione cambia, soprattutto per quanto concerne i luoghi in cui il fatto si verificò.
Cosa accadde? Molto semplicemente, se così possiamo dire, i pezzi di un cadavere vennero ritrovati in un paio di pozzi e in due diversi canali di Venezia.
Dapprima, fu rinvenuto a galleggiare nell'acqua del pozzo sito presso la chiesa dei santi Gervasio e Protasio un busto e un paio di braccia. Quindi, in un secondo pozzo presso la chiesa di Santa Margherita, ecco che spuntarono due gambe.
Già questi ritrovamenti sarebbero bastati per suscitare in città una curiosità davvero morbosa, ma il peggio si ebbe solo l'indomani allorquando nel Canale di Santa Chiara si trovò una testa umana, e i pescatori che transitavano nel Canale della Giudecca recuperarono nelle loro reti, tra calamari e branzini, alcuni visceri umani.
Il corpo, o quel che ne rimaneva, fu dunque ricomposto e il Governo della Serenissima diede subito ordine affinchè le indagini venissero aperte, traslando il cadavere martoriato al Ponte della Paglia, dove comunemente di esponevano i cadaveri dei morti annegati per effettuarne il riconoscimento.
Purtroppo, nessuno si presentò a reclamare il corpo, e al fine di evitare problemi igienico-sanitari, si diede ordine di seppellire il corpo eccetto la testa, che fu imbalsamata ed esposta, per cercare di risolvere il mistero.
Un delitto efferato nella Venezia del 1700 La capigliatura del cadavere aveva ai lati della fronte due ciocche di capelli che terminavano in due riccioli, com'era d'uso presso le classi meno abbienti. Per ottenere questi riccioli, i capelli venivano unti d'olio e quindi arrotolati attorno ai cosidetti rolò, rotolini di carta che venivano mantenuti in loco durante tutta la notte.
Il cadavere presentava i riccioli ancora avvolti nel rolò, il che significava che il povero assassinato era stato ucciso durante la notte, e quando si sciolse il rolò, si scoprì che era stato realizzato con delle vecchie lettere, sulle quali si leggevano ancora chiaramente le iniziali V.F.G.C.
Tutte queste informazioni furono riportate sulle gazzette pubbliche, una delle quali giunse fino a Este tra le mani di un tale Giovanni Cestonaro, che insospettito dalle inziali si recò in fretta a Venezia.
Qui con orrore riconobbe nella testa decapitata e imbalsamata quella del proprio fratello Francesco, al quale scriveva sempre formandosi con l'acronimo V.F.G.C.: Vostro Fratello Giovanni Cestonaro.
Fu a quel punto facile ricostruire la vita dell'irrequieto Francesco, che aveva lasciato ben presto la casa paterna per andare a cercar fortuna all'estero, girando i più svariati paesi ed esercitando un'infinità di mestieri. Ad un certo punto del suo peregrinare, dopo aver lascianto incinta una giovane olandese e non avendola voluta sposare, era approdato in Sicilia, pare a Catania, dove aveva sposato Veneranda Porta da Sacile, vedova trentenne madre di due bambini.
La coppia, che nel frattempo si era trasferita a Venezia, ebbe una figlia che venne affidata ad alcuni parenti del defunto, residenti a Este.
I sospetti degli investigatori caddero subito sulla moglie, che non aveva certo una condotta irreprensibile. Numerose lettere che Francesco aveva inviato alla moglie testimoniavano infatti come egli fosse al corrente della tresca che Veneranda portava avanti da tempo con un giovane di nome Stefano Santini, originario di Udine.
Le indagini, che fino a quel momento erano state totalmente infruttuose, subitono improvvisamente una svolta.
Il 26 giugno Veneranda Porta venne arrestata e sottoposta a interrogatorio.
Una tradizione popolare vuole che la donna si fosse ribellata contro i giudici con forza, negando ogni addebito, e anzi prendendosi gioco di loro, sicura che non vi fossero prove a suo carico. Quando però le fu mostrata la testa mozzata del marito, Veneranda ebbe un improvviso crollo. La stessa tradizione dice (ma sulla veridicità o meno della seguente affermazione non posso assicurar nulla, in quanto solo una fonte tra quelle che ho analizzato riporta il particolare) che, inspiegabilmente, gli occhi di Francesco si aprirono da soli allorquando la testa fu posata sul tavolo davanti alla donna, e fu proprio questo evento che costrinse Veneranda a confessare il delitto.
Veneranda puntò su quella che oggi potrebbe definirsi "legittima difesa", raccontando come il marito l'avesse più volte minacciata di morte, e come avesse anche tentato di assassinare sia lei che Santini.
L'amante e il marito, raccontò Veneranda, erano spesso venuti alle mani, ma giurò che era stato Stefano ad assassinare Francesco, e che, dopo averlo ripetutamente colpito con una mazza di ferro, lo aveva tagliato a pezzi spargendone i resti per la città.
Un delitto efferato nella Venezia del 1700 Passarono alcuni mesi prima che anche Santini venisse arrestato, ma appena catturato confessò, coinvolgendo pesantemente Veneranda, che accusò di averlo sedotto e costretto ad uccidere Francesco. Disse anche che era stata lei a sferrare al poveretto il colpo mortale, quando gli aveva tappato la bocca con la gonna per impedirgli di gridare e chiedere aiuto, e l'aveva poi colpito alla gola con un rasoio staccandogli quasi di netto la testa.
Il caso era praticamente risolto. Si trattava solo di attribuire ai due assassini la materiale responsabilità del delitto, per stabilire le rispettive pene. Ciò avvenne grazie a una testimonianza di Vittoria, la figlia maggiore di Veneranda, che aveva assistito al fatto e confermò il coinvolgimento dei due amanti diabolici in tutte le fasi del delitto. Emerse inoltre che avevano tentato di uccidere Francesco con il veleno per ben tre volte, in passato.
Veneranda Porta e Stefano Santini vennero condannati alla decapitazione, condanna che fu eseguita il 12 gennaio 1790, ponendo così fine a uno dei casi più sanguinosi dell'epoca. Dopo la decapitazione, il Santini fu preso e squartato, allo stesso modo in cui lui stesso aveva fatto a pezzi il cadavere di Francesco.

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