C’è una ideale ‘strada’ dove le stelle passano la stragrande maggioranza della loro esistenza, e questa strada non si trova in nessun luogo dell’universo, ma all’interno di un grafico, ideato all’inizio del XX secolo da due astronomi, Ejnar Hertzsprung e Henry Norris Russell. Il diagramma che da loro prende il nome (o più brevemente diagramma H-R), mette in relazione la temperatura esterna di una stella con la sua luminosità ed è attraversato da una fascia, detta sequenza principale, dove vanno a ‘posizionarsi’ gli astri che splendono grazie alle reazioni di fusione nucleare nel loro nucleo. La permanenza delle stelle nella sequenza principale dipende essenzialmente dalla loro massa. Le stelle molto massicce e luminose possono ‘sostare’ per qualche decina di milioni di anni, quelle molto piccole e poco luminose, assai più attente al consumo del loro combustibile nucleare, rimangono stabili per un periodo comparabile all’età stessa dell’universo, anche più di dieci miliardi di anni.
Per gli astrofisici diventa quindi fondamentale non solo riconoscere la posizione di una stella nella sequenza principale – e quindi determinarne con precisione il colore e la magnitudine – ma anche la sua ‘età’, ovvero da quanto tempo quell’astro è entrato nella sequenza principale e, di conseguenza, quanto ancora vi rimarrà prima di entrare nelle fasi finali del suo ciclo evolutivo che, anche in questo caso, sono legate alla sua massa.
Determinare però l’età di una stella è una difficoltà spesso insormontabile. Stelle di età molto diverse popolano infatti la stessa zona del diagramma di Hertzsprung e Russell. Questa ambiguità è particolarmente evidente per oggetti celesti che, nel diagramma H-R, si collocano nei pressi della sequenza principale, una zona del grafico dove ricadono sia astri che non hanno ancora innescato le reazioni nucleari nel loro nucleo che stelle molto vecchie, prossime ad abbandonare la sequenza ed entrare quindi nella fase di giganti.
Come superare questa incertezza e migliorare il processo di datazione delle stelle prossime alla sequenza principale? Una convincente risposta arriva dall’asterosismologia, la branca dell’astrofisica che studia le proprietà delle stelle misurandone le oscillazioni di superficie. In un lavoro pubblicato su Science e coordinato da Konstanze Zwintz (Università di Leuven) insieme a Luca Fossati (Argelander Institut, Bonn), è stato utilizzato un campione di 34 stelle prossime al loro ingresso in sequenza principale per determinarne l’ampiezza delle frequenze di oscillazione. Lo spettro delle frequenze di pulsazione, ricavato dalle variazioni periodiche di luminosità delle stelle ‘nasciture’ misurate grazie alle osservazioni dei satelliti MOST e CoRoT, è stato così usato come una sorta di ecografia. Lo studio mette in evidenza che il “battito cardiaco” della protostella aumenti con l’avvicinarsi alla combustione dell’idrogeno nel nucleo, condizione che ne determina il suo ingresso nella sequenza principale.
Ennio Poretti e Monica Rainer, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera e co-autori del lavoro, ci spiegano che “per una stella ancora lontana dalla sequenza principale, la frequenza più alta di pulsazione (152 microHz, ovvero una oscillazione ogni quasi due ore per una stella in formazione da soli 2 milioni di anni) è molto diversa da una molto vicina (970 microHz, pari a una oscillazione ogni 17 minuti per una di 6 milioni di anni)”. Il progressivo aumento delle pulsazioni è ben visibile nel video qui sotto.
http://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2014/07/PreMS-Animation.mp4“L’asterosismologia è un campo dove la ricerca italiana si distingue” sottolineano i ricercatori. “Oltre al nostro contributo a questa scoperta, numerose sono infatti le citazioni ai lavori teorici e osservativi di Francesco Palla (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri), Marcella Marconi e Vincenzo Ripepi (INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte). I parametri stellari come gravità e temperatura, utilizzati per calcolare le tracce evolutive delle stelle di pre-sequenza, sono stati ottenuti da spettri ad alta risoluzione presi dallo strumento HARPS dell’ESO. L’analisi di questi spettri per studi su classi o gruppi di variabili è sostenuta dalla Comunità Europea nell’ambito del progetto FP7 SpaceInn ed è coordinata dall’Osservatorio Astronomico di Brera dell’INAF”.
Per saperne di più:
l’articolo Ecography of young stars reveals thei evolution di Konstanze Zwintz et al. pubblicato su Science Express
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani