E alla fine mi sono letto un giallo islandese, che non è una cosa che proprio mettevo in conto, malgrado tutta la valanga di gialli che ci arrivano dal Nord, è sempre come sentire un concerto di musica celtica di una band polacca.
Non conoscevo Arnaldur Indridason, che pure è già tradotto in Italia, e tanto meno il suo ruvido, taciturno, introverso investigatore, l'agente Erlendur Sveinsonn - nomi, entrambi, che certo non aiutano. Un grande gelo, questo è il titolo, mi è capitato tra le mani quasi per caso, per gli impulsi che precedono la partenza per un viaggio, quando devi scegliere qualche lettura accattivante, ma anche "leggera", per peso e contenuti.
E dunque, mi sono fatto accompagnare da Arnaldur Indridason, e all'inizio non è stato facile, sarà che il gelo del titolo in qualche modo pervade anche il tipo di scrittura. Ma poi, scoperta, non finisce nemmeno lì con il gelo.
Il gelo è quello di una società dove tutto parrebbe o dovrebbe funzionare, ma dove un ragazzino di nove anni, immigrato, muore accoltellato all'uscita della scuola. E allora, davvero, non è tutto oro ciò che luccica. E si scopre che anche in Islanda ci sono problemi di razzismo e di integrazione per gli immigrati, che magari sono proprio i più piccoli, i più indifesi, a pagare caro.
E il gelo arriva fino all'ultima pagina. Che ho chiuso contento di aver letto Arnaldur e forse di aver imparato qualcosa di più anche sul gelo dell'Islanda, che non è solo quello del ghiaccio, sarà che è un gelo che esiste anche a ben altre latitudini.