Immagine nella banda g di una porzione della Piccola Nube di Magellano ripresa dal VST. Le sigle indicano alcuni ammassi e zone di formazione stellare
La Piccola Nube di Magellano (SMC) è una galassia satellite della Via Lattea, distante solo 160 mila anni luce da noi. Questa vicinanza la rende un laboratorio ideale per lo studio dell’evoluzione delle stelle, dalla loro formazione fino agli stadi terminali, poiché permette di indagare una ad una le proprietà delle stelle in essa contenute ed ottenere così informazioni molto precise sulla storia di tutte le popolazioni stellari che la compongono. Seppure piccola, la SMC possiede delle peculiarità che, abbinate alla sua posizione, hanno attirato da sempre l’interesse di astronomi e astrofisici di tutto il mondo. L’immagine che abbiamo oggi è quella di una galassia poco evoluta, povera cioè di elementi chimici più pesanti dell’elio e ricca di gas, quindi molto simile da questo punto di vista alle galassie primordiali. Inoltre la SMC sembra interagire con la Grande Nube di Magellano (LMC), un’altra galassia vicina più massiccia della SMC, alla quale è collegata per mezzo di un “Ponte” (Bridge, in inglese) di gas e stelle e con la Via Lattea.
Nonostante le numerose indagini condotte su questo oggetto celeste, la SMC ed il suo Ponte rimangono ancora adesso oggetti misteriosi sotto vari aspetti. Per esempio, non è chiaro se nel passato ci siano state interazioni significative con altre galassie e, se sì, quanto questi episodi hanno influito sulla storia dei processi di formazione stellare, creando zone nella galassia e nel Ponte dove l’attività è stata maggiore. C’è poi ancora da stabilire con sicurezza la relazione che lega l’età delle stelle singole e degli ammassi presenti nella SMC con la loro composizione chimica, un tassello determinante per ricostruire la storia evolutiva della galassia. Per risolvere questi interrogativi con sicurezza c’è un solo modo: studiare sistematicamente tutta la SMC e in particolare le stelle più deboli della galassia, le più antiche, che conservano nella loro radiazione l’informazione sull’età della popolazione stellare alla quale appartengono e dell’ambiente in cui si sono formate.
Ma finora, oltre le idee non si era andati. A metterle in pratica ci ha pensato un gruppo di ricercatori guidati nell’ambito della survey denominata STEP (the SMC in Time: Evolution of a Prototype interacting late-type dwarf galaxy) da Vincenzo Ripepi, astronomo dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Napoli e a cui hanno partecipato colleghi degli Osservatori INAF di Napoli, Bologna, Firenze, Padova, Roma e Teramo sfruttando le potenzialità del Telescopio VST (VLT Survey Telescope). Costruito in Italia per iniziativa e sotto la responsabilità dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte e gestito dall’ESO sul Cerro Paranal in Cile, VST, grazie al suo specchio principale di 2,6 metri di diametro abbinato a una potente camera CCD, OmegaCAM, è capace di osservare con una ottima risoluzione spaziale un campo di vista di un grado quadrato di cielo. Un’area enorme per questo tipo di strumenti, equivalente all’incirca alla porzione coperta dalla dimensione apparente di quattro lune piene. Queste caratteristiche permettono ai ricercatori di investigare simultaneamente – con una sola esposizione – fino ad alcuni milioni di stelle nelle zone più affollate della SMC.
I primi risultati di questa survey, che ha utilizzato una parte del tempo osservativo del VST garantito all’Italia, vengono ora presentati su un articolo in pubblicazione sul sito web della rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. “Abbiamo analizzato due campi separati: uno centrato nel corpo della SMC e l’altro in una regione più esterna, in direzione della LMC” racconta Ripepi. “In prima istanza eravamo interessati a scoprire possibili differenze nelle età (e nella composizione chimica) tra le popolazioni stellari nei due campi studiati. In effetti, abbiamo riscontrato un incremento esplosivo di formazione stellare circa 400-500 milioni di anni fa nel campo studiato che si trova più vicino alla LMC, incremento che sembra invece essere assente nella regione centrata sul corpo della galassia. Questa informazione ci permette di ipotizzare che in quell’epoca ci possa essere stata un’interazione (incontro ravvicinato) tra la SMC e la LMC. Questa interazione potrebbe essere stata la causa scatenante dell’impennata nella formazione di nuove stelle che abbiamo osservato. Questo tipo di studi permettono quindi, tra le altre cose, di ricostruire la storia di interazione SMC-LMC e così di porre dei vincoli ai modelli di interazione galassia-galassia che possono essere applicati a casi più generali per ogni sistema nell’Universo”.
Nonostante i risultati già notevoli, i ricercatori hanno ancora molto lavoro davanti a loro. Gli studi successivi basati sulla survey STEP permetteranno di fornire informazioni cruciali sulla storia evolutiva della SMC e della sua interazione con la LMC, consentendo così di apportare fondamentali informazioni alle nostre teorie sulla formazione delle prime strutture dell’Universo e del sistema della nostra Galassia e dei suoi satelliti.
Per saperne di più:
- l’intervista audio di Vincenzo Ripepi a Media INAF
- L’articolo STEP: The VST survey of the SMC and the Magellanic Bridge. I. Overview and first results di V. Ripepi et al. 2014, in pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani