Fabrizio De Andrè
Il Cantàre, nella metrica italiana, è un genere poetico che all’ origine aveva carattere popolare, spesso anonimo, era scritto in ottava rima ed aveva prevalentemente afflato eroico o eroico – cavalleresco. Si ispirava alle leggende fiorite nella ” Letteratura delle Origini ” nella Francia settentrionale. Era recitato dai ” canterini ” o cantastorie che si facevano accompagnare da strumenti musicali a corda. Il periodo maggiore di sviluppo si ebbe tra i secoli XIV e XV. Famosi furono il ” Cantàre di Fiorio e Biancifiore ” di autore anonimo e i ” Cantari della guerra di Pisa ” di Antonio Pucci. Nei secoli successivi, questo genere poetico continuò a mantenersi vivo e ad espandersi sempre di più fino a raggiungere, nel XIX secolo, una fama e una popolarità nuove e molto diffuse. La figura del cantastorie divenne , allora, elemento significativo della società. Non c’era città, piccola o grande, regione o territorio, in ogni parte d’ Italia, che non avesse il ” suo ” cantastorie di fama che allietasse e intrattenesse il popolo nelle piazze nei giorni di festa o in determinate ricorrenze cicliche o annuali. Fin’ anche nei villaggi più sperduti si poteva ascoltare e ammirare il cantastorie che, il giorno della festa del santo patrono o per la morte di un re o per la nascita di un erede al trono, si spostava, con il suo strumento a corda, davvero da un estremo all’ altro per raccontare cantando, accompagnato dalla musica, una storia d’ amore strappalacrime o una storia di eroi e di battaglie, a volte anche una tragedia avvenuta di recente o nel lontano passato trasformata, per l’ occasione, in un crescendo sonoro capace di suscitare passioni intense ed emozioni improvvise nel pubblico di ascoltatori piuttosto eterogeneo che gli si affollava intorno nella piazza principale o nelle stradine più ampie. Questa figura divenne così, col trascorrere del tempo, un personaggio, oltre che caratteristico, molto amato, stimato e popolare; ricercato nei giorni di festa e negli avvenimenti importanti per la comunità perchè capace, con la sua arte, di intrattenere, di divertire e di educare in fondo tutti gli strati sociali del popolo. Anche il XX secolo, soprattutto fino agli anni cinquanta o sessanta e nei piccoli centri del Sud, ha dato lustro e fama ai cantastorie, che hanno raccolto nelle piazze gente di ogni età soggiogati dal loro fascino di ” canterini erranti ” e dalla tradizione secolare che questi si portavano dietro. Nei decenni più recenti, Il cantautore Fabrizio De Andrè ha fatto rivivere lo spirito del cantàre a livello nazionale con modalità di certo moderne e al ritmo di una società continuamente in evoluzione. Basta pensare alle sue esibizioni dal vivo, che tutti forse conoscono, nei teatri, negli stadi e nelle piazze di città e centri abitati di ogni dimensione e alla fama che lo ha sempre accompagnato e che lo accompagna ancora oggi, a diversi anni di distanza dalla morte, nei giovani e nei meno giovani. Nella CANZONE DI MARINELLA il cantàre, quale genere poetico avente una lunga storia e tradizione, si manifesta in modo esemplare, non solo per l’ argomento trattato quanto piuttosto, ad un livello, diciamo ” tecnico “, per le quartine ottenute riunendo due distici a rima baciata.
Francesca Rita Rombolà
CANZONE DI MARINELLA ( frammento )
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera,
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra una stella.
Sola, senza il ricordo di un dolore,
vivevi senza il sogno di un amore,
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta. ( … )
Fabrizio De Andrè