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Un giorno devi andare

Creato il 24 aprile 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

Lumiere & co.

Chi ha amato Giorgio Diritti per “Il vento fa il suo giro” e “L’uomo che verrà” quasi sicuramente non riuscirà a trovare la stessa audacia e la stessa profondità in questo suo ultimo film. La storia è quasi completamente incentrata sulla sofferenza, ostinatamente taciuta e altrettanto ostinatamente reiterata, della protagonista, una bellissima Jasmine Trinca. Augusta è una trentenne altoatesina che in seguito alla perdita del suo bambino, è diventata sterile ed è stata abbandonata dal marito. Decide così di partire per il Brasile a seguito di una suora missionaria amica della madre. Ben presto si accorge di non condividerne i metodi e il messaggio. Nota la difficoltà per gli Indios di recepire dei contenuti ideologici che vengono da così lontano e il rischio di una colonizzazione più morbida, pur se ammantata di opere buone e reale presenza sul territorio da parte della suora. A ciò si aggiungono gli interessi di imprenditori italiani che fanno donazioni alle missioni in cambio della costruzione di un hotel di lusso e si divertono a bordo della loro barca. Augusta decide allora di staccarsi dalla suora e di “diventare terra” come lei stessa afferma. Affitta un posto letto a Manaus in casa di un’anziana signora che si occupava di educazione sessuale alle giovani coppie indie, e che vive con le sue nipoti in una favela. Incomincia l’esplorazione di un mondo più corporeo, variegato, senza filtri. Augusta si lascia penetrare dalle presenze femminili del posto, condivide le confidenze delle donne, dismette i suo panni tristi e castigati, per assaporare il gusto della danza, i giochi coi bambini, la lotta di resistenza per non farsi sgomberare dal governo e perdere il senso della comunità. Allo stesso tempo sperimenta la vita professionale degli uomini del posto, andando a fare le pulizie in una grande palestra per gente abbiente, poco distante dalla favela. E quando gli uomini abbandoneranno quel posto di lavoro per andare a costruire le nuove case governative, saranno le donne a salire sul suo furgone per fare le pulizie. È in questo frangente che si consuma una nuova tragedia: il compagno di una delle donne vende il loro bimbo e ne simula la scomparsa. La perdita di Janaina, la madre del bambino, viene affrontata come un lutto collettivo e la stessa Augusta ha modo di rivivere il suo. Anziché trovare forza in questa esperienza di rinascita all’interno della comunità, si richiude di nuovo su stessa e mentre Janaina va in Italia con la suora, Augusta si rintana su in isola non abitata, immergendosi silente e caparbia nella natura. Delude questo epilogo, solo brevemente interrotto dal gioco sulla spiaggia con un bimbo chissà come approdatovi, perché la protagonista sembra incapace di comunicare il suo dolore e di combattere contro la depressione. Nel frattempo Janaina trascorre il suo tempo italiano facendo compagnia alla madre di Augusta e alla nonna ammalata. Lo sguardo con cui Diritti costruisce l’incontro fra culture diverse e tra diverse personalità è accurato, ma manca un reale tuffo in quei contrasti. I dubbi sui missionari, la lotta quotidiana fra sopravvivenza e perdita della comunità, la sterilità di un “nord” individualista e la fertilità colorata di un “sud” inconsapevole, il degrado ambientale e l’angustia degli spazi degli indigeni, il lindore dei grattacieli e la vastità della palestra: tutto si smarrisce nei primi piani della sofferenza solitaria della protagonista. Rimangono nel cuore i paesaggi spettacolari della natura che conforta e disperde, e le scene corali nella favela: la telecronaca della partita senza telecamere, la scena dei bambini che seguono Augusta mentre suona i piatti, il valzer a tinte brasiliane. La protagonista è più coinvolgente e credibile quando partecipa col suo dolore al mondo e meno quando si rintana nella sua pena, chiusa al cuore altrui. L’idea è che la possibilità di un superamento del dolore, anche se precario e continuamente mediato, venga vanificata dall’individualismo della donna. Sembra quasi che quel viaggio non l’abbia cambiata di molto. Diritti voleva forse trasmettere questo messaggio a noi del “nord”? Nonostante la tematica, le immagini, gli spunti di riflessione, il film a volte smarrisce il piacere della narrazione.

Voto 7/10



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