Tutto questo è un discorso solo teorico? Non direi. Sappiamo da sempre che tesi e antitesi di un qualsiasi processo servono per arrivare alla sintesi, che è qualcosa di più e di diverso della somma delle singole parti.
Ogni individuo, per poter esprimere la sua completezza, ha bisogno di riscoprire le sue energie maschili e femminili che convivono dentro di sé. Ha bisogno di sviluppare la parte dormiente per riprendere la sua evoluzione. Ha bisogno di unione e sintesi piuttosto che di contrapposizione. Ma la sintesi, in questo caso non è semplicisticamente affermare “non mi serve il femminismo perché rispetto gli uomini o non mi sento vittima degli uomini”. Per essere vittime non è necessario subire in prima persona un sopruso, una violenza, un’ingiustizia. Basta osservare il linguaggio comune e i costumi sociali per comprendere quanto noi esseri umani siamo vittime delle nostre menti che meccanicamente riproducono clichè assolutistici, volti ad avvalorare l'ignoranza e l'addormentamento della coscienza. La parità di genere fuori di noi, tra maschi e femmine, può essere un’importante opportunità per riscoprire la “parità” di genere dentro ed è quello che mi piace far sperimentare nel seminario “Onorare la femminilità”. Prima di tutto, però, noi donne dobbiamo ri-conoscere cosa ci esprime come essenze consapevoli dell’archetipo femminile. A mio avviso, scimmiottare i modi maschili o esacerbare le differenze del tipo “donna è meglio” sono facce della stessa medaglia arrugginita che non accompagna nessun tipo di cambiamento verso completezza e totalità di un essere senziente…