Fiore, violata e umiliata, fuggì discinta e scalza dal palazzotto del suo tiranno e tornò avvilita dal marito. Vincenzo (Renzo) non dovette aspettare la peste giustiziera per placare la propria sete di vendetta. Grazie a fra' Lodovico, religioso impavido, difensore di ogni perseguitato, ottenne giustizia dal Tribunale di Venezia.
Nel 1607 Paolo Orgiano, difeso da un mediocre Azzeccagarbugli, venne condannato dal Consiglio dei Dieci della Serenissima Repubblica di Venezia al carcere a vita, per aver terrorizzato per anni il paese di Orgiano, con “homicidi, sforzi, violentie et tirannie”. In particolare per “far operazioni nell’impedir matrimoni”.
Duecento anni dopo, Alessandro Manzoni scrive “I Promessi Sposi”, attingendo dichiaratamente a svariate fonti storiche del ‘600. La vicenda di Paolo Orgiano presenta sorprendenti analogie con quella del Manzoni: Don Rodrigo impedisce il matrimonio di Lucia, e la perseguita fino a costringerla ad allontanarsi. Fra’ Cristoforo aiuta Lucia nelle sue traversie.
Ma sono solo alcune delle molte similitudini tra le due vicende. La questione è come Alessandro Manzoni abbia potuto avere in visione il fascicolo del processo, tuttora giacente all’Archivio di Venezia, corredato delle vivaci testimonianze di popolani e nobili.
Ecco allora spuntare la singolare figura di Agostino Carli Rubbi, archivista veneziano frequentatore e conoscitore della vita culturale lombarda, amico del Beccaria, che potrebbe essersi fatto segretamente tramite della consultazione degli atti del processo da parte dello scrittore. A questa ipotesi il professor Claudio Povolo, dell’Università di Venezia, ha dedicato approfonditi studi, e la sua ipotesi è stata accreditata dai più eminenti esperti in materia.
Da questa ipotesi la compagnia teatrale di Mestre "Fuoriposto" ha tratto una rappresentazione sceneggiata da Paola Brolati ed interpretata dalla Brolati stessa e da Augusto Charlie Gamba, col titolo: "Storia, romanzo, processi... e sposi promessi".