L'ultimo contributo arriva dal Corriere della Sera che alla vigilia del silenzio elettorale, per voce del vicedirettore Giangiacomo Schiavi (che su Milano tiene anche un blog su Corriere.it) , lancia un manifesto che è anche una sfida per il futuro sindaco. Che sia Moratti o Pisapia poco importa, perchè l'idea lanciata dal quotidiano milanese per ricostruire l'anima di Milano non guarda al colore della casacca, ma alla fascia tricolore dietro la quale un primo cittadino perde l'appartenenza politica per diventare il sindaco di tutti. Nel decalogo lanciato dal Corriere si parla di accoglienza e legalità, di ricostruire i ponti con le varie facce della città, di riscoprire le radici superando le paure, di far emergere le eccellenze nascoste e di aprire ai deboli, ai giovani, di recuperare un orgoglio perduto per poter tornare a rischiare, "perchè la ricchezza di un città è il rischio che ognuno di noi prende facendo le cose".
Bello e impegnativo il manifestato che parla di una politica nuova, di un vento nuovo, nel quale a due giorni dai ballottaggi è giusto credere e sperare.
Un manifesto che finisce per impegnare anche la nostra categoria, quella dei giornalisti, che devono saper recuperare il senso di una professione che non racconti, con fedeltà, imparzialità e umanità solo delle storie, ma sappia elaborare con l'autorevolezza conquistata sul campo idee, proposte, momenti di dibattito per la comunità e spunti di crescita collettiva. Secondo un principio che un giornale deve essere aperto ai contributi di tutti, ma deve saper coltivare idee in proprio. Un principio che mi è stato insegnato da Pietro Agostini, fu direttore di Bresciaoggi dal '90 al '92, quando un infarto lo colse una notte in redazione. Era un maestro esigente e severo, ma le sue riflessioni su giornali e giornalismo restano ancora di grande attualità.
Il manifesto per Milano