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Un giorno dopo l’altro

Creato il 10 ottobre 2011 da Patuasia

Rispondo volentieri al commento del signor Lo Presti per aver messo il dito nella piaga. Ha ragione, Gaetano, nel sottolineare “l’assordante silenzio” che copre i post che non hanno a che fare direttamente con la politica, ma che ci coinvolgono tutti comunque. Direi in modo molto più profondo e intimo. Questo silenzio che significa? Vergogna? Imbarazzo? Estraneità? Paura? Io credo che il brutto abbia sporcato chiunque. Sono troppi gli anni vissuti al buio delle clientele, delle mazzette, della volgarità, dell’ignoranza per poter riuscire a sorridere ancora. Eppure quei bambini che non hanno nulla al fuori di un corpo fragile che spesso non raggiunge i tre anni, quelle donne piegate dalla fatica, quegli uomini laceri e stanchi, la capacità di un sorriso non l’hanno perduta. Perché? Non mi sento in grado di dare una risposta. Mi faccio domande. Cosa servono le nostre ambizioni, la nostra efficienza, la ricerca spasmodica del successo, se poi restiamo così dipendenti dalla gratificazione che può darci un oggetto? UN OGGETTO! Incapaci come siamo di sentire e amare. Noi così ricchi ed evoluti (?) siamo, al confronto di quella elementare, forte, spontanea forza vitale, degli esseri deboli e infinitamente tristi. Viviamo più a lungo è vero, ma come? Nella solitudine di un pensionato, rimbambiti di farmaci. Mangiamo cinque volte al giorno, è vero, imprigionati nel nostro grasso. Inseguiamo facili miti, subendo la frustrazione di non poter raggiungere mai il modello originale. Ma che vita ci siamo inventati? Che vita ci hanno imposto? Dipendiamo da tutto ciò che può darci l’illusione di un istante di piacere: cibo, sesso, gioco, tecnologia, farmaci, moda… . Abbiamo molto e siamo brutti. Cattivi e rancorosi e la parte migliore della società, quella che ancora crede in un futuro migliore, è brutta, cattiva e rancorosa anch’essa. Sarà la stanchezza di un’attesa che si allontana come fa l’orizzonte? Probabile. Eppure è qui che si gioca la vera partita: in questo spazio che consideriamo attesa e che tale non deve essere, perché il cambiamento lo si può creare ogni giorno. Un giorno dopo l’altro, aprendo il proprio cuore con la forza di un sorriso.

Concludo con una domanda posta da una mia compagna di viaggio:  “Come essere d’aiuto, senza distruggere una cultura che è ancora capace di indicare a noi quei valori fondamentali che la nostra civiltà possedeva, ma che nel tempo ha lasciato sbiadire, fino a dimenticarsene?”.


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