Un Ingegnere in Belgio

Creato il 10 febbraio 2014 da Fugadeitalenti

Io non appartengo a coloro che hanno difficoltà a trovare un lavoro, ma a coloro che un lavoro in Italia l’hanno sempre avuto. Tuttavia, più che una via verso la gratificazione personale, ha rappresentato l’inizio della frustrazione… e a pensarci è terribile. Ci metti una fatica immane a trovare impiego, poi quando ce la fai ti accorgi che è solo una forma di sostentamento. Per la mia generazione, la situazione italiana è una spirale contorta, un circolo vizioso che non ti fa andare avanti, ma ti fa girare a vuoto“: lo sfogo di Paolo Quartulli, 33enne International Project Manager pe una multinazionale a Bruxelles, è anche lo sfogo di una generazione che avrebbe voluto trovare in Italia le stesse opportunità di crescita e valorizzazione offerte loro all’estero.

Paolo si laurea in soli cinque anni in Ingegneria, dopodiché si cimenta in ben tre lavori, nella Penisola. Ad ogni tappa segue una delusione, legata all’impossibilità di crescere, di poter fare un salto qualitativo, di doversi sempre e solo confrontare con una “logica del gioco al ribasso”. Perché l’Italia è un Paese che ha smesso di far sognare i propri giovani, di incitarli a volare alto.

E’ per questo che professionisti come Paolo scelgono di andarsene, per inseguire sfide professionali ambiziose all’estero. Per sfuggire alla superficialità e alla mediocrità imperanti… che sono arrivate a corrodere ormai anche l’ambito lavorativo, in Italia. Approssimazione e incompetenza non sono solo più appannaggio della politica: le si vive persino sul luogo di lavoro. E’ il collasso di un certo modello di classe dirigente.

Quando ho preso la decisione di lasciare l’Italia, l’ho fatto con la speranza di confrontarmi con una cultura diversa, e con un’attività a più ampio respiro internazionale. Soprattutto, con progetti più complessi, in gabinetti più strutturati“, precisa Paolo, approdato nella sede di Bruxelles di una grande multinazionale francese. “In Belgio, a soli 33 anni, coordino minimo dieci capi ingegneria di ogni dipartimento. Gestisco contratti fino a otto milioni di euro. Opero in tutto il mondo. Il mio capo è lì solo per supportarmi. Ho piena autorità su tutti i miei progetti, che poi vengono valutati con obiettivi insindacabili. Il mio management è competente e umile“. La riflessione di Paolo è l’epitaffio di un certo modello di Italia, che appare l’esatto quadro rovesciato della situazione lavorativa che vive ora all’estero.

Ospite della puntata è Giuseppe Medeghini, anche lui ingegnere: Giuseppe ha scelto di rientrare in Italia, dopo alcuni anni in Inghilterra. E proprio per sfuggire a certe logiche lavorative prettamente “italiane”, Giuseppe ha  deciso di farlo non come dipendente, ma con un proprio progetto imprenditoriale, centrato sulle energie rinnovabili. Ci racconta la sua personale sfida di “Controesodo”.

Nela rubrica “Expats” ospitiamo l’interessante progetto di narrazione fotografica della nuova emigrazione professionale italiana: si chiama “Londra Beautiful People”, ha al proprio centro i nuovi emigrati italiani nella capitale inglese, e a realizzarlo è stata una 35enne fotografa, Samantha Capitano.

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La discussione di febbraio: Considerate possibile il ricambio della classe dirigente in Italia, a tutti i livelli, mediante una robusta iniezione di giovani professionisti di talento, qualificati, di rientro dall’estero? Se sì, come – concretamente? Inviateci proposte!

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Alla prossima puntata: sabato 15 febbraio, dalle 13.30 alle 14 (CET), su Radio 24. Vi aspetto!



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