Perché un ragazzo di trent’anni sceglie di lasciare il suo Paese d’origine e di iniziare una nuova vita all’estero? Perché lasciare gli affetti, abituarsi ad una nuova cultura e dover imparare una nuova lingua? Sicuramente non è semplice. Eppure troviamo sparsi per il mondo e per l’europa chi quella sceltà l’ha fatta senza pensarci due volte e si è messo in gioco, partendo per il puro e semplice piacere di partire. In periodi come questo però, è sempre più frequente ascoltare storie di ragazzi che partono per necessità. Trovare un lavoro qui in Italia sembra quasi diventata una missione impossibile e allora si cerca una via d’uscita, si pensa a nuove prospettive e si va via, dove i sogni possono diventare ancora realtà. E’ questa la storia di Gaetano, giovane scrittore, emigrato a Londra ormai da qualche anno.
Intervista a cura di Stefy Blood
Gaetano Barreca lo scrittore italiano emigrato all’estero. Come mai questa scelta?
Ho trentadue anni di vita da raccontarti, posso iniziare con C’era una volta?
Ho avuto la fortuna di crescere in Calabria, in un uno dei quartieri che oltre ai tanti problemi storici ancora stava cercando di farsi una ragione alle violenze subite dallo Stato nella rivolta di Reggio degli anni ’70.
Un ambiente culturale che viveva del concetto di sopravvivenza, in cui devi essere forte, cattivo e far di tutto per non essere soggetto alle influenze criminali. Dove il bene e il male erano decisi dalla parrocchia e dai mafiosi, o i politici che strumentalizzavano la guerra tra lo stato e i suoi cittadini. Essere uomo sembrava il sinonimo di persona dura, buona ma che non doveva esprimere alcun sentimento di debolezza. È stata un’educazione un po’ dura ed io, bimbo ingenuo che non aveva vissuto quel clima, ero incapace di capire la ristrettezza mentale, dovuta alla paura, e quindi un grande ribelle. Non una testa calda, intendiamoci, ma sentivo che il mio mondo interiore, i miei pensieri cozzavano troppo con le aspettative di vita che ci erano state date. È stato tutto difficile ma molto, molto interessante. Grazie a Dio, oggi le cose sono diverse e tutto questo è stato ottimo materiale d’ispirazione per i miei scritti.
L’Università mi ha dato la possibiltià di vivere fuori casa, a Perugia come studente lavoratore. Un’esperienza che oltre a “tarallucci e vino” mi ha fatto comprendere che “essere figlio di…” è un passaporto versatile che funziona in tutta Italia. Ero stato educato dalla tv, dalla scuola e da “quel che si diceva”, che al di là del Sud regnavano onestà e meritocrazia. Sarebbe stato lì il futuro delle generazioni venture. Sulla mia pelle, ho scoperto che tutto ciò era una grande e bella bufala, e soprattutto che ogni cultura va conosciuta e rispettata.
Ventinove anni, una laurea in Storia dell’Arte e Archeologia ottenuta con amore e grandi sacrifici, onore e gloria per un progetto di scavo a Pompei, ma nemmeno un centesimo in tasca, mi hanno indotto a riflettere sull’ambiente culturale moribondo che mi circondava.
In più, come scrittore nutrivo la necessità di reinventarmi, vivere di emozioni, confrontarmi e mettermi in discussione rapportandomi con altre culture. Dopo aver viaggiato un po’ per l’Europa ho scelto Londra, la capitale che consente ancora ai sogni di diventare realtà, dove la meritocrazia esiste davvero.
Insomma, la mia crisi dei trent’anni, che ha permesso la scrittura del Martini Bias Crime, mi aveva condotto a cercare il benessere fuori dal mio piccolo mondo. Soprattutto, era arrivato il momento di capire e avere il coraggio di essere consapevole che Gaetano aveva bisogno di concedersi un’altra opportunità di vita. Alla faccia di chi dice che a trent’anni sei vecchio! È per questo che Calabria Ora mi ha dedicato un’intera pagina del suo giornale definendomi “Lo scrittore di rinnovata giovinezza”.
Pensi che Londra possa darti maggiori possibilità rispetto all’Italia?
Decisamente si! Quando sono arrivato in Gran Bretagna non sapevo dire nemmeno grazie, eppure mi hanno assunto per lavorare come cameriere nel caffè della Courtauld Gallery, un museo impressionista meraviglioso. Sapevo che qui avrei potuto usare la mia laurea e l’amore per l’arte. Cosi, dopo nemmeno un anno e mezzo di vita nel regno di Elisabetta II, ho iniziato la mia esperienza di volontariato all’Estorick Collection of Modern Italian Art, come assistente di galleria.
Ho voluto seguire il percorso lavorativo nell’ambiente dei musei per entrare in contatto con il mondo dell’arte che mi è caro e “infiltrarmi dai bassifondi”, se cosi possiamo definirli. Ho da poco iniziato a lavorare nel reparto commerciale del British Museum e una volta a settimana vorrei alternare il giorno di volontariato all’Estorick con quello al museo ebraico di Londra.
Le opportunità sorgono cercando di creare connessioni, esperienze ed entrando in contatto con diverse culture.
In Itala, un paese così ricco di storia e incredibili monumenti questo non è purtroppo possibile. Ho provato a mettermi in contatto con comuni e musei, ma ho trovato solo muri e apatie. Da non sottovalutare in questo percorso l’incontro con i soliti figli di papà che vivono il lavoro senza entusiasmo, e riescono soltanto a pavoneggiarsi di quel che fanno e dello stipendio che percepiscono. Beati loro che si accontentano, ma una vita senza emozioni per me non vale la pena di esser vissuta.
Possibilità per tutti?
Prima di assumerti in Inghilterra ti chiedono il colore della pelle, la tua religione, e l’orientamento sessuale (se vuoi rispondere), in modo da garantire la totale adeguatezza del posto di lavoro alle necessità di ognuno. Nel curriculum non è mai richiesto dichiarare l’età del candidato, infatti questa sarebbe discriminazione sociale e limitazione del diritto al lavoro. Nel Centro Italia la mia esperienza lavorativa è stata per lo più fatta di contratti falsi o di apprendistato che limitano in modo ridicolo il potere d’acquisto dei giovani, una cosa del tutto sbagliata considerando che i giovani dovrebbero essere il traino per l’economia del paese e su cui si dovrebbe puntare. Puoi dunque presumere che tutti hanno la loro opportunità lavorativa e qui a trent’anni sei nel pieno delle tue facoltà mentali e artistiche, nella nostra repubblica solo carne da macello.
Permettimi la parola ardita, il mondo del lavoro in Italia è un porcaio!
… Ed anche per la scrittura?
Mentre gli italiani sono un popolo di scrittori e sognatori, gli inglesi sono un popolo di lettori e banchieri. Li vedi incravattati a leggere ovunque e in qualunque momento della giornata. La mattina prima dell’apertura delle biblioteche trovi persino la coda. Come scrittore italiano che tratta problemi sociali, posso affermare che ciò che scrivo piace. Mafia, diversità e corruzione sociale nel nostro piccolo mondo antico, un mix che fa impazzire il popolo britannico. Sto traducendo il mio ultimo romanzo “Inquietudini di Cera”, che spero di vedere presto tra le mani dei passeggeri della metro e i bus di Londra.
Quanti e quali libri hai già scritto?
Tre romanzi e un libro di favole con altri autori. L’amuleto dell’essere, Martini Bias Crime, Inquietudini di Cera e Favole Racconti e Dintorni.
Cambia il modo di scrivere con il passare del tempo?
Inquietudini di Cera è una rivisitazione più matura e aggiornata del primo romanzo L’amuleto dell’Essere. Lo stile e quello che hai da dire cambia, cresce e si evolve. Essere scrittore è una carriera, un bambino da crescere in seno, è un incredibile viaggio alla ricerca di sensazioni e parole. Sono uno scrittore indipendente e quindi libero di esprimermi e, dopo aver affrontare la crisi post adolescenziale, la mia scrittura è concentrata sulla passata crisi dei trent’anni.
Uno dei tuoi ultimi progetti è “Favole Racconti e Dintorni”, dicci qualcosa a riguardo. Si può ancora stupire un bambino nell’era dei video-giochi e del PC?
Assolutamente si! Le storie e i videogiochi si compensano, sono elementi separati e distinti. L’11 dicembre 2011 insieme agli Autori da Favola (un gruppo di dieci scrittori scelti per questo progetto) abbiamo presentato a Magenta -Milano- il nostro libro. Spegnendo la candelina per il primo anno di collaborazione, abbiamo indetto un concorso per bambini “Disegna il personaggio preferito”. È stata un’esperienza magnifica vedere i piccoli artisti di svariate età applicarsi con entusiasmo tra fogli e matite colorate mentre leggevamo le favole. Emozioni uniche, edite per trasmettere alle nuove generazioni, l’insegnamento delle cinque educazioni: Autonomia, Democrazia, Ambiente, Alimentazione e Mondialità.
Progetti per il futuro?
Ho da poco concluso le sedute del giovedì sera con Luciano, il mio terapeuta. Avere un amico psicologo, per uno che scrive di narrativa introspettiva, equivale ad andare a fare la spesa al supermercato. Ho un anno di appunti e emozioni che mi aspettano da revisionare. Un lavoro che non mi impegnerà molto e quindi spero di presentare il terzo capitolo dei Poeti di Cera entro l’anno. Soprattutto, e voglio aggiungere un “Finalmente!”, tradurre Inquietudini di Cera in inglese. E già c’è un nuovo gruppo segreto creato su facebook per scrivere una nuova e interessante raccolta di storie che sarà pubblicata a fine anno.
Dove possiamo seguirti?
Il personale da scrittore, dove parlo di cultura e miei punti di vista:
http://www.gaetanobarreca.com
Uno dedicato ai Poeti di Cera:
http://www.alessandromartini.wordpress.com
e al grido di Siete Pronti a Tornare bambini, il blog degli Autori da Favola: