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Un editoriale sui generis. Su Rosebud. Perché esiste. E sulla sua deontologia.

Creato il 25 maggio 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Un editoriale sui generis. Su Rosebud. Perché esiste. E sulla sua deontologia.di Rina Brundu. Scrivo questo pezzo a braccio. Come sono solita fare con la maggior parte degli articoli che pubblico su Rosebud. Perché sono sempre di corsa. Perché non c’è mai tempo. Sono i “limiti” e le “possibilità” del giornalismo online. Da un lato una faccenda editorialmente deprecabile (nel senso obsoleto dell’avverbio in questione), dall’altro non dobbiamo dimenticare che i tempi-digitali ci insegnano comunque a pensare e a fare in maniera più veloce. E dunque ad essere più produttivi. Multitasking come si diceva un tempo, qui, tra le sacre colline della ex-Tigre Celtica.

Scrivo questo pezzo a braccio. Ma armata della mia solita onestà di metodo, morale e intellettuale. Quella onestà che a parte qualche anima inquieta nata per nascondere il suo-dentro-finanche(e soprattutto)-a-se-stessa tutti mi hanno sempre riconosciuto. Anche i peggiori squali in quell’Irlanda del boom. Parto quindi da questa imprescindibile base. È da tanto tempo infatti che volevo scrivere un editoriale. Volevo scrivere di cosa si stava facendo, volevo scrivere di come lo si stava facendo e di dove si stava andando. Soprattutto volevo ringraziare questa piccola ma meravigliosa community che siamo riusciti a creare in questi mesi con tanta fatica (perché nella vita occorre prima di tutto lavorare!), e anche con molte difficoltà. Ci tengo a ribadirlo: non ci sarebbe nessun Rosebud, nessun giornalismo online se queste pagine non fossero riempite con i lavori, i pensieri, i commenti, i libri, le vignette, i motti di spirito di persone come Danila, Angela, Daniela, Francesca, Gavino, Salvo, Gianluca, Fabio, Gordiano. Per non menzionare tutti gli altri giornalisti, autori e scrittori che partecipano a questo esperimento virtuale (perché questo è in definitiva!), i professori universitari, i semplici passers-by, gli autori stranieri, i poeti e chi più ne ha più ne metta.

Non ci sarebbe nessun Rosebud e nessuna Rina Brundu senza tutti loro. E senza tutti loro non ci sarebbero le email quasi quotidiane di complimenti che ricevo da persone perfettamente sconosciute. Per darvi una idea oggettiva della qualità del lavoro fatto vi basti sapere che i pezzi pubblicati su Rosebud (circa 350 in questa seconda tornata) hanno collezionato quasi 150 likes (parlo dei likes ai singoli articoli in calce agli stessi) che WordPress, l’editore ,conta, e in virtù di questo ci ha assegnato una stella quando arrivammo al centesimo molto tempo fa. Considerando anche i 50 likes del sito overall siamo arrivati a circa 200. Non è poco. Non è davvero poco. Soprattutto per un piccolo sito giornalistico dove è facile scambiarsi opinioni anche caricate del mood del momento e dunque un poco infuocate come è giusto che sia, perché come diceva Gramsci… io odio gli indifferenti! Non chi si espone. Non chi ha il coraggio della grinta delle sue idee. Delle sue idee oneste e rispettose.

Ma come dicevo quell’editoriale non sono mai riuscita a scriverlo. E non ci riuscirò neppure oggi. Accontentativi perciò di queste righe un po’ “sformate”, o meglio di questo… editoriale sui generis. Facciamo insieme un piccolo passo indietro. Perché esiste Rosebud? Per tre motivi principali. In primis, perché il ciclo di Terza Pagina World (il mio precedente sito letterario che ho disattivato proprio una decina di giorni fa), si era chiuso. E io non ero soddisfatta. Non ero soddisfatta della qualità complessiva, di ciò che si era prodotto e del suo look ormai antidiluviano. Ma soprattutto Rosebud esiste grazie alla mia passione per il giornalismo online (una tipologia di giornalismo che io stessa ho teorizzato e sul quale sto scrivendo un saggio). Dulcis in fundo, Rosebud esiste, o meglio è rinato, in risposta ad un mio motto di protesta. Avevo tentato in altri luoghi di far nascere un simile esperimento giornalistico. Li ritenevo più adatti. Mi sbagliavo. Quando infatti non vi è alcun “controllo” su un sito, soprattutto su un sito che vive delle opinioni altrui, il sito degenera. Diventa una osteria. Un luogo infrequentabile. Uno spazio virtuale abitato da trolls, anche anonimi, dove le persone oneste quando sono comunque determinate a non arretrare, sono costrette a difendersi.

Questo non può e non potrà mai accadere su Rosebud. Perché quando io non fossi più in grado di tenerlo nel dovuto modo, il sito chiuderà. Questo spazio virtuale è sicuramente riparo di tutti, nessuno escluso, ma è indubbio che io sia la padrona di casa. Come padrona di casa ho quindi il DOVERE di vigilare e di assicurarmi che il buon nome di tutti venga difeso. Che il lavoro di tutti venga protetto. La responsabilità è mia. Grava sulle mie spalle. In pieno. Dato che io non sono abituata  a fare a scaricabarile come è prassi nella bellissima terra italica, dato che io firmo sempre i miei pezzi e ci metto sempre la faccia. Bella o brutta che sia, come ho già scritto in passato. Ne deriva che le persone che voglio ringraziare di più sono proprio quelle che, specie nell’ultimo periodo, mi hanno scritto con i loro commenti critici. E anche con qualche loro lamentela. Sono loro infatti che ci aiutano a crescere. A fare meglio.

A questo proposito voglio anche ringraziare e rassicurare gli abitanti delle biddas-sarde, dei paesi della Sardegna interna, che mi hanno scritto in questi giorni. A queste persone voglio dire che la loro presenza sul sito per me è un dono grande. Così come lo sono i loro rari commenti che proprio per questo diventano ancora più preziosi. Perché anche io vengo da una “bidda”. Ho sicuramente avuto la fortuna, nella mia vita, di viaggiare tanto, di essere in luoghi anche molto importanti per la storia recente del mondo, quali, per esempio, i luoghi chiave che hanno contribuito alla sua digitalizzazione. E ho avuto altre fortune. Insieme al mio carico di dispiaceri. Come tutti. Ma io vengo da una “bidda”. E non lo dimentico. Meglio ancora io vengo da un bellissimo villaggio che si chiama Villanova Strisaili e che vive ai piedi di una bellissima montagna, il Gennargentu. Io a quel villaggio debbo tutto. Soprattutto, debbo quella che chiamo “la parte migliore di me”. Quella che sa di onestà a tutto campo, che non conosce la furbizia né la falsità e non considera questi ultimi elementi che possono appartenere al suo Essere. In nessun senso.

Meglio ancora, io debbo tutto ai miei amatissimi vecchi della mia amatissima montagna. I miei amici. Quelli che intervisto quando posso. Che mi hanno raccontato tanto di loro e quindi di me. Quelli che mi insegnano ogni giorno che passa. Da buona Sarda ho imparato che non si va da nessuna parte senza la nostra memoria, senza il nostro passato. Ai “miei” vecchi, ai saggi (perché in verità preferisco questo termine) va il mio abbraccio. Il mio affetto. Le mie scuse laddove non si è potuto fare meglio. E la mia rassicurazione che non verranno mai usati come capro-espiatorio per le mie o le altrui colpe. Ma in verità questo vale per tutti. Giovani e meno giovani. Per tutte le meravigliose persone che frequentano questa mia casa virtuale.

Ho detto perché esiste Rosebud. Ma non ho detto “come” esiste. Rosebud esiste con l’anima che ci mettiamo dentro tutti noi (e che è in fondo quel “quid” che nel suo piccolo lo fa sembrare speciale), ed esiste con la sua natura di sito di opinioni. In un sito animato dalle opinioni è normale (auspicabile direi!) che vi siano “situazioni” che degenerano. Che si vada un poco oltre. Per un concorso di componenti alcune procurate proprio da chi scrive. Non saremmo noi se così non fosse. Questo non è  però un problema. Quando infatti ci si accorge di avere esagerato occorre fare un passo indietro e, allo scopo di preservare la dignità dei pezzi – solo per preservare la dignità dei pezzi e dei loro autori che meritano il nostro rispetto – si può anche decidere di rimuovere tutti i commenti in calce. Lo ho fatto spesso. Continuerò a farlo. Si rimuovono TUTTI i commenti, non quelli di Tizio o di Caio. Quando io ho proceduto a cancellare un singolo commento (raramente, molto raramente), lo ho fatto solo se il commento era il mio o se mi era stato segnalato un qualcosa che non andava. Mai però – diversamente da come fanno i grandi siti di opinione che censurano e se ne fregano  – ho lasciato le persone coinvolte senza una spiegazione. E mai ho chiuso una porta in faccia. Au contraire, a volte mi è capitato di ospitare articoli su argomenti “censurati” altrove; non è poca cosa per un piccolo “luogo” come questo che deve stare attento a tutto.

Morto un commento se ne fa un altro, dunque. Le regole deontologiche di Rosebud invece sono e resteranno sempre quelle. Questo è il motivo per cui “splendono” in una pagina dedicata. E così è perché nulla, nulla può fare la nostra onestà intellettuale, il nostro rispetto per gli altri, per il lavoro degli altri, per il loro decoro, per le loro origini, per i loro interessi se non il nostro stesso desiderio di crescere. Di maturare. Di aspirare verso una saggezza che se non potrà essere quella piena dei miei amici della montagna e di cui già dicevo, potrà essere comunque cosa-buona in sé. Quando faremmo il grande salto, infatti, la nostra anima non brillerà dei nostri motti (per quanto arguti), del nostro sapere, dei nostri titoli nobiliari o professionali, dei nostri libri ma di ogni opera buona o pensiero delicato che abbiamo avuto per gli altri. Questa, non so a voi, ma a me pare solo e soltanto una grande, immensa, fortuna. E per questo dovremmo essere grati. Ogni giorno.

 Featured image, L’isola dei vivi di Arnold Böcklin (1827–1901).


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