Oggi, all'orario solito della santa Messa, hanno celebrato un funerale. Era di una persona che ha saputo farsi strada nella vita, ex giornalista alla RAI. Non ho potuto scacciare dalla mia mente una riflessione repentina. Sì, eri un giornalista della RAI, mi hanno confermato infatti che lo avevano ricordato nel TG, eppure la morte ti ha spogliato di ogni cosa: il cadavere di un Vescovo, di un giornalista, di un ministro o di qualsiasi persona si voglia, è uguale a qualsiasi altro. Non andiamo nell'aldilà con i nostri titoli onorifici, ma solo con il bene che abbiamo fatto. La partecipazione a questo funerale che è stata poi casuale, era in tema con le varie riflessioni fatte nei giorni scorsi. A parte che nessuno dei parenti o chicchessia rispondeva alla messa, esso mi ha lasciato una leggera impronta di tristezza. Mi sono aggrappata al Rosario con tutte la forze: ecco il dramma umano meditato nei giorni scorsi, toccato adesso con mano, concretizzato in quella bara immota, circondata di fiori colorati e profumati... eppure quel funerale è stato desolante. Ho pregato per la sua anima, una donna è scoppiata a piangere e dal mio cuore è sgorgata ancora una riflessione.... Se non avessi ricevuto il dono della fede, come farei a dare un senso alla mia esistenza? Quando esco per andare a messa, vedo la gente affaccendata, correre con passeggini, o con i loro strumenti di lavoro... Anch'io durante l'anno ho fatto così, ma ho cercato di vivificare le mie azioni con l'amore di Cristo. Difficile, non so se ci sono riuscita, anzi, sono sicura che avrei potuto fare di meglio per evitare qualche caduta. Ma il Signore ha permesso ciò. Il Sacerdote che celebrava, aveva la stessa età del defunto, lo conosceva proprio: erano stati insieme alle scuole medie nel periodo difficile della guerra. Tempi in cui si viveva, molto più di adesso, alla giornata, con lo spettro della morte e, ancor peggio, della violenza, accovacciato nell'ombra della propria esistenza. Ma, in qualche modo, si doveva andare avanti, soffrendo la fame, riuscendo a convivere con gli allarme bomba. Il Sacerdote ha ricordato però che, in quel periodo, la loro esistenza era felice ed ha poi sottolineato che ognuno di loro si sarebbe potuto trovare nelle medesime condizioni del defunto. Ho notato qualcuno irrigidirsi, ma questa è la verità, non ci si può nascondere dietro al benessere che rimane il più grande miraggio della nostra esistenza, diabolico, perché non ci permette di pensare al nostro destino eterno. È vero, erano le riflessioni dei giorni scorsi. Qualcuno, in carne ed ossa, commentò usando le stesse parole di quell'anima: “Ci pensi troppo”. Io, nel sogno, avevo risposto che non era in mio potere il non pensarci...ed è vero. Non riesco a non pensarci. Sono pensieri che sfiorano la mente da soli, qualche volta sollecitati da avvenimenti esterni. Non è in mio potere il non pensarci. La morte è un dramma, ma, per noi cristiani, è la porta che c'immette nell'eternità. Il nostro destino è nell'eternità, ma abbiamo noi il dovere, affidandoci comunque a Cristo, di costruircela con le nostre buone opere. E ritornando al discorso del funerale, ho pregato, sì, per l'anima del defunto, ma anche per i suoi parenti. Erano loro che mi trasmettevano quel senso di tristezza, perché mentre pregavo per il defunto, avevo l'impressione che si fosse già salvato, in Purgatorio, ma già salvo. Il Sacerdote ha affermato, sollecitando i parenti, che aveva bisogno di noi, della nostra preghiera. Davvero, i defunti hanno bisogno delle nostre preghiere e delle nostre opere buone, offerte per loro, in loro suffragio. Ho notato che la stessa persona si è irrigidita nuovamente. Ateo convinto? Non si sa, certo è che nessuno rispondeva alle preghiere... nemmeno quella del Padre Nostro. I defunti non hanno bisogno del nostro dolore, ma proprio delle nostre preghiere e delle nostre opere buone.