Avviso importante: questo film toglie la voglia di vivere. Lo dico perché avrei voluto che qualcuno mi avesse avvertito in tempo: almeno voi, salvatevi!
Tratto dall'omonimo romanzo di Melania Gaia Mazzucco, il film racconta 24 ore della vita di una famiglia distrutta dai problemi mentali del padre, Antonio (Valerio Mastandrea), ossessivo e geloso nei confronti della moglie Emma (Isabella Ferrari), sensuale e provocante.
Attorno a questa famiglia disfunzionale ruota una folla di personaggi: la madre di Emma, Olimpia (Stefania Sandrelli), da cui la figlia torna a vivere portando con sé i piccoli Valentina (Nicole Murgia) e Kevin (Gabriele Paolino) per sfuggire alle grinfie manesche del marito, la professoressa Mara (Monica Guerritore), l'onorevole Fioravanti (Valerio Binasco), la moglie (Nicole Grimaudo) e il figlio dell'onorevole (Federico Costantini). Lavoro nei call-center, violenza domestica, politici corrotti, giovani ribelli, amanti trascurate, cartomanzia, gelati: in Un giorno perfetto c'è tanta, troppa carne al fuoco, così che, tranne la famiglia protagonista, tutti i personaggi di contorno appaiono poco più che ombre di passaggio, abbozzati e spesso davvero ingiustificati (come quello interpretato da Angela Finocchiaro). Ma il problema non è solo questo. Il problema principale è che il film comunica un continuo e fastidioso senso di falsità, di forzatura, come se il suo autore non sapesse bene dove mettere le mani: per la prima volta alle prese con uno script non suo, Ozpetek appare smarrito in una storia che non gli appartiene, a cui cerca di dare dei tocchi personali che non fanno che aumentare questo stridore di fondo. Tutto è troppo forzato: la musica invadente, che ad ogni minuto suggerisce allo spettatore i sentimenti da provare, la recitazione esagerata degli attori, su cui primeggia un Mastandrea decisamente fuori parte, al cui confronto la mai brillante Isabella Ferrari qui sembra quasi un'attrice di talento, i dialoghi spesso imbarazzanti e la fotografia cupa che cerca di aumentare ancora di più il senso di inquietudine ma che risulta anch'essa un di più inutile. Ci troviamo di fronte ad un'opera che testimonia la definitiva mancanza di idee e di originalità del cinema italiano, un cinema fossilizzato su famiglie in crisi, su città che appaiono grigie e decadenti, su dialoghi urlati, su personaggi che corrono. Una roba che definire televisiva è dire poco. Quando avremo registi in grado di raccontare anche altro? Quando potremo tornare a vedere finalmente un film di genere? Quando il cinema italiano tornerà a far sognare, a stupire, a chiedere ai suoi spettatori di sospendere la credulità per lasciarsi trasportare nelle infinite possibilità che il mezzo cinema offre? Quando avremo degli attori davvero bravi, e non le solite 10 facce onnipresenti e raccomandate? Quello sì che sarà un giorno perfetto.