Ci sono alcune persone, meravigliose persone, che sul senso di perdita hanno costruito il significato con cui si mostrano al mondo. Nel post precedente ho voluto ricordare la poetessa Alda Merini, un esempio di questo tipo di personalità, e la bellezza con cui si mostrava al mondo attraverso le sue parole e la delicatezza con cui si raccontava.
Il percorso in psicoterapia di una personalità con questa struttura è peculiare, nel senso che nell’esistenza di queste persone spesso viene narrata la perdita, ma per fare una struttura depressiva non basta ci sia stata la perdita di una persona cara, un genitore, una figura di riferimento, un fratello, una sorella, o una perdita sul piano simbolico molto importante (la diagnosi di una malattia per esempio..). E’ necessario che attorno alla perdita si sia affiancato il senso di colpa e in qualche modo ci sia sentiti responsabili di quella morte (e in questo senso intervengono spesso altre componenti di personalità). E se questo avviene molto presto nella storia di sviluppo, è comprensibile che la persona dovrà trovare coerenza anche nelle sue storie affettive, spesso colorate da sofferenza per l’abbandono, la perdita, il senso di essere non amabili.
E’ un discorso molto articolato, e non ho nessuna presunzione di essere esaustivo con queste poche righe. Inoltre, quando si parla di struttura depressiva non si intende in alcun modo la psicopatologia. Lo scompenso di una struttura di questo tipo porta spesso sintomi legati ai disturbi dell’umore, ma non solo. La mappa non è il territorio, e ogni persona merita la dovuta attenzione perché unica e irripetibile. Non ho mai conosciuto due persone uguali, sebbene con temi comuni. O un’evoluzione simile, sebbene percorsi di vita differenti.
Le persone con una struttura depressiva soffrono spesso per sentirsi inamabili, indegne, incomprese, e spesso ogni storia affettiva porta oscillazioni emotive caratterizzate da rabbia e disperazione. Queste sono le principali emozioni su cui la psicoterapia costruttivista lavora con una persona con questa struttura.
In questo senso non bisogna fare del terrorismo psicologico perché una persona con questa struttura di personalità può assolutamente essere accompagnata a sperimentarsi con persone con un attaccamento diverso dal proprio (spesso evitante) e imparare a gestire le proprie oscillazioni emotive e costruire legami di fiducia. Il tema della forza è fondamentale, per la persona, per il terapeuta che sceglierà di lavorare su queste strutture di personalità.
Non esiste un partner o una partner “mostro”. Sarebbe troppo semplice, e forse anche dannoso pensarlo. Esistono opportunità di incontro per crescere e comprendersi. E quando non si riesce da soli, attraverso l’aiuto di un buon professionista, quando si è sentito che quello psicologo/a può davvero essere d’aiuto e forte.
Infatti, un tema importante in questa struttura di personalità è l’inaiutabilità. Ovvero, la persona sente di non poter essere aiutata da nessuno, a conferma del proprio stato di solitudine, e talvolta della gravità con cui egli/ella stessa pensa alla propria esistenza.
Antonio Dessì
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