Una mattina, alba. La Piccola Donna la intercetta mentre la ‘povna sta scendendo per le scale della scuola (come sempre a rotta di collo), intenta a preparare una serie di cose ultime nella mezz’ora che precede il suono della campana.
“Prof., buon giorno!”
(“Buon giorno, mia cara”)
“Volevo chiederle una cosa” – (e intanto si accoda – come imparano presto a fare tutti i suoi ex-alunni – alla ‘povna nella sua corsa di cose da fare).
“Dimmi!”.
“Lei che programmi ha per quest’estate?”.
Un ricordo vago, di discorsi fatti un anno fa, in un altro tempo, fa capolino nella sua testa. Ma la ‘povna resta impassibile, e risponde tranquilla:
“Nulla di particolare, per adesso. Ho l’impegno del matrimonio di una cara amica a fine giugno; e poi ovviamente la solita settimana nel Paese-che-è-casa.
“Benissimo, prof. Perché la mia mamma voleva invitarla da noi in Marocco. Sa, come si era detto: così finalmente potrà visitare per bene tutto il paese”.
Ovvio che è un sì. E pure al vol; e sorridente; e di corsa:
“Grazie Piccola Donna, che cosa bellissima. Mi farebbe davvero un piacere immenso, se non disturbo, consideratelo già un sì, con onore”.
“Certo che non disturba, prof., lo sa benissimo. I miei ci andranno a inizio giugno. Io che quest’anno sono finalmente maggiorenne li seguirò un poco più tardi, forte della mia carta di identità italiana nuova nuova”.
“E potremmo partire insieme!” – concludono all’unisono.
Suona la campanella. La Piccola Donna corre in classe. La ‘povna, invece, anche. E sorride allo sceneggiatore, tanto. E un po’ anche al suo modo di fare scuola.