Magazine Cultura
Bella l’idea di riformare la scuola per ridefinire l’identità degli italiani, adattare storia, geografia, lingua e religione nell’epoca delle migrazioni per riunificare lo spirito patriottico che in questi 150 anni si è perso per strada. Aprirsi al mondo per restare nel mondo e celebrare in modo opportuno la nostra piccola “rivoluzione”. Alcuni si chiedono a che servono le cerimonie di questi giorni se il governo poi lavora alla divisione della scuola con una parte parteno-sicula-borbonica, un’altra brianzola-austriacante e un’altra ancora papalina-tiberina? E già a che serve tutta l’enfasi di questi giorni se poi la neonata riforma Gelmini concentra nella scuola a cui si deve principalmente l’unità d’Italia i più vieti e rancorosi luoghi comuni antiunitari? Se è vero che l’unità del nostro Paese è cominciata a scuola è lì che bisogna ritornare e lavorare per costruirne una contro il regionalismo, i dialetti, le culture premoderne e localistiche in modo che l’idea balorda di un federalismo leghista ci disunisca per sempre. Bisogna combattere lo stupido pregiudizio razzista di Bossi e affini che vedono lo studente meridionale ignorante e raccomandato, il professore terrone che va cacciato dal nord perché “dequalificato”, “non conosce la matematica”, “non parla il dialetto della regione dove insegna”. Per una sano rapporto unitario tra nord e sud di questo Paese c’è bisogno di ripercorrere i veri moti che furono alla base della spinta unitaria e le controversie, che certo ci furono, nel processo di identità nazionale. Invece spesso gli storici e di conseguenza gli insegnanti, nell’analizzare il Risorgimento partendo da Gramsci lo vedono come un piccolo movimento militare in un più ampio contesto internazionale alla fine del quale i contadini del sud diventarono briganti, periferia senza storia e senza patria e dunque illegale e mafiosa; la Lombardia europea (già all’epoca!) annessa al Piemonte e le altre realtà municipali unificate con un artifizio da notabili con l’accento francese. In un simile contesto nasce una Italia già malata: a nord infestata da pellagrosi e cretinici per via della dieta a base di mais, a sud devastata dalla malaria. Se si affronta il problema risorgimentale così semplicisticamente è chiaro che ha ben gioco l’idea leghista di un frazionamento del territorio dove ognuno gioca la propria parte nella propria area ma così facendo non potremo certamente aspirare ad essere un grande paese europeo e anzi daremo ancor più spazio al potere dei somari come Brunetta che vorrebbero guidare una nuova spedizione garibaldina: mille fantuttoni del Nord contro i fannulloni del Sud. E allora solo la scuola riformata e unitaria può dirozzare i leghisti e… bocciarli tutti.
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