Magazine Poesie

Un lavoro su Salvo Basso

Da Narcyso

Questo mio testo è stato pubblicato in ARGO, annuario di poesia 2015 ; rappresenta un breve riassunto di un lavoro molto più ampio su Salvo Basso, ancora inedito. Si segnala l'uscita di una recentissima antologia di testi Scriviriscriviri, Interlinea 2014, curata da Renato Pennisi e con una presentazione di Giovanni Tesio.

Un lavoro su Salvo Basso

Dimensione sociale e privata nella poetica di Salvo Basso

Questa lingua del prima, pensata, più che parlata, è un dialetto "stenografato", e quindi semplificato nelle sue componenti sonore e ritmiche. Lingua parlata in testa, utilizzata, cioè, nel suo aspetto immediato di "phonè , proponendosi, dunque, come antiletteraria. Si legga una dichiarazione di Renato Pennisi: "Il suo dialetto siciliano è il mezzo espressivo dei nostri giorni, che nulla ha a vedere con il passato, con l'arcadia, con le civiltà contadine morenti".

Salvatore Paolo Garufi immagina, dunque, Salvo Basso come il "maestro di una possibile e rinnovata avanguardia" fautore di "un colpo di Stato sull'ambiente", adottando "una scrittura per niente rispettosa, né delle pretese regole ortografiche, né della stessa separazione delle parole all'interno della frase. [...] La geografia di Salvo Basso è psichica e la poesia nasce da quella geografia".

Giuseppe Cavarra sottolinea il rapporto della poesia bassiana con un nichilismo di fondo, seppure tutto proteso all'apertura, al progetto; quindi attraverso l'ausilio di un dubbio continuo, capace di mettere in discussione le acquisizioni e i traguardi, persino la propria stessa scrittura e idea sulla scrittura: (nun funziona. Mi pareva all'inizziu l'idea bbona, ma, accussì, subbracarta, nunn'é cosa. Forsi a mo parola preferita stu continuu sapiri ca nun sacciu. Stu ddubbiu ca stringi u fogghiu. A penna, ca camina mbriaca).

Forse il dato più interessante, mi sembra, sia la rilevanza di un poesia pensando a contesti non esclusivamente letterari ma a una contaminazione cercata dentro un mix di dialetto e cultura: una sorta di laboratorio a cielo aperto che configura il testo come una fenice risorgente dai suoi stessi errori e che con gli stessi problemi si ripropone: "La poesia, quando è / vera, dopo essere stata / letta, deve lasciare / sempre qualche dubbio".

Da una parte, quindi, il dialetto si pone in rapporto col presente e prova a raccontarlo, a inciderlo; dall'altra, immerso nella sua stessa morte cosmica, si fa traccia cronologica della resistenza della voce, della sua vocazione a durare. "Iu e ddì / Ddialetti. // Nun capisciu / Mancu chiddu /Miu - ccussì / Mi pensu / Macari / In italianu"; (Io e quei / dialetti. // Non capisco / neanche quello / mio - così / mi penso / pure / in italiano)

E ancora, con maggiore chiarezza programmatica: "Parlo in una lingua dimenticata. Forse io stesso l'ho imparata e dimenticata. Il dialetto, quel dialetto, non è il mio destino. E' un momento letterario, come altri, per me. [...] Una neolingua, sgrammaticata, eccessivamente contaminata, irreferenziata se non nella mia mente/esperienza".

ambient/azione significa più cose:

ambiente; azione; ambiente e azione;

l'azione dell'ambiente; l'azione

sull'ambiente (ambientazione); significa

uno sguardo intorno, non genericamente

monolitico e asettico ma pluridimensionale;

uno sguardo alla realtà e all'immaginario

, dunque, è affermazione ambigua che può attestare, sia un lavorio, la ricerca della propria lingua letteraria, (scrivere contro natura, e quindi contro la lingua della tradizione), ma anche una cesura, se non addirittura una censura ( , in dialetto, può anche voler dire aver detto qualcosa in più, che ha provocato, o che potrebbe provocare, una reazione emotiva nell'ascoltatore).

Sebastiano Aglieco

NOTE:


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines