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A che servono le tasse? E’ un quesito che ritorna in questi giorni mentre si discute della legge di stabilità. E fa impressione l’entusiasmo di Letta e Alfano nel comunicare che non ci saranno nuove tasse, a costo di sacrificare così sicure ipotesi di crescita e quindi spazi per l’esercito dei giovani precari italiani o per i cinquantenni mandati allo sbando. Come se le tasse fossero una specie di inutile condanna. Invece servono, come testimonia un libro utile, intelligente e godibile intitolato “L’evasione spiegata a un evasore, anche a quello dentro di noi” (Ediesse). L’autore è Ernesto Maria Ruffini, studioso della materia. Ed eccolo incalzare, nel lungo dialogo, un commerciante che protesta, ma le rampogne potrebbero riguardare ciascuno di noi. Per esempio quando preferiamo accettare il pagamento ridotto, ma senza fattura, dell’idraulico. Eppure, come spiega Romano Prodi nella prefazione, ci sono di mezzo addirittura le sorti della democrazia, poiché “La democrazia non si fonda tanto sulle bandiere quanto sulle ricevute... solo le ricevute possono infatti permettere allo Stato di costruire la giustizia fiscale”. Certo se si badasse solo ai sondaggi, come piace ad alcuni esponenti politici, anche di centrosinistra, la parola “tasse” bisognerebbe abolirla. Osserva Prodi amaramente come lui abbia provato a dimostrare l’utilità fiscale introducendo scelte e criteri nuovi. “Non ho certo ricevuto in cambio” – ricorda – “lodi o carezze…solo chi promette di chiudere un occhio sul fronte delle imposte riceve di solito un’immediata remunerazione da parte dell’elettore”. L’esperienza dei governi Prodi, ricorda nella post-fazione al libro proprio Vincenzo Visco, non fu basata tanto su una repressione ex post, magari ricorrendo a blitz come quelli effettuati a Cortina e in altri luoghi. Gli accertamenti rimangono certo, “strumenti essenziali”, ma per Visco occorre puntare sulla “dissuasione” e il “dialogo preventivo”.E’ lo scopo del testo di Ruffini, concepito negli anni della sua professione di avvocato tributarista, quando gli capitava di dover spiegare ai clienti il significato delle imposte. Ha preso cosi vita il tentativo di uscire da un circolo vizioso: “Non pago le tasse perché sono troppo alte - Sono troppo alte perché non le paghi”. Le tasse, secondo Ruffini, non sono contro l’economia: “sono il complemento collettivo di un sistema economico basato sulla libera iniziativa di singoli individui”. Il malloppo degli evasori in discussione è enorme. Trattasi, leggiamo, di ben 120 miliardi di euro. Commenta Ruffini: “Quando usi i servizi che la pubblica amministrazione ti mette a disposizione… quando mandi i tuoi figli a scuola o all’università, quando entri in un museo per ammirare il nostro patrimonio artistico, quando percorri una strada illuminata, quando fai una passeggiata in un parco pubblico, quando vai in biblioteca a consultare un libro, quando chiami i vigili del fuoco… quando fai tutte queste cose e mille altre ancora, se non sei fra quelli che pagano le tasse, stai vivendo sulle spalle degli altri”.
Fatto sta che l’Italia ha un primato tra gli evasori. E appare anche singolare la presenza di circa 112.000 commercialisti, mentre in Germania sono 88.000 e in Francia addirittura 17.000. Anche se, come spiega l’interlocutore, “senza commercialista, se volessi fare le cose in regola, dovrei impazzire dietro a registratori di cassa, scontrini, fatture, scadenze, versamenti, dichiarazioni…”.
Certo, si replica, però spesso i servizi non funzionano e se si pagassero le tasse non si troverebbero i soldi per far curare la madre in una clinica. “Sarebbe ancora in lista d’attesa per un posto letto nell’ospedale pubblico”. "Sono proprio le tasse che tu non paghi” – è la controreplica - “a far mancare medici, nuovi macchinari, posti letto negli ospedali pubblici e ad allungare le liste d’attesa".
La conclusione di Ruffini sta in una proposta: “per uscirne si dovrebbe finalmente stipulare un patto fiscale tra tutti i cittadini…e creare un sistema più equo e semplice. Perché la lealtà fiscale può essere incentivata anche rendendo più semplice quante tasse pagare e come pagarle”. La riforma Prodi-Visco degli anni novanta è stata una delle più importanti modifiche sperimentate. Sarebbe necessario ripartire da lì e per questo il libro porta in appendice la imdicazione di un “Fisco 2.0”. Il centrosinistra lo farà proprio o per accontentare i sondaggi, lo rifiuterà, rifiutando così in sostanza una via d’uscita alla crisi?
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