Ci risiamo, ecco che cade un altro governo, ecco che i politici perdono tempo e risorse preziose nella loro guerra delle poltrone e del potere, mentre il Paese affoga in una crisi che sembra non aver fine.
Letta se ne va senza aver fatto assolutamente nulla per il lavoro, salvo un blando intervento (gli incentivi), che non é servito a nessuno. Ora, pare, toccherà a Renzi essere il nuovo premier – senza passare dalle urne, viva la democrazia – e sappiamo già che non ci sarà nessuna politica nuova, in tema di lavoro: ancora flessibilità, ancora precariato.
Intanto, il sistema lavoro, in Italia, resta un problema: se qualche startupper riuscirà a dare forma al suo progetto imprenditoriale, se riuscirà a racimolare i fondi necessari per iniziare, gli toccherà anche armarsi di tanta, ma tanta pazienza. Perchè questo é il Paese dove tutte le follie burocratiche sono possibili. Un esempio su tutti, quel che è successo ad un'azienda romagnola.
L'impresa, protagonista della nostra storia, decide di ampliare il proprio stabilimento e presenta le carte necessarie per ottenre i permessi, per cui – ecco la questione – è ancora in attesa di risposta. "E dov'è il problema?", chiederete voi, "per fare i lavori, servono controlli e permessi vari, un po' di tempo ci vuole per forza". Giustissimo, se non fosse per il fatto che la domanda è stata presentata nel 2004 ed ancora oggi, a dieci anni di distanza, l'azienda aspetta che i vari uffici della Pubblica Amministrazione si mettano d'accordo, su carte bollate e ispezioni. Siamo alla follia pura.
Dieci anni per ottenere per un ampliamento (che vuol dire aumento della produzione, che a sua volta vuol dire aumento dell'occupazione), che ci fanno fare una figuraccia infame, se pensiamo che, la stessa azienda, in appena 10 mesi, ha costruito un nuovo stabilimento negli Stati Uniti. C'è da stupirsi se poi le nostre aziende fuggono all'estero, vuoi per convenienza o per disperazione? C'è da stupirsi se gli investitori stranieri ci pensano su due volte, prima di infilarsi, anche loro, in questo manicomio?
Ad ogni tornata elettorale, sentiamo questo o quel candidato promettere la semplificazione delle regole, ma la realtà dei fatti ci racconta un'altra storia. Pensate solo alle leggi sul lavoro: in poco meno di vent'anni, ne sono seguite ben 3 (pacchetto Treu, legge Biagi e riforma Fornero e, se Renzi sarà premier, ne arriverà un'altra), il cui obiettivo, a parole, era snellire e semplificare il mercato del lavoro, ma, nei fatti, invece, non hanno fatto altro che renderlo più caotico.
In un'economia di mercato, il vero compito dello Stato e delle sue strutture derivate – Regioni, Comuni, Enti locali vari e Società partecipate – dovrebbe essere quello di creare un sistema di regole chiare e certe, che permettano agli attori (aziende, lavoratori dipendenti, liberi professionisti, ecc.) di operare in modo equilibrato e paritario e di contribuire, tutti insieme, allo sviluppo del Paese. Questo in teoria, perchè nella pratica, lo Stato italiano si è trasformato, con anni di politiche scellerate, basate su clientelismo e corruzione, in un parassita che sta divorando il proprio sistema produttivo.
Secondo il Centro Studi di Confindustria, infatti, il costo totale di chi vive di politica e dintorni è stratosferico: sono 22, i miliardi di euro annui necessari per mantenere parlamentari (che da soli costano circa 2,5 miliardi di euro l'anno), enti politici (Regioni, Province, Comuni), enti locali vari e società partecipate dalla Pubblica Amministrazione (che, nel complesso, raggiungono le 7700 unità). Il tutto, ovviamente, senza contare quella selva di personaggi, più o meno loschi a seconda delle inchieste giudiziarie, che vivono di consulenze e di appalti, elargiti, troppo spesso, in maniera clientelare dagli enti pubblici.
Perchè tutto questo? Eppure, quello italiano non è nemmeno uno dei peggiori apparati burocratici del mondo, come qualcuno vuole farci credere. Ha certamente molti problemi, ma tutti superabilissimi, con un po' di pianificazione e di buona volontà, entrambe, però, totalmente assenti nelle alte sfere parlamentari, più interessate ad utilizzare la Pubblica Amministrazione come bacino di risorse per il proprio orticello, anzichè per lo sviluppo del Paese.
Ecco, se non sarà quest'ultimo problema ad essere risolto, non solo gli startupper, ma chiunque voglia fare impresa, in Italia, finirà per perdersi nel labirinto folle di leggi e leggine, di enti di controllo e di uffici d'ispezione, di carte bollate e di permessi.
Danilo