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Un incipit dalla poeticità quasi drammatica – MAX RUVINI

Creato il 03 aprile 2013 da Thoth @thoth14

FASCINO

So che appenderai al buio

ritagli di lettere,

confusamente,

come se mi vedessi

e cercassi un conforto.

A rivoli di pensieri

aggiungo l’inquietudine

che mi restituisce fascino.

- Sono un bell’animale -

Dici ancora che ti manco

come goduria di cibo avariato,

uno stordimento del corpo

che annaspa in marci umori.

- Sono un bel frutto di stagione -

So che soffocherai tra le dita

le carte sepolte di un cassetto,

arditamente,

come se ti fossi annullata

e confondessi il mio corpo.

- Sono un bel corpo scheggiato -

Dico così quando sei attenta,

una trascuratezza dei sensi

che rivendica un muto silenzio.

A rivoli di parole

aggiungo il pallore di una rosa.

Max Ruvini

 

Un incipit dalla poeticità quasi drammatica – MAX RUVINI
Fascino di una immagine. Fascino di un’idea. Fascino di un gioco. Fascino della seduzione o dell’inganno. Fascino della bellezza. Fascino della Natura. Fascino di istanti vissuti, intensamente; di attimi fuori dal tempo o immersi interamente nel tempo. FASCINO è il titolo della poesia di Max Ruvini. Un incipit dalla poeticità quasi drammatica, velato di mestizia, attraversato da un malinconico percepire e un finale che conforta, che quasi sembra restituire speranza all’intero componimento: il pallore di una rosa (forse bianca, forse gialla, forse rossa) da alle parole un senso, e crea un’apertura tutta da scoprire o da immaginare al flusso di sentimenti e di emozioni fin dove la parola giunge o arriva ad esprimere. Splendido è il coinvolgimento interiore che porta la lettura di ciascun verso: rarefatta sembra a tratti l’atmosfera suscitata, tensione ritmica e suspance si insinuano sottili nella struttura della poesia. I due avverbi di tempo, nella parte iniziale e centrale della poesia, sono come le lancette sul quadrante di un orologio che da l’illusione di non marcare il passare delle ore, o di un lento e quasi impercettibile cammino dei minuti e dei secondi vivi e consapevoli della propria importanza nella circostanza o nell’evento che segnano. Cosa sta vivendo l’autore della poesia? Cosa tenta di comunicare a se stesso, all’altro, al mondo? Forse una metamorfosi continua che il verso racchiude e contiene: prima nel regno animale poi in quello vegetale. Il corpo è veicolo di una sensibilità talvolta estrema, talaltra di fusione o di annullamento. Piace leggere i versi di questa poesia. Piace cercare di scoprire i suoi sensi nascosti. Piace carpire, per mezzo del suo linguaggio asciutto e lineare, quel vibrare segreto del Canto, che crea magia, mistero e fascinazione. La Poesia, in fondo, credo che non smetterà mai di travolgere e insieme di indicare una via possibile di appagamento dell’essere in mezzo alle tempeste, ai travagli e agli assalti che ci riserva la vita.

Francesca  Rita  Rombolà


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