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Un grumo di sangue: idee indigene sulla fecondazione (parte 1)

Creato il 06 marzo 2016 da Davide

Come tutti sanno, un tempo gli indiani avevano a che fare con animali di ogni genere e, dovendo contare sulle proprie capacità di osservazione per mangiare, avevano acquisito una discreta conoscenza dell’anatomia animale. La guerra, la tortura e il cannibalismo rituali avevano favorito l’acquisizione di informazioni sulla fisiologia umana, mentre la medicina tradizionale che curava ossa rotte e disturbi vari con la manipolazione e l’erboristeria le aveva aumentate. Dato poi che le coppie sposate abitavano in alloggi multifamiliari insieme a persone di tutte le età, come accade anche nelle nostre campagne e nei bassifondi metropolitani, la promiscuità favoriva la conoscenza della meccanica dell’atto sessuale. Ovviamente le varie cerimonie religiose di fecondità che prevedevano il coito rituale pubblico rinforzavano questa conoscenza fin dall’infanzia. Quale era tuttavia l’esatta visione del meccanismo della fecondazione o, per meglio dire, gli indiani sapevano che essa era il risultato dell’unione di ovulo e spermatozoo?
Pressoché ovunque in Nordamerica i genitali venivano considerati luogo di grande potere e anche le tribù che in genere usavano scarsissimi indumenti coprivano il sesso femminile con gonnelle di corteccia intrecciata o erba. I genitali maschili erano spesso lasciati esposti nel costume di molte aree geografiche, dalla Costa Nordovest al Texas e cominciarono a venire coperti solo dopo l’influenza missionaria. Altre tribù, invece, nascondevano il sesso maschile con un perizoma, talvolta ornato di ricami dal valore magico. Gli Apache consideravano il loro perizoma di stoffa bianca un protettore magico dei genitali e un simbolo di virilità talmente importante che non lo eliminarono neppure con l’adozione dei pantaloni. Risolsero il problema tagliando il cavallo dei calzoni o addirittura usandolo all’interno.
La mitologia ci aiuta a capire quali fossero le idee degli indiani sul meccanismo della fecondazione sessuale e l’origine della vita. Un mito Wichita raccontava come esistessero tre donne (la triplice forma della luna): la madre, una figlia incinta (misteriosamente) e una figlia vergine. La figlia incinta viene fatta a pezzi e divorata da un mostro. La madre e la sorella vergine raccolgono in un gheriglio di noce una goccia di sangue della morta, la mettono in un vaso coperto e, nel giro di due notti e un giorno, nasce un ragazzo (il sole) perfettamente formato, che distrugge i mostri e poi sale al cielo con la nonna e la zia (Dorsey 1904). Anche il demiurgo Manabush dei Menomini nasce da un grumo di sangue: la vecchia dea Nokomish crea la Terra/Pietra; la Pietra costruisce una ciotola e la immerge nel terreno; il terriccio si trasforma in sangue, comincia a mutare forma e alla fine crea Manabush (Hoffman 1891). Un altro fanciullo miracoloso si trova nel mito dei Sweet Grass Cree, dove Puzzola riesce a salvare se stessa e suo marito Tasso grazie a un grumo di sangue di bisonte che è l’unica cosa lasciata loro da un orso voracissimo. Puzzola mette il grumo in una pentola e questo si trasforma in un ragazzo-eroe che uccide l’orso; in seguito egli riesce a liberarsi di una vecchia che gli si era appiccicata alla schiena solo riprendendo la sua forma di grumo di sangue (Bloomfield 1930). Nella storia dell’origine dell’umanità degli Yuchi e dei Natchez essa nasceva da una goccia di sangue di Donna Sole mestruata (Swanton 1929). La nascita di un eroe da un grumo di sangue ha un’ampia distribuzione mitica in Nordamerica, tra gli Ute meridionali, gli Arapaho, i Ponca, i Pawnee, i Sioux, i Piedineri, i Gros Ventres, i Maidu, i Winnebago, i Micmac, i Chippewa, i Cree e i Menomini (Lèvi-Strauss 1965, 1971; Barnow 1977).
Agawela, la Vecchia, detta anche Selu, Donna Mais, è forse la dea più familiare ai Cherokee. Un giorno, mentre Kanati, il Cacciatore Fortunato era fuori e lei stava andando a trovare Uomo Lungo notò una piccola pozza di sangue che si era formata sotto di lei; la raccolse, sapendo che proveniva dal suo utero, ma quando la toccò, il sangue quasi le saltò sulla mano, poi si attorcigliò su se stesso come un verme. Selu portò l’essere di sangue alla casa dell’Uomo Lungo e decise con lui che doveva mescolarla con acqua e coprirla. Così prese un po’ dell’essenza di Uomo Lungo (lo spirito del fiume), coprì l’essere di sangue dentro una pietra cava con dell’erba acquatica e tornò ai suoi affari. Parecchi giorni dopo nacque Ragazzo Selvaggio, Inage-Utashunhi, detto anche Ragazzo Grumo di Sangue. Insieme al suo fratellastro rappresentano Tuono e Fulmine. I due uccidono Selu credendo che sia una strega, quando la scoprono trarre dal suo corpo mais e fagioli: l’avevano vista porre un setaccio sul pavimento, poi piazzarsi sopra a gambe aperte. Selu cominciò a cantare dolcemente, mentre si sollevava la sottana rossa e si toccava tra le gambe e si strofinava con vigore il ventre. In breve tempo cominciarono ad emergere dal luogo in mezzo alle sue gambe pannocchie di mais, che caddero nel contenitore. Quando furono prodotte in questo modo sette pannocchie perfette, ella si abbassò la gonna e si aprì il corpetto. Denudatasi il seno, si piegò su un secondo contenitore e cominciò a tirarsi i capezzoli come una donna che vuole liberarsi del troppo latte quando sta allattando un bambino. Mentre lo faceva cantò di nuovo e pregò dolcemente e in breve sottili baccelli verdi, fagioli, cominciarono a uscire dai suoi capezzoli e a cadere nella scodella in attesa. Quando ne ebbe espresso una quantità sufficiente, lei si raddrizzò e si chiuse il corpetto. Presi i contenitori, lasciò la stanza. Questa è una versione riferita da Mooney e riscritta da Gunn Allen sulla nascita dell’agricoltura dei Cherokee. I figli uccidono la madre seguendo le sue istruzioni su come usare il cadavere e, benché pigri, riescono a dar vita ai campi (Mooney 1992:68-69)
Vale la pena di ricordare che la puzzola e il tasso sono due mustelidi connessi simbolicamente con la vagina e con il parto. La puzzola è nota per lo spruzzo mefitico che produce tramite le ghiandole perineali e questo fetore è associato all’odore della vagina, spesso a sua volta oggetto di spiegazione mitica. Anche il tasso possiede ghiandole anali odorifere e, dato che scava la sua tana nelle colline sabbiose e sfugge ai cacciatori scavando nel terreno, viene considerato un animale che facilita il parto, tanto che molti miti lo associano all’emersione dell’umanità dal mondo sotterraneo. Questi animali sono anche legati simbolicamente al fuoco, in particolare ai focolari e ai forni e al mondo dei morti. I personaggi che nel mito si trasformano in uomini all’interno di un vaso, sono collegati alle credenze sulla formazione dell’essere umano nel ventre della madre. La ceramica è arte femminile per eccellenza in America e anche nel Vecchio Mondo il vaso è metafora per il ventre femminile.

Riferimenti

Barnow, V. Wisconsin Chippewa Myths and Tales and Their Relation to Chippewa Life, University of Wisconsin Press, Madison, WI 1977.
Bloomfield, L. Sacred Stories of the Sweet Grass Cree, Bulletin 60, National Museum of Canada, Ottawa 1930.
Dorsey, G A. The Myths of the Wichita, Washington DC 1904.
Gunn Allen, P. Grandmothers of the Light, The Women’s Press, London 1992.
Hoffman, W. J., The Menominee Indians, RBAE 7, Washington DC 1891.
Lévi-Strauss, C. Il crudo e il cotto, Milano 1966.
Lévi-Strauss, C. Le origini delle buone maniere a tavola, Milano 1971.
Mooney, J. History, Myths, and Sacred Formulas of the Cherokee, Bright Mountain Books, Asheville, N. C. 1992
Swanton J. R., Myths and Tales of the Southeastern Indians, BBAE 88, Washington, D.C 1929.


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