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Un Governo che loda le formiche, ma poi premia le cicale!

Creato il 13 dicembre 2013 da Freeskipper

freeskipper-equitaliadi Vincenzo Piras. La crisi colpisce duro. Chi non ha sentito a sufficienza sulla propria pelle i morsi della recessione, non ha che da fare zapping per assistere ad uno degli onnipresenti talk-show pronti a rinfocolare il nostro pessimismo con le immancabili immagini dei piccoli imprenditori sull’orlo del tracollo o di qualcuno degli innumerevoli nuovi poveri che cominciano a frequentare le associazioni caritatevoli. Molti di questi servizi provengono dalle ex regioni del miracolo economico, dalla Padania insofferente della zavorra italica, e parlano di declino, di situazioni insostenibili, della persecuzione a cui l’Agenzia delle entrate, tramite il braccio armato di Equitalia, sottopone i malcapitati imprenditori, mostrano una rabbia che monta e una voglia sempre più forte di oltrepassare le frontiere per cercare altrove situazioni più favorevoli. Pur non volendo fare un fascio di tutte le erbe e assicurando la doverosa solidarietà a chi è in difficoltà, credo che qualcuno, nel seguire questi servizi possa porsi qualche ragionevole dubbio. Parlo di quelli che non hanno mai saputo esistessero vacche grasse perché le hanno sempre conosciute magre e potrebbero chiedersi dove mai è finita la ciccia che fasciava quelle altre vacche negli anni precedenti.  Questi, gli esperti di vacche magre, conoscendo bene i tempi biblici degli accertamenti d’imposta e quelli lunghissimi delle esecuzioni di Equitalia, potrebbero ancora chiedersi se le somme ingiunte, che stanno soffocando molti imprenditori, obbligandoli a licenziare o a delocalizzare, non siano relative ad anni trascorsi in cui la crisi non mordeva e le vacche erano decisamente grasse. Potrebbero proseguire col ragionamento e dedurre che, poiché il paese ha continuato ad andare avanti, a svolgere i suoi compiti e a fornire i suoi servizi, questo sia potuto accadere perché proprio loro hanno dovuto mungere ulteriormente le proprie vacche tanto da farle diventare scheletriche. In ogni caso, essendo ormai tutti nella stessa barca è giusto cercare di ridare speranza e dignità a tutti: sia quelli provenienti dalla miseria come quelli che nella miseria sono caduti (sperando non sia rimasta troppa ciccia nel congelatore). Ma il minimo che ci si deve attendere è che, nella penuria di risorse disponibili, si sia in grado di valutare obiettivamente bisogni e comportamenti per degli interventi improntati a criteri di equità e giustizia. Questo è un paese molto strano che predica spesso bene: austerità, sobrietà, ma poi si accanisce con chi fa proprie queste parole d’ordine. Prendiamo due signori: Tizio e Caio; entrambi lavorano nella stessa azienda e percepiscono uno stipendio dignitoso, hanno diversi figli e stanno, entrambi, per andare in pensione. Il primo, Tizio, è uno previdente, la sua famiglia stringe un po’ la cinghia, odia lo spreco ed evita accuratamente griffe e prodotti di lusso sapendo di non poterseli permettere. In previsione del futuro ha stipulato una polizza previdenziale che possa garantire un minimo d’autonomia ai propri figli. In questa fa confluire parte dei sudati risparmi, depositando i rimanenti su un conto corrente disponibile per evenienze impreviste. Il secondo, Caio, è uno brillante e generoso, ama la vita di società, ammira le belle macchine e veste solo capi griffati. Il suo stipendio termina sempre un po’ prima della fine del mese, ma per fortuna riesce a coprire i vuoti rateizzando tutto in tempi sufficientemente lunghi da eliminare le preoccupazioni. Al momento della pensione Tizio utilizza l’intera indennità di fine rapporto nell’anticipo per l’acquisto d’una casa, in questo modo il mutuo sarà decisamente ridotto. Caio, col suo TFR, sborsa subito l’anticipo per un bellissimo fuoristrada che desiderava da tempo. Regala una piccola auto giapponese super tecnologica a sua moglie e una sportiva a suo figlio, infine acquista una casa chiedendo un mutuo per l’intero costo e spendendo gli ultimi spiccioli del TFR per il nuovo arredo. A questo punto vediamo un po’ come le istituzioni daranno un loro giudizio indiretto sui nostri due personaggi al momento in cui Tizio e Caio produrranno la dichiarazione ISEE. Il primo, sobrio e previdente, avrà un alto indicatore di reddito: Conto, polizza previdenziale e abitazione con mutuo relativamente basso lo fotograferanno come un benestante. Dopo aver tirato la cinghia per anni dovrà continuare a farlo pagando interamente le tasse universitarie del figlio così come qualsiasi altra cosa su cui avrebbe potuto godere di possibili agevolazioni se solo fosse stato meno “ricco”. Il secondo, che non ha seguito le esortazioni alla sobrietà del Governo ed ha scialacquato, per quanto poteva, risulterà tramite il suo indicatore ISEE, un poveraccio, e come tale avrà diritto all’esenzione dalle tasse universitarie del figlio, ad eventuali borse di studio e a una miriade di altre agevolazioni messe a disposizione da uno stato giusto e benevolo. Non so dire quale metodo alternativo possa essere utilizzato per misurare la capacità reddituale di ciascuno e mi rendo conto della necessità di avere un metodo a disposizione, ma per favore non ci si prenda in giro deplorando la popolazione che ha vissuto al di sopra delle proprie aspettative. L’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) proprio questo ci chiede di fare, considerando implicitamente i risparmiatori, degli stupidi. Gli ultimi aggiustamenti che il Governo Letta si appresta a varare, pur inserendo giustamente nel computo cespiti precedentemente esclusi, non fa altro che calcare ulteriormente la mano su chi della sobrietà ha fatto la regola. Questo governo loda le formiche, ma preferisce andare a braccetto con le cicale.


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