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(USA 1972) Titolo originale: The Godfather Regia: Francis Ford Coppola Cast: Marlon Brando, Al Pacino, James Caan, Robert Duvall, Richard S. Castellano, Diane Keaton, Abe Vigoda, Talia Shire, Gianni Russo, John Cazale, Simonetta Stefanelli, Franco Citti Roman Coppola, Sofia Coppola Genere: mafioso Se ti piace guarda anche: Il padrino – Parte II, Il padrino – Parte III, I Soprano, Quei bravi ragazzi, Scarface, Boardwalk Empire
“Cannibal Kid ha intenzione di parlare male de Il padrino? Amuninne picciotti, andiamo a dargli una bella lezione!” Calma, raga, volevo dire: picciotti. Calma. Non è che abbia proprio intenzione di parlarne male. Nessuno, nemmeno io, mette in dubbio che Il padrino sia una pietra miliare del Cinema, o che sia recitato in maniera sontuosa, o che la regia del Coppola senior sia degna di ogni riverenza. Dico solo che a me personalmente non ha emozionato molto. Non ha toccato il mio cuoricino poco avvezzo a farsi coinvolgere da questi mafiosi. Quindi calma, picciotti. Premettiamo una cosa: a me le storie di Mafia non piacciono. C’è poco da fare, non mi coinvolgono. Così come i western, i film sulla Mafia a me proprio non dicono nulla. Sarà per la presenza eccessiva di stereotipi sugli Italo-americani o perché non fanno altro che ammazzarsi per vendetta o per uno sgarro, o chissà perché. Il padrino quindi non l’avevo mai manco visto tutto. Avevo iniziato, poi mi ero rotto, ci avevo riprovato, mi ero fermato e quindi niente. Adesso è stata la volta buona per vederlo. Finalmente visione integrale. A un anno di distanza da Apocalypse Now, con calma, sto scoprendo i grandi capolavori di Francis Ford Coppola. Tra un anno, con calma, magari sarà la volta pure del padrino – Parte II. Laddove però Apocalypse mi aveva fatto esclamare: “Wow!”, questo Padrino m’ha lasciato emotivamente molto più impassibile. E dopo aver detto questo, m’è stata recapitata una testa di cavallo nel letto. Chissà come mai…
Tolto il sangue dalle lenzuola, ritorno a scrivere. A mio rischio e pericolo. Narrativamente, Il Padrino è un film grandioso. Tratto dal romanzo omonimo di Mario Puzo, che ha lavorato a fianco di Coppola anche alla sceneggiatura, presenta una struttura sontuosa, con le storie dei vari personaggi che si intrecciano in maniera fluida eppure imprevedibile, e con una serie di svolte e di colpi di scena notevoli. La sequenza iniziale del matrimonio della figlia del padrino è costruita in maniera impeccabile. Attraverso l’alternarsi delle immagini della festa con quelle dei vari personaggi, facciamo conoscenza con la famigghia, e in particolare con un Marlon Brando magistrale. Cosa succede poi? La notoria scena della testa di cavallo consegnata nel letto… Una sequenza di enorme tensione, quasi horror, che certo non ha lasciato indifferente nemmeno me. E poi, ancora, che altro succede? C’è l’attentato a Don Vito Corleone. Dopo manco tre quarti d’ora, il film rischia di perdere il suo protagonista, il padrino del titolo. Il bello della sceneggiatura del padrino è proprio la sua imprevedibilità. Tutto può succedere, tutti possono morire, regola d’oro riscoperta di recente anche dalle serie tv, come Game of Thrones.
Con Marlon Brando ancora in vita ma ricoverato malconcio in ospedale, cominciamo a coinvolgerci allora più per le vicissitudini del figlio, Al Pacino. Poco dopo, questi commette un omicidio e viene costretto a lasciare la città, per andare in esilio per un tempo indefinito. E così ci siamo giocati i due protagonisti principali a manco metà della durata della pellicola? Non esattamente, visto che le attenzioni si concentrano quindi sull’esilio siciliano di Al Pacino. E qui, grazie anche al magnifico tema musicale di Nino Rota, abbiamo la parte più coinvolgente da un punto di vista dei sentimenti, grazie al colpo di fulmine di Al Bacino per una picciotta locale, l’attrice romana Simonetta Stefanelli che poi nella vita reale s’è sposata non con Al Bacino ma con Michele Placido e insieme hanno avuto Violante e pure Brenno e poi hanno divorziato e adesso Michele Placido si è risposato con una ragazza più giovane di sua figlia Violante e chissà cosa ne pensa Violante Placido di chiamare matrigna una che ha sette anni in meno di lei e chissà cosa ne pensa suo padre di un film da schifo come The American interpretato dalla figlia e insomma la famigghia Placido dev’essere ancora più interessante di quella del padrino.
Tornando live sul film, quella siciliana e romantica è una parte che avrebbe magari meritato un ulteriore sviluppo, però siamo pur sempre dentro una pellicola criminale e quindi si ritorna a sparare, a far saltare in aria, a uccidere. Il bello del padrino è questo, come detto. Tutto può succedere. Tutti possono morire in qualunque momento. Però alla fine è anche il suo limite, il limite emotivo di una pellicola che ci presenta i vari personaggi della famigghia, ma non ci fa avvicinare, mai fino in fondo, a nessuno di loro. In mezzo a una lunga scia di morti e di vendette, assistiamo comunque alla cosa più notevole della pellicola: la progressiva trasformazione di Al Pacino in Al Padrino.
Film splendido, magistrale, enorme? Certo, certo, certo. Capolavoro? Assolutamente sì. Solo, non è un cult cannibale. Volete farmene una colpa? Volete davvero farmene una colpa? Un’altra testa di cavallo m’avete consegnato?
Certo che voi picciotti siete belli vendicativi!
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