Tito Faraci e Silvia Ziche non hanno bisogno di presentazioni: entrambi al lavoro nel mondo del fumetto umoristico (e non solo) italiano da circa vent’anni, hanno spesso avuto occasione di lavorare insieme, soprattutto per alcune memorabili storie Disney.
Nel 1999, quando la loro collaborazione non era ancora così consolidata, uscì una breve storia a fumetti one-shot, originale e creata dalle menti dei due autori: si intitolava ¡Infierno! ed aveva la particolarità di essere completamente muta, basandosi così moltissimo sull’espressività dei personaggi e la capacità di farli recitare della Ziche.
Oggi i due autori tornano a lavorare insieme per firmare a quattro mani un seguito di quell’avventura, e il motivo emerge dalla conferenza di presentazione del volume, avvenuta nella Sala Tobino di Palazzo Ducale venerdì 31 ottobre, nell’ambito di Lucca Comics and Games 2014, dove il libro ha esordito: i due si sono divertiti tantissimo a rimettere mano a quella storia, a quei personaggi.
Sempre dalla presentazione si evince come ¡Infierno! 2 sia figlio del suo tempo: così, mentre alla fine dello scorso millennio il confronto tra sceneggiatore e disegnatrice avveniva tramite fax, ora la tecnologia (nello specifico Whatsapp, il popolare servizio di messaggistica istantanea) ha permesso ai due autori di ammazzare i tempi morti e di avere riscontri immediati sul reciproco lavoro.
Interessanti anche le situazioni di vita dei due autori durante la stesura del libro: mentre Faraci era in un periodo di vacanza (funestato però successivamente da un piccolo infortunio alla gamba), Silvia Ziche era nel bel mezzo di un trasloco che ha reso quei mesi a dir poco frenetici.
È stata poi posta una domanda alla Ziche, basata sul fatto che abbia dovuto disegnare una donna sexy all’interno di ¡Infierno! 2, cosa non comune per il tratto comico della fumettista, ma l’autrice di Lucrezia ha sostenuto che, pur essendo una figura femminile distante dai suoi modelli, è riuscita a farla sua dandole l’impronta da femme fatale che la storia richiedeva.
Infine è stato evidenziato come questa nuova fatica sia nata da un lavoro di squadra nel senso più puro del termine, dove i due autori si confrontavano continuamente e si venivano incontro in determinati passaggi che potevano creare delle criticità.
INTERVISTA A TITO FARACI E SILVIA ZICHE
Nella settimana successiva a Lucca Comics, ho contattato Tito Faraci e Silvia Ziche per fare loro qualche altra domanda su ¡Infierno! 2.
Tito: La voglia c’era da quindici anni. Ed è cresciuta, mentre il primo ¡Infierno! diventava una sorta di culto. Ci mancavano le condizioni e l’editore giusto, al momento giusto. Finché non è arrivata la Lizard. E un grosso ringraziamento va a Simone Romani, che la dirige. Editore e amico.
Silvia: Ci pensavamo da anni. Ma, presi come siamo dagli impegni di lavoro, avevamo giocato con l’idea, ogni tanto la ritiravamo fuori, e poi ci immergevamo di nuovo nella routine degli impegni. E’ stato grazie al nostro editore, che ha reso concreta la possibilità, che siamo riusciti a portare a termine la storia.
Tito: Per quanto riguarda il mio lavoro, credo che oggi sarà compreso meglio. C’è una migliore percezione di che cosa significhi “sceneggiare”. Quindici anni fa, non vedendo dialoghi, c’era chi mi veniva a chiedere: “Ma allora tu che cosa hai fatto?”
Silvia: Spero che un nuovo lettore si diverta, come ci siamo divertiti noi a realizzarlo. Non lo rileggevo da anni, l’ho fatto solo per rispolverare il mondo dei nostri due eroi, e non rivedendolo da tempo alcune cose mi hanno divertito. Ecco, quella sarebbe per me la soddisfazione più grande: che anche il lettore si diverta.
Tito: Sì, ho avuto un po’ paura. Come dice Stephen King, gli anni levano le palle a effetto. Però dalla mia ho avuto una maggiore esperienza. Negli anni, ho imparato un po’ di trucchi riguardo a come va “mostrata” una scena, senza ricorrere ai dialoghi, che ho usato a piene mani per ¡Infierno! 2. Ma qualcosa di nuovo me lo sono anche inventato. Così come è avvenuto la prima volta, è un’esperienza che mi ha fatto crescere.
Tito, quindici anni dopo: quanto ¡Infierno! 2 è figlio della tua evoluzione narrativa e quanto invece del “debito” verso l’opera originale?
Tito: Al di là di una maggiore conoscenza del mezzo, credo che tra il primo e il secondo ¡Infierno! ci sia una notevole continuità narrativa. Quasi come se fosse già stato stabilito, fin dall’inizio, che ci sarebbe stato un seguito. La cosa mi fa molto piacere e dà un grosso valore unitario al volume appena uscito.
Silvia: Non è che servano accorgimenti strani, o un filo diretto con lo sceneggiatore, o chissà che. Certo, con Tito ci siamo sentiti spessissimo, ma perché ci piace rifinire la storia in ogni dettaglio, non perché ci fosse qualcosa di più difficile del solito. Si deve solo fare più attenzione alle espressioni dei personaggi, vanno enfatizzate esattamente come facevano gli attori del cinema muto, che dovevano raccontare le emozioni con lo sguardo. È quello che ho cercato di fare anch’io, concentrandomi sulla recitazione dei personaggi.
Silvia, nel primo ¡Infierno! (lo faceva notare Luca Raffaelli nella sua prefazione al volume) il ritmo di lettura veniva scandito dalla struttura delle tavole, grazie alla dimensione delle vignette sempre funzionale al tempo del racconto. In questa seconda storia hai usato altre soluzioni grafiche per veicolare la narrazione?
Silvia: Non so rispondere. Lavoro in modo abbastanza emotivo, non progetto a tavolino artifici tecnici. Soprattutto quando la storia la scrive un’altra persona, mi metto lì e la ascolto. E cerco di renderla al meglio. La racconto come l’ho immaginata leggendola.
Tito: Ah, be’, entrambi gli episodi di ¡Infierno! sono da vedere e… rivedere. Ci sono dettagli che non abbiamo voluto mettere in evidenza, in modo che il lettore li scopra a una seconda lettura. O a una terza. Mi piace pensare che ¡Infierno! non sia un’opera “usa e getta”.
Silvia: Sì, spesso nelle vignette ci sono delle cose che possono sfuggire al primo sguardo. È una specie di caccia al tesoro, che a me diverte. E penso che diverta anche il lettore. Mi ricordo che, da ragazzina, ero contentissima quando alla terza lettura di un albo di Asterix trovavo sullo sfondo qualcosa che non avevo ancora notato. Senza fare paragoni con gli inarrivabili Goscinny e Uderzo, trovo che sia un modo divertente di raccontare con le immagini.
Tito: Con Silvia mi trovo straordinariamente bene. Ci capiamo al volo. La sceneggiatura a volte è solo un punto di partenza per ulteriori elaborazioni narrative, che stabiliamo assieme parlandone a voce, di persona o al telefono (o via mail, sms, Whatsapp…). Il segreto sta in gusti comuni e in un senso dell’umorismo molto affine. Presto saremo alle prese con una storia di Groucho, inserita nel nuovo corso di Dylan Dog. E poi, sempre, Topolino…
Tito, domanda extra: sappiamo che da diversi mesi hai assunto il ruolo di “tutor” dei nuovi sceneggiatori di Topolino. Puoi dirci qualcosa su come procede questa esperienza? Ritieni che questa “palestra” stia producendo dei risultati?
Silvia, domanda extra: a cosa stai lavorando attualmente? C’è qualche novità che bolle in pentola?
Silvia: Adesso sto lavorando a una storia per Topolino. Poi ho altre cose in cantiere, ma sono scaramantica, e non riesco a parlarne finché non saranno definite in tutti i dettagli. Le idee sono fragili, ho paura che a parlarne troppo si rompano, svaniscano.
Intervista rilasciata il 12 e il 18 novembre 2014