Tutto si sfarina: i tecnici litigano fra di loro, le banche invadono la Rai, il Pdl si divide in sette nani senza Biancaneve, ma con la strega cattiva, il Pd non si divide che è ancora peggio, la Lega si aggrappa a Formigoni come un salvagente vista la sua esperienza di yacht, ciò che rimane della sinistra narra molto e sta a guardare, Napolitano ci rivela i suoi pensieri degli anni ’70 visto che il Quirinale spende molto, ma risparmia sui calendari. Molte volte ho avuto modo di dire che la fuoriuscita dal berlusconismo non sarebbe stata indolore, anzi drammatica, rischiando di annoiare come un Cassandra.
Ma confesso di essere stato ottimista: tutto è molto peggio di quanto pensassi perché troppi nodi sono venuti al pettine all’improvviso dopo vent’anni di immobilismo, compresi quelli insoluti dell’Europa. Quando lo spread e la Merkel hanno detronizzato Berlusconi molti hanno tirato un sospiro di sollievo e l’avvento dei tecnici è stato salutato come una pastiglia Valda dentro un’atmosfera mefitica, pensando che non soltanto essi avrebbero raddrizzato la barca, ma che avrebbero potuto traghettare il Paese dalla riva dei nani e ballerine a quello di una normale democrazia. Si è trattato però di un errore: la resa della politica incapace di prendere in mano la situazione proprio quando le pressioni della finanza avrebbero richiesto un governo pienamente legittimato dalle elezioni, l’illusione che personaggi radicati nel mondo e nell’ideologia finanziaria avrebbero dato autorevolezza al Paese, invece di favorirne la resa ai “poteri forti”, la totale noncuranza del ceto politico verso l’insieme della società italiana, è stato un espediente pienamente dentro la logica del berlusconismo.
Anche per questo la scelta degli uomini – ammesso e non concesso che non si sia trattato di un imposizione – si è rivelata disastrosa: un’inedita miscela di teorici liberisti senza alcuna vera conoscenza dell’economia e del Paese reale e per giunta affetti da sociopatia , uniti a vecchi arnesi e nuovi rampolli della razza padrona come garanzia per la casta. Roba da ammazzare un toro, figuriamoci un Paese già reso fragile da troppi anni di malaffare e chiacchiere: e i risultati si vedono ogni giorno.
Dopo sette mesi di regno però il tavolo in Europa e nel mondo è cambiato: le necessità e le logiche nelle quali è maturata quest’ultima avventura, ossia il salvataggio dell’euro con le regole e nel contesto in cui era nato, sono completamente saltate. Adesso la questione che viene posta a livello continentale è un’altra: o la moneta unica viene sostenuta da un’unione politica di cui tuttavia si vedono solo gli appelli, ma non le tracce e i presupposti o la moneta unica è destinata a saltare. I sacrifici e la recessione che stiamo subendo non servono ad alcun rilancio, ma solo a guadagnare tempo in vista delle elezioni americane e – se ci si riesce -quelle tedesche dell’anno prossimo. Ma una crescita dentro questo euro dove chi ci guadagna non vuole dividere nulla del bottino, implicherebbe un cambiamento radicale e improvviso di tutta la società italiana e del suo mondo produttivo, cioè qualcosa di impossibile. L’alternativa è una caduta lungo un precipizio con il supremo obiettivo di diventare una piccola Ucraina, se va bene.
Dunque con qualche piccolo aggiustamento riprendo le mie vesti di Cassandra e oso dire che il problema non è se usciremo dalla moneta unica, ma quando e in che modo, con che presupposti e programmi , con quali misure e quali accorgimenti. La devastazione della politica operata dal berlusconismo ci ha tolto la possibilità di pesare in questi mesi sulle scelte europee e oggi di saldare una vera alleanza con la Francia, visto che essa andrebbe contro ogni credo del nostro premier e contro ogni suo personale contatto, storia, amicizia e reddito. Ecco perché in mezzo a tutto questo, l’assurdo più evidente, l’irresponsabilità più grande è il rifiuto del mondo politico di constatare il fallimento della strada intrapresa, di vedere i pericoli per la democrazia che esso rappresenta, sempre ovviamente che gliene importi qualcosa, visto che considerano scandaloso e improprio dare la parola ai cittadini. Sarebbe davvero l’unica residua possibilità di trovare una qualche soluzione, anche di passaggio, per tenere in vita l’euro e con essa la stessa unione.