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Un giorno alle Fonti.

Creato il 24 agosto 2011 da Enricobo2
Come sarà che in questi periodi di calura agostana ti vengono solo in mente pensieri di chiare, fresche e dolci acque? E' la natura; se poi le acque non sono né fresche, né dolci pazienza, van bene lo stesso. Se riporto la memoria a quando ero bambino, e quindi automaticamente tutto era bello, buono e con un profumo che adesso non c'è più, non riesco a ricordarmi del caldo, eppure la mia "villeggiatura" si svolgeva in una frazioncina ai piedi delle colline e a pochi chilometri dalla città. Ma l'acqua del posto me la ricordo benissimo invece. Contrariamente a quanto si creda, Alessandria, città della piana alluvionale è in una zona che deve avere avuto trascorsi idrogeologici turbolenti che hanno lasciato nel sottosuolo una serie non piccola di residui idrotermali. Infatti un po' da tutte le parti della provincia, saltano fuori da sotto terra fonti di acque calde, mineralizzate nelle maniere più varie, tutte mani sante per qualunque malanno corporeo, ma quasi tutte con la stessa caratteristica: o puzzolenti di uova marce o con altri gusti mefitici a scelta che non sto a rappresentarvi.  Non stiamo a parlare delle famose Acqui o Salice Terme, appunto, ma di tutta una serie di fontanelle di acque varie unite dalla caratteristica comune di essere imbevibili. 
Come sosteneva la scuola salernitana, il medicamento deve avere un cattivo sapore, diversamente l'effetto placebo verrebbe meno. Attorno ad ognuna di queste fonti miracolose sorgeva una apparato commerciale per profittare, diremmo oggi delle opportunità di valorizzazione. Ecco che nella vicina Valmadonna, al locale Le Fonti, si era creato un giro notevole di divertimento con relativa balera. Una Rimini anteguerra dove convergeva la meglio gioventù locale e non solo, anche se credo dovessero ballare turandosi il naso, perché ricordo che già nelle strade antistanti si doveva convivere con la gradevolezza dell'acido solfidrico. Come abbiano fatto la mia mamma ed il mio papà, nel lontano '38 ad innamorarsi proprio lì è un mistero, ma si sa che le tempeste ormonali non badano alla puzza. Valle San Bartolomeo, mia location estiva, invece, se pur distante solo pochi chilometri aveva un'acqua di altra natura, semisalsa e praticamente imbevibile anche a naso tappato. Dato il minore appeal, non si era creato il business, ma nella piazza del paese, dove appunto sgorgava il prezioso liquido, era stata eretta una costruzione in stile fine '800. Qui, da un certo numero di rubinetti, era possibile spillare la fonte della vita e consumarla sul posto, previo bicchiere personale portato da casa o meglio, raccogliere il getto in un qualche contenitore e portarselo via per un utilizzo diciamo più ragionato e meditativo. 
Come già segnalava Marco Polo, "l'acqua salsa fa andare a sella" e sembra che appunto la regolazione e lo stimolo della funzione intestinale fosse uno dei pregi precipui di tale nettare, assieme a molti altri, diuretici, depurativi ed emmenagoghi, tanto per non farsi mancare nulla. In realtà il luogo, aperto ma coperto, uno di quei gazebi in muratura dove nei posti termali veri, suonano le orchestrine messe lì apposta per allietare i curandi, circondato da una balaustra con tanto di colonnine a cui si accedeva con qualche scalino, era diventato luogo ideale per il ritrovo e i giochi di una consistente compagnia di ragazzotti, che poi l'acqua stessa avevano in assoluto spregio. La mia mamma, che invece riteneva di dover sfruttare le possibilità curative del posto, durante quei mesi estivi, mi dotava, al mattino di una greve bottiglione di vetro verde da due litri, che rammento pesantissimo, che dovevo poi riportare a casa debitamente riempito. Pare abbia tentato di farmi qualche volta partecipare alla cura, ottenendo solo boccacce disgustate e dinieghi perentori. Si sa, per il fanciullo, ogni medicina è amara. 
Col tempo, non si sa perché, forse le bombe atomiche, si diceva negli anni '60, le acque hanno cominciato a calare di portata, i rivoli si sono via via ridotti fino a sparire, nel processo generale di inaridimento e desertificazione della pianura padana, che prosegue ancor oggi, a vedere perlomeno certe teste aguzze che girano da queste parti. Così alle Fonti di Valmadonna è sparita la puzza ed è rimasto solo il ristorante, mentre a Valle San Bartolomeo, il grande gazebo sulla piazza è rimasto solo. Niente bambini che corrono gridando sotto l'alta copertura; niente mamme che guatano sorvegliando, poco lontane; anche i rubinetti sono stati chiusi e spuntano dalla parete sulla vasca, che vedeva i bevitori appoggiati e pronti a correre a casa a sfruttare il beneficio delle acque, irriconoscibili monconi secchi, apparati escretori ormai castrati di un inutile cenotafio che glorifica un passato ormai dimenticato. Viviamo tempi in cui non serve più l'acqua per andare a ....sella.
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