23 MAGGIO – “L’attimo fuggente” è stato per un’intera generazione un film cult grazie al suo messaggio di fondo riassunto in quel “carpe diem” di oraziana memoria: vivere la vita dando sempre il meglio di sé stessi, in ogni istante, cercando di coglierne tutte le opportunità e vivendola in pieno, dall’inizio alla fine, senza sprecare il tempo e i doni che ci sono stati dati. E a suo modo il protagonista del libro “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” di Jonas Jonasson è un buon testimonial di questa filosofia di vita. Allan Karlsson vive giorno per giorno proprio in questo modo che potremmo definire “garibaldino”. E il lettore viene accompagnato nel suo viaggio lungo una vita (cento anni, tondi tondi) grazie alla candida ironia (che ci ricorda, in parte, lo stile fanciullesco con cui Frank McCourt da voce al giovanissimo protagonista del suo meraviglioso “Le ceneri di Angela”) con cui viene raccontata la vicenda. Un punto di vista, d’altronde, che non può che essere eccezionale visto che è quello di un uomo, a suo modo, eccezionale. Come una sorta di Forrest Gump in salsa svedese, Allan Karlsson riesce infatti a vivere la sua parabola personale sempre al centro della Storia, quella con la S maiuscola, del Ventesimo secolo. Già perché grazie ai numerosi flash-back – che catapultano alternativamente il lettore dai giorni nostri al centro dei momenti salienti che hanno caratterizzato il Novecento – si scopre che il centenario svedese è stato “banalmente” uno dei protagonisti attivi e più sorprendenti di quello che è stato definito dallo storico britannico Eric J. Hobsbawn il “secolo breve”, con un ruolo di primissimo piano nell’influenzare le decisioni di importanti Capi di Stato e non solo. Dinamitardo, ubriacone e chi più ne ha più ne metta, Karlsson attraversa indenne i più importanti conflitti mondiali e gira in lungo e in largo il mondo, dagli USA all’Iran passando per l’Himalaya, trattando con malcelato disprezzo politica, religione e sentimenti umani vari, sfruttando un’innata faccia tosta e una imprescindibile buona dose di fortuna. A suo modo, ed è questo l’elemento più virtuoso del suo essere, cerca sempre di cogliere il lato umano di chi incrocia, sempre che ciò avvenga davanti a un buon bicchiere di acquavite. E anche grazie a questo atteggiamento disarmante Karlsson riesce a ricordarci quanto sia grande, in fondo, la stupidità delle guerre, della corruzione e di tutti gli altri mali che l’umanità, da sempre, riesce a creare. Grazie alla sua disarmante semplicità Karl risulta un personaggio tutto sommato positivo e l’umorismo e ironia con cui ci racconta la sua vita inducono il lettore a tifare inesorabilmente per lui, anche se la sua mancanza di scrupoli dovrebbe far nascere, allo stesso tempo, un naturale rimprovero nei suoi confronti. Le avventure contemporanee del vecchio Allan, nel frattempo, inducono spesso al sorriso: il gruppo di fuggitivi che si raccoglie attorno a lui, il più improbabile che sia mai stato concepito in letteratura, riesce a ingannare a lungo la polizia svedese (che, diciamolo, non fa la certo una bella figura, anzi…) ed è talmente sgangherato da riuscire a passare quasi indenne nonostante la caccia di uno spietato manipolo di malviventi. E così “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” risulta alla fine una grottesca commedia degli equivoci, con un gusto surreale e allegro in grado di accompagnare il lettore in una lettura di puro svago puro, rilassante e gradevolissima, ma allo stesso tempo capace a modo suo di offrire interessanti spunti di riflessione. Il finale, poi, lancia un fondamentale messaggio di speranza: ad ogni età possiamo riscrivere la nostra vita. O, se preferite, non è mai tardi per ricominciare. O ancora, non si finisce mai di imparare.
Dal libro è stato tratto, come spesso accade per i best sellers, un film passato di recente e fuggevolmente per le sale italiane.
Jonas Jonasson: “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve”. Bompiani Editore, Pag. 446, € 17,90
Ernesto Kieffer
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