Ammetto di denunciare e di predicare, lo faccio spesso. Sono l’avvocato dell’individuo minuto e della sua grande umanità. Sono capace di accusare, perché sono stufa dell’immagine creata dal mercato. Accuso, come fanno quelli che sono stati abbandonati in mezzo al mercato, buttati nel fiume senza salvagente per vedere se sanno nuotare. Ma ho miseramente fallito se l’accusa rimane in superficie e la grazia annega, perché credo nella grazia molto più dell’accusa …
intervista a cura di Viviana Scarinci, traduzione di Hanna Suni
Come è vissuta secondo te la poesia in finlandia oggi?
Vi do il mio punto di vista soggettivo, anche perché non sono un’esperta. Secondo me la poesia contemporanea finlandese é un po’ come il popolo finlandese. Non esiste una comunità. Ci sono poeti molto bravi che si propongono singolarmente la loro voce, a esempio Saila Susiluoto, che è un talento naturale. I lettori amano le poesie dialettali di Heli Laaksonen e a Tommy Taberman non mancherà mai il suo fan-club. Anche le poesie sulla natura di Anne Hänninen parlano tuttora al popolo nordico dei boschi. Poi ci sono quelli, e mi includo in questo gruppo, che tornano sempre ai testi di Sirkka Turkka o Rakel Liehu oppure persino a Eeva Kilpi, perché la poesia di queste poetesse evidentemente continua a parlare a tutti noi. Molti poeti contemporanei giocano virtuosisticamente con la lingua e la forma; la lingua diventa materiale da sperimentare fino al non-senso e l’idiozia. Mi accorgo della mia età perché per me il contenuto è ormai diventato più importante della forma e la semplicità mi attrae più del gioco di parole. La poesia contemporanea è naturalmente legata a quest’epoca e la rispecchia così come rispecchia il mondo in cui viviamo anche nell’egoismo e nell’ingordigia.
Leggo dalla tua biografia che hai avuto dei trascorsi sia in politica che nel giornalismo. I tuoi testi poetici sono anche dei testi di denuncia, riguardo il materialismo e la condizione della donna. In che modo Aino Suhola ha conciliato e reso dialoganti questi diversi ruoli?
Ammetto di denunciare e di predicare, lo faccio spesso. Sono l’avvocato dell’individuo minuto e della sua grande umanità. Sono capace di accusare, perché sono stufa dell’immagine creata dal mercato. Accuso, come fanno quelli che sono stati abbandonati in mezzo al mercato, buttati nel fiume senza salvagente per vedere se sanno nuotare. Ma ho miseramente fallito se l’accusa rimane in superficie e la grazia annega, perché credo nella grazia molto più dell’accusa; soprattutto credo in una risata liberatoria. Finisco a predicare perché la voce del “mölymystö” (frastuono) è talmente forte che per poter rispondere bisogna per forza urlare. Ma conosco anche l’arte di sussurrare. Frastuono per me é sinonimo di populismo. Quella voce sulle piazze e nelle manifestazioni, sulle pareti dei bagni pubblici e nei social media. Chi urla più forte e in modo più elementare, riceve spazio e attenzione. Il frastuono è arrivato anche in politica e forse proprio qui, nel mio libro Amami per rendermi più forte, fuoriescono le motivazioni per cui sono entrata in politica. Volevo includere il battito cardiaco quotidiano nei commi e negli articoli della legge. Molto presto però mi sono accorta che al parlamento nessuno capiva quello che dicevo tanto il mio modo di vedere il mondo e le persone era diverso dal loro. Ero una buffona, un clown, ma in realtà nessuno sapeva cosa pensare di me. La stessa pecca avevo anche come giornalista. Scrivevo per il pubblico, non per i miei colleghi, e per questo sono stata emarginata. Sia come politico sia come giornalista le mie storie sono sempre risultate “Le fesserie di Aino”. Qualcuno mi disse che non mi emarginavano per nuocermi; semmai perché a pochi piace una che la vede come me e nessuno è così stupido da mettere una mano vicino alla sega circolare. L’etica flessibile ed adattata alla situazione non mi andava giù e neanche il fatto che uno di successo dovesse dormire sulla pancia perché la schiena é piena di coltelli. La cosa che più mi turba in questo cambiamento sociale é che si sono invertiti il cavallo ed il carro. Gli interessi economici guidano la democrazia e i media indirizzano i politici. Forse proprio l’incapacità davanti a questa realtà mi ha fatto credere nella forza della prosa. E tutti e due i mondi – politica e giornalismo – mi hanno dato moltissimo materiale di cui parlare. Stranamente i miei testi più toccanti nascono dalla solitudine più profonda, ma quando abbiamo il coraggio di aprirci al dolore, anche la gioia riesce a penetrare. Dal cinismo mi hanno salvato l’umorismo e la capacità di pensare che i pensieri non sono più importanti del cuore.
Un altro aspetto interessante per chi si occupa di poesia riguarda la tua passione per il canto. Non si può fare a meno di pensare che i tuoi testi hanno una scansione ritmica molto decisa. Una sorta di denuncia cantata a volte, a volte quasi una preghiera di ascolto rivolta alla disattenzione imperante. La tua poesia é sempre stata legata alla realtà? Da dove hai cominciato quando ti sei posta il “problema” di voler scrivere una poesia?
Viviana, se mi vedessi, capiresti, perché i miei amici ora riderebbero a crepapelle. Secondo loro sono proprio io il canto ed il ritmo, tutta la donna! Fà parte integrale di me. Via la parete, dentro il pianoforte! Ma esiste anche un altro lato in me. La mia preghiera silenziosa cantata sotto le coperte rannicchiata nella posizione fetale. Proprio quello che tu hai intravisto. E questo mi rende immensamente felice. Amo il ritmo della lingua, è proprio radicato dentro di me. Come anche la forma dei testi. Il genere di “Amami per rendermi forte” in realtà non è solo poesia, c’è anche della prosa. Quando consegnai la bozza del libro all’editore, un pò in imbarazzo mi scusai perché forse non rientrava in nessun genere. Per fortuna lui rispose: “Non fa nulla, allora il libro sarà come te.” Scrivere è per me come inspirare ed espirare. Un sospiro continuo secondo quello che vedo, e sento, sia con le orecchie che con il cuore. La forma ed il ritmo arrivano attraverso l‘emozione e di solito la frase migliore esce subito, al primo tentativo. Ogni revisione porta solo via dei residui, toglie dei frammenti dallo straccio in cui il lettore si possa avvolgere. La poesia l’ho scelta forse anche perché se ne può scrivere una alla volta. In mezzo ad altro, nei ritagli di tempo.
Fino dal titolo del libro da cui sono tratte queste tre poesie, l’amore viene riconosciuto per le donne come un strumento necessario a una affermazione sana di se stesse. “Amami, per rendermi più forte” recita il titolo di un libro che pure non lesina critiche e verità scomode. In che relazione poni la tua poesia rispetto alle varie tematiche amorose? Cos’è l’amore per te?
La mia etica e tutta la mia vita si cristallizzano nel duplice comandamento dell’amore: Ama Dio ed il prossimo come te stesso. Dio ama incondizionatamente e là dovrei mirare anch’io, pur riconoscendone la difficoltà assoluta. Questo tema l’ho vissuta sulla mia pelle. Sono una figlia illegittima e mia madre mi ha abbandonata alla nascita. Quando avevo cinque settimane mi hanno adottata in una famiglia di rettori in un paesino della finlandia centrale. Sono diventata una brava bambina che ha imparato a guadagnare l’approvazione. Tutto questo però ha lasciato in me l’eterna paura dell’abbandono. Se sbaglio o sono cattiva, mamma si arrabbia e mi abbandona, e non sono in grado di sopportare altri abbandoni. E’ un miracolo se oggi oso a scrivere e parlare in questo modo, se ho il coraggio che mi comporta di essere chiamata “Aino la Belva”. L’amore per me è l’approvazione senza condizioni ma non senza limiti, la congiunzione forte, la tenerezza profonda, la fiducia e la completa resa anche a rischio che forse l’amore non verrà contraccambiato. La mancanza di amore incondizionato è diventata la malattia nazionale più acuta. Dall’alba al tramonto ci trasciniamo per guadagnare l’approvazione. Consumiamo merce e persone, ci sorpassiamo senza vederci, anche se in realtà avremmo bisogno di incontrarci, essere presenti gli uni agli altri, e per questo apriamo le braccia per ricevere amore. Molti pensano che parlo d’amore perché ne ho ricevuto tanto. Ne parlo, perché solo un assetato sa parlare dell’acqua.
Tre poesie tradotte da Hanna Suni
Aino Suhola è nata nel 1950, laureata in filosofia. Giornalista, scrittrice di poesia, prosa e teatro si è occupata di politica tra il 1991 e il 1999. È sposata e non ha figli. Lavora come freelance, scrive per “Keskisuomalainen” e altri giornali. Nel 2011 ha vinto il premio Vuoden Keskisuomalainen. Conduce workshop sulla comunicazione.
L’ntervista e i testi sono tratti da PoEtica News 1/2013 per infomrazioni e collaborazioni [email protected]