UN DISASTRO “ANNUNCIATO”, di GLG, 28/3-1/4 ‘13

Da Conflittiestrategie

1 Con le dichiarazioni di Terzi – e la risposta di Monti, in stile vagamente mafioso, in cui si dice, senza veramente dirlo, che ci accorgeremo presto delle intenzioni dell’ex ambasciatore in Israele (2002-4) e negli Usa (2009-11), da cui è passato a Ministro degli Esteri nell’ultimo governo fino alle dimissioni di questi giorni – siamo alla “comica finale”, tuttavia con toni da farsa quasi tragica. E’ una commedia, adatta tuttavia a ragazzini subnormali; gli effetti di questo governicchio di incompetenti e decerebrati nel suo (meno di un) anno e mezzo di attività sono stati però catastrofici. La popolazione, totalmente intossicata, è confusa, disorientata, anche molto incazzata in alcune frange (le più consapevoli), ma non riesce a raccapezzarsi in questo “tramonto” di fiamme e cedimenti strutturali della fu Repubblica italiana.

L’intossicazione è stata lunga. Si è distrutta vent’anni fa la prima Repubblica (della quale certo non canterò i dubbi meriti), tramite una lurida manovra mascherata da operazione di “pulizia giudiziaria”, nell’intento di dare il pieno controllo del paese a quelli da me chiamati “i cotonieri”, gli industriali felloni che volevano la piena libertà di derubare il paese, approfittando pure del crollo del sedicente “campo socialista” e dell’azione “imperiale” svolta dagli Usa, pur essi interessati ad avere a disposizione una semplice “espressione geografica” in un’area non certo irrilevante del mondo. Si usò un corpo dello Stato, ormai preparato ad hoc con i molti inserimenti degli anni precedenti. Soprattutto si scelse, per il ricambio politico, un personale particolarmente ignobile, composto di semplici rinnegati e traditori del loro precedente “credo” e schieramento. Intendiamoci bene: un ripensamento non è scandaloso, ci si può accorgere che si è sbagliato. Tuttavia, “non rivolta la frittata” un intero partito e senza la benché minima autocritica, senza una riflessione sofferta e credibile sugli errori commessi; o almeno sulla bancarotta “storica” cui si è andati incontro. Si è compiuta invece la svolta con coscienza perfettamente felice, digestione ottima, e svendita al migliore offerente (i “cotonieri” e la “manina d’oltreoceano”); et c’est tout! In tal caso, detta svolta si definisce tradimento, rinnegamento, in perfetta malafede e per opportunismo e bassa convenienza.

Sappiamo che l’operazione – per la miopia di mediocri quali Agnelli, De Benedetti, ecc. e per lo squallore cavernoso dei politicanti prescelti in sostituzione di Dc-Psi – non andò secondo le previsioni. Venne sollecitata l’opposizione di Berlusconi, che in un primo tempo non si era minimamente manifestata; ed essa ebbe successo. Si entrò allora in agitazione, il mostruoso Frankestein (cioè l’impropriamente definita sinistra, con a disposizione il più laido ceto intellettuale di ogni tempo) pretese di identificare il Mostro nel cavaliere; ed è semplicemente riuscita ad inoculare un veleno a lungo effetto mortale, che ha distrutto il tessuto cerebrale di quello che denomino “ceto medio semicolto”, ormai l’autentica “base” della “sinistra” mentre la mitica “Classe Operaia”, il cui atto finale di piena sconfitta in Italia si situa già nel 1980 (fallito sciopero alla Fiat e eventi successivi su cui non mi soffermo), è sfatta, atomizzata, ridotta soprattutto a milioni di pensionati quale massa di manovra del tutto passiva in manifestazioni sindacali oscenamente schiamazzanti in Piazza S. Giovanni o simili.

Dopo un ventennio di questo orrendo “spettacolo”, non esistono più “corpi sociali” capaci di opporre un minimo di resistenza allo sfacelo, acceleratosi negli ultimi due-tre anni. Si diffonde il malcontento nel “popolo” perché la crisi, evidenziatasi a partire dal 2008, non lascia la presa; e si è dovuto accentuare il tentativo (finale ed estremo) di eliminare il Mostro prima che gli Usa tolgano ogni appoggio a questi sciagurati traditori, che hanno cambiato denominazione non si sa quante volte, ma sempre mantenendo al comando dei perfetti “minorati”, degli uomini (ma sono ancora esseri umani?) che dire mediocri sarebbe già un complimento. Il suddetto Mostro, furbastro (più furbo comunque degli scervellati di “sinistra”), ha nel frattempo tradito quelli che era necessario (per lui) tradire allo scopo di riacquisire la “stima” (ironico!) degli “ambienti statunitensi” più fortemente interessati ad avere a disposizione in Italia servi obbedienti e privi di una qualsiasi balzana idea che li disturbi, anche poco, nella loro azione tesa ad evitare il loro possibile (relativo) declino con crescita troppo rapida del multipolarismo.

Gli ambienti statunitensi, di cui sopra, credo siano rimasti sufficientemente soddisfatti delle nuove “credenziali” presentate loro da Berlusconi (ci si ricordi della significativa manfrina inscenata da quest’ultimo con l’avvicinamento ad Obama, la lamentela di essere perseguito dalla magistratura “di sinistra” e risposta del presidente statunitense; avvenimento di cui ho già parlato più volte). Forse l’Amministrazione Usa non si fida del tutto; visto che l’uomo, dopo i tradimenti, magari si mette a rivelare che non ne è del tutto convinto, che gli sono costati, ecc. Si ricordi, ad es., quanto avvenuto con l’abbandono di Gheddafi al suo destino per poi sostenere, a distanza di parecchi mesi, che l’aggressione alla Libia è avvenuta con sua contrarietà, che aveva persino pensato di dimettersi, ecc. I centri nevralgici Usa hanno a disposizione personale forse non esaltante, ma abbastanza scaltro da non preoccuparsi più che tanto di queste “intemerate”; capiscono che il cavaliere le deve fare per (tentare di) salvare minimamente la sua “immagine”. Non credo siano stati loro a premere per la sua sostituzione.

Secondo quanto posso arguire, i diversi ambienti statunitensi hanno lasciato libertà d’azione ai gruppi subdominanti italiani. A loro interessa che si segua una certa linea di condotta; e che nessuna forza politica nostrana, nessun politicante di questo paese, si sogni di sgarrare, se non marginalmente, rispetto a quanto è stato da loro deciso di volta in volta. Per il resto, consentono a che siano i cialtroni esistenti in questo “dannato” paese – di cui ormai gli Usa conoscono ogni possibile vizio e viltà – a regolare fra loro i conti. Per cui, la “bella idea” di sollecitare l’azione di tipo finanziario al fine di disorientare, impaurire, ecc. la popolazione – rendendola malleabile al “cambio di cavallo” senza alcuna consultazione elettorale, quindi nemmeno rispettando la pura formalità della “democrazia” detta rappresentativa – è venuta in testa ai nostri “cotonieri”, in combutta con quel personaggio al vertice dello Stato, che già nel 1978 si era recato negli Usa a preparare il trasloco dell’allora Pci nella sfera d’influenza di tale superpotenza.

Il tentativo, approfittando della situazione estremamente caotica creatasi nel 2011, è stato di completare l’opera iniziata vent’anni prima dando tutto il potere alla falsa “sinistra” (con la sua nuova “base” orripilante), questa volta abbattendo completamente l’ostacolo berlusconiano. Si è accentuata in modo parossistico la manovra giudiziaria, si è cercato di eliminare in qualsiasi modo lo scomodo personaggio – ormai scomodo per questi mascalzoni di “sinistra”, non più tanto per gli americani – e alla fine lo si è obbligato alla resa mettendo al suo posto un finto governo di tecnici, reali tirapiedi dei “cotonieri” e del “reggente” del Protettorato italiano. Dico finto governo di tecnici giacché costoro sono dei puri burattini, scelti proprio per la loro notoria mediocrità (non nota però alla “popolazione di sinistra” ormai rimbecillita a dovere; ma nemmeno, in definitiva, a quella “di destra”) da chi voleva ottenere la piena disponibilità governativa – onde devastare il paese, sfruttare la crisi per sottrarre ogni risorsa a chi produce accentrandola nelle proprie mani – al fine di liberarsi della cosiddetta “anomalia”, rappresentata dalla continua rottura di scatole procurata da Berlusconi.

Tuttavia, si tratta senz’altro di tecnici; mediocri, scialbi, grigi, incompetenti, ma tecnici comunque. Sono, cioè, specialisti di qualcosa, di una qualsiasi cosa, più o meno utile (in realtà, oggi sempre dannosa) per le sorti del paese, ma pur sempre accurati conoscitori di questa cosa, non foss’altro che l’“acqua calda”. Prendete a caso una parola: ad es. “mamma”. Come puri folli (o scemi), continuate a ripetere per 15-20 minuti di seguito questo termine senza pensare a null’altro, liberando la mente da ogni “disturbo” (dell’intelligenza). Alla fine, vi accorgerete che esso ha cambiato significato, non designa più colei che vi ha messo al mondo, apre spiragli impensati sull’ignoto, su qualche abisso che vi procura vertigine. Questi sono appunto i tecnici, ma per colpa loro dovrò aprire una breve parentesi prima di concludere questo articolo.

2. Nella società moderna, soprattutto in seguito alla seconda rivoluzione industriale, si è realizzata l’effettiva saldatura tra scienza e tecnica. La prima è divenuta “razionalismo applicato” o “materialismo razionale” (Bachelard), conoscenza dipendente dalla strumentazione impiegata per “sperimentare” il mondo; strumentazione che oggi, con l’informatica, può sembrare meno rigida, anzi eminentemente flessibile, quasi “fluida”, e tuttavia pur sempre obbligata entro un certo ventaglio di direzionalità che non conosce improvvisi salti di qualità, svolte rapide e nette, in genere tipiche del pensiero sollecitato dall’azione intrapresa quand’essa va incontro a “rendimenti decrescenti”, quando i fraintendimenti o i veri e propri fallimenti si fanno più insistenti e infine cogenti nell’indicare la necessità di un radicale cambio di prospettiva indagatrice.

Nell’ambito di un dato fascio di direzioni di ricerca esperite – frutto dell’applicazione di una certa impostazione teorica – la somma di soluzioni individuate si fa sempre maggiore. Il “campo”, in cui viene “seminata” quella linea d’azione applicativa delle suddette direzioni di ricerca, viene incessantemente suddiviso in minuscoli “appezzamenti” a “coltivazione viepiù intensiva”; dove l’intensificazione comporta o l’uso di strumenti matematici in continua complessificazione o comunque l’accumulo di conoscenze molto specifiche e parcellizzate, acquisite tramite attrezzature anch’esse sempre più complesse e specializzate. Non si può a mio avviso pretendere di invertire l’andamento della conoscenza diretta all’accumulo di minute e ben definite “conoscenze”; intendendo per conoscenza un crescente numero di annotazioni su particelle sempre meno estese del campo di ricerca sperimentato secondo quel particolare fascio di direzionalità. Quest’ultimo è stabilito in base all’accettazione, quasi sempre inconsapevole, di una data teoria (di un particolare punto di vista nell’osservazione dei fenomeni) da parte dei tecnici, che troppo spesso credono si tratti invece di indagine puramente oggettiva della realtà, quella vera, quella effettivamente esistente nella sua semplice univocità, nella sua indubitabilità.

Ad esempio, in medicina, sarebbe ormai inutile e perfino controproducente ricercare il “grande clinico” che coglieva la malattia da una serie di sintomi (con una più che discreta percentuale di probabilità d’errore). Ci si affida ad uno stuolo di specialisti di ogni più piccola parte del nostro corpo, ogni parte essendo inoltre sottoposta ad esami e indagini con strumenti “di precisione”; una “precisione” di cui ci si scorda che è stabilita in base a date ipotesi di lavoro medico, le quali servono pure da indirizzo per costruite gli strumenti di indagine aventi specifiche funzionalità e scopi. Dobbiamo servircene; nello stesso senso dobbiamo pure servirci di tecnici nel campo dell’analisi del “corpo sociale” e delle sue peculiari suddivisioni (ipotizzate) con le loro (sempre ipotizzate) funzionalità. L’importante è non dimenticare che alla base del lavoro dei tecnici, delle formule che utilizzano, degli strumenti di rilevazione impiegati, ecc. ci sono determinate ipotesi.

Poiché tuttavia quelli che vengono chiamati impropriamente scienziati (gli economisti, i sociologi e politologi, e tutto l’ambaradan di “dotti intellettuali”) sono oggi, essi stessi, dei tecnici – con orizzonti appena appena più vasti (meno ristretti!) di coloro cui attribuiamo espressamente il ruolo di tecnici – il disastro è in genere assicurato. Questi impropri scienziati sono troppo spesso degli emeriti imbroglioni, consapevoli di essere portatori di un dato (e limitato) punto di vista, che assume i connotati di ideologia, per diffondere la quale i media (editoria, TV, giornali, internet, ecc.), complici e succubi nel contempo, sono finanziati dalle peggiori vestali del peggior capitalismo esistente nei paesi a peggiore livello di ricerca e proni di fronte a specifici gruppi di predominanti collocati “altrove”.

Nel ’68, si ebbe la simpatica idea di definire i tecnici “idioti con alto quoziente di intelligenza”. Definizione da ritenersi suggestiva e tuttavia imprecisa. Intanto si tratta di “competenza” e non di “intelligenza”; e non si tratta della stessa cosa. Inoltre, perché alto quoziente? Quest’ultimo può a volte essere alto, ma altre volte solo medio o addirittura basso, magari infimo. E credo si possa dire che – negli ultimi quarant’anni, in particolare in questo disgraziato paese, ma non soltanto qui da noi – esso si è fortemente abbassato in media.

Per comprendere meglio il problema – assai grave dato che si è rimbecillita la popolazione, facendole credere che i “dati”, le “formule e tabelle”, le rilevazioni dette statistiche, ecc. sono l’oggettività più assoluta e indiscutibile – sarebbe necessaria una disamina teorica dei falsi miti sparsi a piene mani da un ceto intellettuale particolarmente infame e bugiardo. Accanto alle menzogne, ci sono però forse alcuni errori (almeno secondo me si tratta di errori) commessi in buona fede nel considerare la “realtà”. Alcuni pongono quest’ultima come qualcosa di dato, di quasi fotografabile con macchine via via più perfezionate; atte a cogliere crescenti quantità di particolari in modo da rendere la fotografia capace di riprodurla con crescente aderenza. Si parla di sempre più alta definizione dell’immagine; si resta estasiati del passaggio dall’analogico al digitale, decisivo nel farci cogliere la pretesa “realtà vera” nella sua dinamicità puramente cinematica (successione di staticità, di immobilità, sempre più ravvicinate fra loro).

Altri hanno un po’ pomposamente, e con atteggiamento quasi di disprezzo rispetto ai primi, calcato la mano sull’interrelazione tra soggetto (osservatore) e oggetto (realtà osservata), comportante un inestricabile imbricamento tra i due; supponendo diversi gradi di commistione o perfino di identificazione tra i due. Ovviamente, il primo modo di considerare la realtà ha come modello l’osservazione del macrocosmo, del movimento degli astri, ecc. Il secondo punta invece sull’osservazione delle microparticelle, processo in cui il “raggio” che le “illumina” incide sul movimento e sulla posizione delle stesse; il tutto condito dal ben noto (magari non proprio ben conosciuto; nemmeno dal sottoscritto, sia chiaro) principio di indeterminazione. Credo si debbano superare entrambe queste ipotesi sulla realtà; lasciamo, tuttavia, qui cadere tale problema, che probabilmente non è da blog.

3. Il governo dei tecnici, tutto sommato, è stato dunque ben definito per quanto concerne i membri facenti parte dello stesso; giacché la menzogna, il “falso in atto pubblico” consiste nell’averlo usato per precise finalità politiche di sfascio del paese. Voluto dagli Stati Uniti? Sì e no. Quando si è dissolto il campo detto impropriamente socialista, gli Usa hanno contato su un’accentuata e ormai incontrastata predominanza “imperiale”, cioè nella sostanza mondiale, pur accettando che qualche paese (ad es. la Cina) restasse fuori della loro sfera d’influenza. Le azioni guerresche sono state considerate necessarie a consolidare ulteriormente determinate posizioni di controllo. Le operazioni più significative, per quanto riguarda le intenzioni “imperiali” successive al crollo dell’Urss, sono state condotte in Afghanistan, nella seconda guerra contro l’Irak, ecc. L’aggressione alla Jugoslavia – di “impronta” strategica legata all’Amministrazione democratica – è stata fondamentalmente guidata dal proposito di lanciare un avvertimento alla Germania affinché non pretendesse di approfittare del crollo socialistico per espandersi troppo autonomamente verso l’Europa dell’est.

L’avvertimento mi sembra sia stato colto, e oggi la Germania cerca soltanto di essere la migliore “alleata semiperiferica” degli Stati Uniti nel trasmettere il loro predominio verso l’est europeo. Essa accetta di prendersi tutti gli insulti e maledizioni che gli squallidi manutengoli degli Usa (quelli europei in speciale modo) non hanno il coraggio di rivolgere direttamente all’effettivo mandante. L’oggettività dei processi potrebbe in futuro dare una diversa connotazione a certi collegamenti d’interesse tra il principale paese della UE e la Russia; per il momento, però, non sarà certo l’attuale vertice politico tedesco ad impensierire i centri statunitensi. Per un certo periodo di tempo, soprattutto gli ambienti orientati dai repubblicani d’oltreatlantico hanno continuato ad avere fiducia nel rafforzamento monocentrico del loro paese. Di questa convinzione ha potuto approfittare pure l’Italia con Berlusconi; il quale, non essendo un politico di grande apertura d’orizzonti, ha sfruttato la situazione per propri interessi, comunque allacciando rapporti fruttuosi, e non solo per lui, con la Russia di Putin e con la Libia di Gheddafi.

Già nel 2006 si sono cominciati ad intravedere mutamenti d’opinione, e dunque di politica estera, da parte dell’Amministrazione repubblicana ancora in carica. Si è presa in considerazione la necessità di doversi battere con maggiori difficoltà per mantenere la presa imperiale, messa in discussione dalla crescita di forza del cosiddetto BRIC (e poi BRICS), da non sopravvalutare eccessivamente – quanto meno non nei tempi brevi né medi – ma da tenere in ogni caso sotto stretta osservazione, promuovendo azioni di contrasto a tale rafforzamento. Con l’avvento della nuova Amministrazione democratica, mi sembra ci sia stata una decisa svolta con accettazione di un tendenziale multipolarismo (ancora molto imperfetto, ma comunque in marcia) e ci si stia attrezzando a tale prospettiva. Ci si serve più ampiamente di “alleati” complici, paesi subdominanti, con opportuna differenziazione di compiti e una certa gerarchia di rilevanza (in Europa, al momento, sembrerebbe in posizione di vantaggio appunto la Germania; sulla Francia il giudizio non va emesso d’emblée, occorre un’attenta valutazione). Importante è poi la già più volte segnalata la strategia del caos e il classico divide et impera.

Non insisto adesso in merito. M’interessa la posizione statunitense nei confronti dell’Italia. E’ ovvio che essa non deve più permettersi operazioni ambigue – e magari fastidiose per gli Usa in lotta contro l’assai probabile multipolarismo – del tipo di quelle berlusconiane verso Putin e Gheddafi. Tuttavia, poiché il “nano” (dal punto di vista politico) agisce preferibilmente per i propri interessi, pur se questi possono appunto in qualche contingenza (come con Russia e Libia) essere anche di supporto a quelli del paese, non penso che i centri strategici Usa nutrano dubbi sul fatto che le ultime “tirate d’orecchio” siano state sufficienti ad allineare costui alle necessità della politica estera statunitense. Direi che si potrebbe definire la posizione del nostro paese assimilandola a quella di un Protettorato. In quest’ultimo, a differenza della colonia, viene lasciata una certa discrezionalità per quanto riguarda gli affari interni; l’importante è che sia completamente ceduta al paese predominante (il “Protettore”) la politica estera. Dell’attuale politica interna italiana, agli Stati Uniti interessa soprattutto l’elezione di un presdelarep con posizioni simili a quelle del loro “stretto amico” Napolitano, che iniziò questa “fraterna collaborazione” circa quarant’anni fa (il viaggio compiuto negli Usa dal dirigente piciista nel 1978 fu già una prima conclusione del “tenero affetto” sbocciato anni prima).

Certamente, poiché la politica interna – in particolare nella sfera produttiva, con speciale riguardo alla funzione assegnata ai settori strategici o, in ogni caso, non semplicemente complementari al sistema economico del paese predominante, del tipo di quelli dei “cotonieri” – ha senza dubbio vari legami e intrecci con l’ambito internazionale, è ovvio che le intimazioni del “Protettore” riguardano spesso anche tale politica. Come esempio rilevante, si tenga conto degli ostacoli frapposti all’Eni nei suoi rapporti con la Gazprom in merito al Southstream (dove la nostra azienda ha ceduto gran parte della sua quota del 50% nella società costituita per il gasdotto) o alla Finmeccanica, che deve restare per la gran parte della sua attività sotto la tutela di stretti legami con l’industria americana senza eccessivi “appetiti” in altre direzioni (magari quella russa). In ogni caso, non credo che gli Usa intendano intervenire in modo stringente nell’enorme pasticcio che stanno combinando i nostri politicanti, mandando sempre più a fondo il paese. Anche i rapporti con i “grillini” sono condotti con sufficiente elasticità, evitando pressioni cogenti o “compere” del tutto superflue. Il controllo è “discreto”, esercitato tramite l’“amico” italiano (di cui, lo ripeto, si deve trovare un successore sufficientemente analogo; su questo gli Usa, almeno così penso, saranno più insistenti e pressanti).

4. Ho voluto soffermarmi soprattutto sulle questioni più generali, e di non breve momento, che contornano la pessima situazione esistente oggi in Italia. Le ultime mosse del presdelarep, assieme alla liquidazione di una certa prospettiva politica della sedicente “sinistra”, mi sembrano configurare un cammino a tentoni; attenendosi ad alcune direzioni di massima, ma con molte incertezze. Dubito che lo stesso Napolitano abbia le idee perfettamente chiare in proposito. E’ meglio attendere il seguito degli avvenimenti, perché la sensazione netta è di una navigazione a vista pure da parte dei “cotonieri” italiani e dei gruppi pseudopolitici da essi alimentati nel tentativo di rendersi ben accetti al “Protettore”. Dirò solo alcune poche cose che sembrano relativamente chiarite dopo la distruzione, anche istituzionale, che si sta facendo di questo povero paese.

Innanzitutto, per quanto possa sembrare curioso, si nota una certa scissione tra la “crisi” di tipo finanziario e quella reale (produttiva, riguardante il cosiddetto Pil, l’occupazione, i consumi e il tenore di vita medio, l’innovazione tecnica e la ricerca diretta a tal fine, ecc.). Non parliamo poi di quella sociale, perché ormai il “corpo” della società italiana è totalmente destrutturato. Il primo tipo di crisi è relativamente manovrato con un minimo di controllo, almeno finora. Ci si serve degli aspetti “visivi” più superficiali – gli andamenti della borsa, il “mitico” spread, ecc. – ogniqualvolta sia necessario spaventare una popolazione singolarmente incapace di cogliere le menzogne e le turlupinature cui è sottoposta; nel mentre politicanti e giornalisti si adeguano al “terrorismo” dei malfattori che spadroneggiano nel paese e il “coniglio nano” – pur se certe manovre danneggiano anche lui – è di fatto complice e rivolge a simili infami azioni dei “terroristi” solo timide e prudenti critiche. La crisi reale, e lo sfacelo sociale, sono invece processi ben più “oggettivi” e sono di impossibile risoluzione (anzi nemmeno si possono effettuare tentativi in merito) se si persegue l’obiettivo di eliminare ogni ostacolo, pur minimo (come quello dei precipui interessi di Berlusconi), al perfezionamento del Protettorato italiano da parte degli Usa.

Per arrivare allo scopo del perfezionamento in questione, colui il quale blaterava fino ad ieri di Costituzione “ferita” – da difendere ad ogni costo, malgrado la sua intollerabile decrepitezza, dovuta anche alla sua nascita da un ibrido compromesso, quasi “contro natura” – la sta completamente sfasciando e consegnando al magazzino dei “ferri vecchi”. Conosciamo bene le caratteristiche di un ex piciista (di nessuno in particolare, bensì di questa specie di individui che vengono ancora ridicolmente denominati “comunisti”): costui potrebbe in ogni momento tornare a “difendere la Costituzione”, se ciò fosse utile a rinsaldare il legame con il Protettore Usa. Tuttavia, l’azione svolta dalla nomina di Monti in poi, con l’ultimo colpo di scena pressoché “mortale”, ha creato un vero stato d’eccezione, rendendo perciò “legittimo” ogni altro intervento fuori d’ogni regola, soltanto formalmente, “democratica”.

Purtroppo, i vertici militari sembrano arrivati ad un alto grado di degenerazione “atlantica”, per cui impediscono la rapida formazione di un nucleo fortemente interessato alla ripresa della “dignità e onore” del paese. La “base” militare forse si muoverebbe, ma sarebbe necessario un comando di ben altro spessore e consapevolezza della nostra pessima posizione nel consesso internazionale. In ogni caso, quello dell’attuale presdelarep è un forte precedente, indica che ormai non si rispettano più le regole, data la smania di mantenere invece l’impegno con gli Usa in merito all’esercizio del loro protettorato sul nostro paese. E’ comunque aperta la strada per buttare a mare ogni remora della “finta democrazia” allo scopo di ridare forza e prestigio all’Italia. Manca il portatore soggettivo di un processo che ha assunto un ben preciso (e oggettivo) decorso. Sia chiaro: ogni percorso del genere è sempre aperto a più soluzioni (almeno due) a seconda, appunto, di quale soggetto se ne farà portatore. Nella storia si presentano, anche se non spesso, questi bivi: dipende dall’agente del processo quale delle due strade verrà imboccata.

La “sinistra”, nella sua configurazione centrata sul Pci in progressivo cambio di casacca (dal 1969 almeno, ma con la forte accelerazione dopo il 1989-91), sembra alla fine del suo percorso. Resta, come detto altre volte, la “risorsa” Renzi, che piace molto anche all’elettorato di “destra”, indubbiamente disgustoso più o meno come il “ceto medio semicolto” di “sinistra”. Non a caso, tra i “dieci saggi” nominati da Napolitano vi sono alcuni ambigui personaggi del Pdl, fra i più pronti, a mio avviso, a passare in un bel “fronte comune”. Del resto, il loro leader, ben bastonato e impaurito dagli avvertimenti statunitensi della nuova Amministrazione, ha cercato in tutta la crisi di governo di “essere responsabile” proponendo il governo di coalizione. A suo modo, ha fatto il furbo; ma è la furbizia di chi non ha il coraggio di affrontare una situazione di assoluta emergenza. Adesso è spiazzato, mugugna, ma tenta ancora di fare il furbo nel cercare la via di uscita dal cul de sac, in cui lo sta mettendo la sua astuzia da debole e pauroso.

Qualsivoglia sarà la soluzione finale escogitata – sono convinto che si sta procedendo con una direzione di massima, ma con tante “porte aperte” (o che si pensano tali) – darei per molto probabile che si tratterà, mutatis mutandis, di un’altra “trovata” come quella del governicchio Dini del 1995. Prendere tempo, logorare Berlusca, favorire i suoi “traditori già pronti”, ma soprattutto transitare la “sinistra” dei rinnegati del Pci verso uno schieramento del tipo del Blob-fluido mortale, massa gelatinosa con “faccia da Renzi” (o simile) che ingloberà il più possibile sia dell’orrido ceto politico sia dell’orrenda “massa elettorale”. Finalmente, non ci sarà veramente più né “sinistra” né “destra”, solo il Blob. Ci stanno preparando questa fine; e non ci salverà la popolazione ormai inebetita, come del resto lo è sempre stata in ogni epoca storica.

E’ ora di finirla con l’ideologia della “massa”; essa segue sempre chi vince, innalza monumenti che poi abbatte nel giro di ventiquattro ore. Ma guardatevi, almeno una volta, il Giulio Cesare di Shakespeare! Seguite i discorsi di Bruto e poi di Marc’Antonio! Quella è la massa, ingenui (o imbroglioni?) che inneggiate alle “libere elezioni” o alla “rete” o ancora, poveri residui di sconfitte su sconfitte, alle “masse lavoratrici”. L’interrogativo (drammatico) è quindi il solito di ogni e qualsiasi fase di mutamento politico e sociale, in qualsiasi direzione essa avvenga: come si vince? Chi vincerà in questo paese avvolto dal “fluido mortale” del Blob? Non certo “le masse”! E qui termino.


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