Oggi sono andata a messa a San Nicola. Il tempo era nuvoloso, cupo. Dopo tre giorni di sereno, ecco nuovamente le nuvole. Ogni passo un’Ave Maria. Decido sempre di recitare il rosario subito, fin dalle prime ore della mattinata, quando mi metto in moto, perché purtroppo gli impegni o semplicemente la mente stessa, assorbono tutti i pensieri e così ogni attenzione e capacità di concentrazione.Non era più capitato da tempo. Di solito i funerali cominciano alle 8.30, dopo la prima messa. Oggi invece, c’era un funerale proprio alle otto. Appena passate le otto, entra la bara. È di color nocciola chiaro, come quella di mio papà. Non posso dissociarmi da questo ricordo, è inevitabile. Il mio pensiero torna a quel giovedì 31 marzo in cui la bara di mio padre entrò in chiesa. Sembrava strano. Lui stava dentro quel letto di legno. Quand’ero piccola mi pareva impossibile che sarebbe giunto quel giorno. Eppure, eccolo là. Quel 31 marzo ricordai un sogno che feci proprio quando ero piccola: lui stava dentro una bara con quattro lumini, due posti sul capo, due ai piedi. Si dice che sognare una persona morta le si allunghi la vita. Per me non fu così. La sua vita è stata relativamente breve. Giorno paventato e nello stesso tempo beato, perché mi ha fatto toccare con mano che l’eternità di cui tanto parlavo, di cui tanto ero interessata, esisteva e lui l’aveva varcata. Fu una sensazione profonda. Papà mi stava introducendo in un mistero di cui io parlavo sempre.Oggi, avrei giurato che un becchino che ha portato la bara, stava pregando. È stata una semplice percezione, comunicata dal suo viso, raccolto, meditabondo. Ho pregato per l’anima di quella persona che ha varcato la soglia dell’eternità. Quella persona era una donna e si chiamava Carmen. Il prete ha fatto una bellissima omelia, di poche parole ma eloquenti. Mi è rimasta impressa una frase:“Oggi abbiamo accompagnato noi Carmen nell’ultimo suo viaggio, domani ci saranno altri che accompagneranno noi.”
Oggi sono andata a messa a San Nicola. Il tempo era nuvoloso, cupo. Dopo tre giorni di sereno, ecco nuovamente le nuvole. Ogni passo un’Ave Maria. Decido sempre di recitare il rosario subito, fin dalle prime ore della mattinata, quando mi metto in moto, perché purtroppo gli impegni o semplicemente la mente stessa, assorbono tutti i pensieri e così ogni attenzione e capacità di concentrazione.Non era più capitato da tempo. Di solito i funerali cominciano alle 8.30, dopo la prima messa. Oggi invece, c’era un funerale proprio alle otto. Appena passate le otto, entra la bara. È di color nocciola chiaro, come quella di mio papà. Non posso dissociarmi da questo ricordo, è inevitabile. Il mio pensiero torna a quel giovedì 31 marzo in cui la bara di mio padre entrò in chiesa. Sembrava strano. Lui stava dentro quel letto di legno. Quand’ero piccola mi pareva impossibile che sarebbe giunto quel giorno. Eppure, eccolo là. Quel 31 marzo ricordai un sogno che feci proprio quando ero piccola: lui stava dentro una bara con quattro lumini, due posti sul capo, due ai piedi. Si dice che sognare una persona morta le si allunghi la vita. Per me non fu così. La sua vita è stata relativamente breve. Giorno paventato e nello stesso tempo beato, perché mi ha fatto toccare con mano che l’eternità di cui tanto parlavo, di cui tanto ero interessata, esisteva e lui l’aveva varcata. Fu una sensazione profonda. Papà mi stava introducendo in un mistero di cui io parlavo sempre.Oggi, avrei giurato che un becchino che ha portato la bara, stava pregando. È stata una semplice percezione, comunicata dal suo viso, raccolto, meditabondo. Ho pregato per l’anima di quella persona che ha varcato la soglia dell’eternità. Quella persona era una donna e si chiamava Carmen. Il prete ha fatto una bellissima omelia, di poche parole ma eloquenti. Mi è rimasta impressa una frase:“Oggi abbiamo accompagnato noi Carmen nell’ultimo suo viaggio, domani ci saranno altri che accompagneranno noi.”
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