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Un giorno tutto questo sarà un pianeta

Creato il 18 marzo 2016 da Media Inaf
Il radiotelescopio Karl G. Jansky Very Large Array (VLA) in New Mexico (USA). Crediti: NRAO/AUI

Il radiotelescopio Karl G. Jansky Very Large Array (VLA) in New Mexico (USA). Crediti: NRAO/AUI

Nuove immagini della stella HL Tauri realizzate con il radiotelescopio Very Large Array (VLA) rivelano ciò che gli scienziati ritengono essere le primissime fasi della formazione di nuovi pianeti. Le 27 antenne paraboliche da 25 metri del VLA, schierate a ‘Y’ nel desertico New Mexico, hanno ora permesso di scrutare con un dettaglio senza precedenti il disco circumstellare di polveri che ancora avvolge la giovane stella, situata a circa 450 anni luce dalla Terra. Un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui l’italiano Leonardo Testi dell’ESO e associato INAF, sta pubblicando i nuovi risultati sulla rivista Astrophysical Journal Letters.

Benché giovane, avendo solo attorno al milione di anni, HL Tauri è diventata una celebrità quando su di lei il radiotelescopio ALMA in Cile nel 2014 ha prodotto la migliore immagine fino ad allora mai ottenuta della formazione planetaria in corso. L’immagine ALMA mostrava chiaramente dei solchi nel disco circumstellare, lacune presumibilmente causate da corpi planetari che spazzano via la polvere lungo le loro orbite.

Un’immagine sorprendente, non solo perché metteva sotto gli occhi degli scienziati esattamente lo stesso fenomeno che i teorici avevano presupposto per anni, ma anche per l’età di HL Tauri, molto giovane per gli standard stellari, ritenuta un po’ troppo precoce per iniziare a “scodellare” pianeti.

Siccome nelle parti più interne del disco, vicino alla stella, la polvere è più spessa e risulta opaca alle lunghezze d’onda radio a cui lavora ALMA, gli astronomi vi hanno puntato le antenne del VLA, che ricevono a lunghezze d’onda maggiori.

Il risultato è stupefacente: l’immagine ottenuta con il VLA mostra la regione centrale del disco circumstellare meglio di tutti gli studi precedenti, rivelando un agglomerato (clump) di polvere che, secondo gli scienziati, contiene circa da 3 a 8 volte la massa della Terra. Questo grumo di polveri rappresenta con ogni probabilità il primo stadio nella formazione dei protopianeti, una fase che non era mai stata osservata in precedenza.

Immagine ALMA (sx) e VLA (dx) del disco protoplanetario di HL Tauri; nel riquadro si può scorgere l’agglomerato di polvere (clump). Crediti: Carrasco-Gonzalez, et al.; Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF

Immagine ALMA (sx) e VLA (dx) del disco protoplanetario di HL Tauri; nel riquadro si può scorgere l’agglomerato di polvere (clump). Crediti: Carrasco-Gonzalez, et al.; Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF

«Si tratta di una scoperta importante, perché non eravamo ancora riusciti a osservare la maggior parte delle fasi in cui si sviluppa il processo di formazione dei pianeti», ha detto il primo autore Carlos Carrasco-Gonzalez presso l’Istituto di Radio Astronomia e Astrofisica dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. «Questo è molto diverso dal caso della formazione stellare, dove, in diversi oggetti, abbiamo visto le stelle in varie fasi del loro ciclo di vita. Con i pianeti non siamo stati così fortunati, per cui avere un’immagine di questa fase molto precoce nella formazione dei pianeti risulta particolarmente importante».

L’analisi dei dati VLA indica che la regione interna del disco protoplanetario contiene grani di polvere con diametro dell’ordine di un centimetro. Questa specifica zona, secondo gli scienziati, è quella dove si formerebbero i pianeti rocciosi, simili alla Terra, a partire da agglomerati di polvere che crescono via via, attirando il materiale presente attorno a loro. Alla fine, gli agglomerati raggiungerebbero una massa sufficiente a formare corpi solidi che, a loro volta, continuerebbero a crescere fino a diventare, un giorno, pianeti.

«Il contributo importante delle nuove osservazioni è su due fronti», commenta Leonardo Testi a Media INAF. «Uno è l’analisi dello spessore ottico della polvere. Abbiamo potuto verificare le proprietà della polvere con il VLA, dimostrando che si verifica un confinamento dei grani grandi; questo conferma la crescita dei solidi e – molto probabilmente – la presenza di pianeti. L’altro fronte è la presenza di disomogeneità nella distribuzione della polvere. Questa è una novità rispetto alle osservazioni ALMA e può indicare la presenza di ulteriori pianeti in formazione».

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


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