“Bisogna gettare il discredito sul danaro, scriveva Simone Weil. Questo momento storico è propizio per farlo. Abbiamo l’opportunità di toccare con mano la stupidità del denaro, del suo immaginario, delle sue menzogne. E, per converso, di riscoprire il mondo nella sua verità, nella sua poesia, ovvero nel suo senso più profondo. Di riscoprire la condivisione”. (Marco Rovelli)
L’illusione degli ultimi anni è stata quella di avere un accesso illimitato al credito. E di poterci permettere, grazie all’accesso al credito, qualsiasi cosa: gite fuori porta e vestiti sempre nuovi, iPhone e happy hour, centri benessere e vacanze sugli sci. Così ci siamo abituati a stare bene solo quando spendiamo: in quel momento di fronte a noi sono aperte tutte le possibilità e ci sembra di avere un potere – grande o piccolo, non importa – nelle nostre mani.
Ma da quando è cominciata la crisi le cose non stanno più così.
Di colpo le nostre giornate si sono svuotate, perché il problema adesso è guadagnare abbastanza per le spese fondamentali, non ci è più possibile scialacquare nel superfluo. Così ci sentiamo disorientati. Così non sappiamo più bene come essere felici, perché non ci ricordiamo dove sta di casa una felicità che non sia infettata dal consumismo.
Occorre quindi imparare a essere poveri senza essere miseri. Ad allontanare da sé la vergogna per una situazione che non è una colpa, e sapere che anche dentro i confini di questa situazione ci può essere benessere psicologico e felicità. Ce lo spiega bene Andrea Pomella, con capacità di analisi e grande preparazione, in un percorso che si fa forte di modelli culturali anche molto distanti tra loro per origine, ma tutti accomunati da elementi di cui far tesoro.
Perché vale la pena di leggere 10 modi per imparare a essere poveri ma felici? Perché è un libro che permette di capire le tensioni e le frustrazioni del nostro tempo. Però, per una volta, lo fa partendo da noi e non dalla politica o dall’economia o dalle statistiche.
Perché non si tratta di un libro di parte – “cattolico” o “comunista” o “pauperista” o altro – e quindi non predica una vita in povertà fine a se stessa. Al contrario, si tratta di un libro per tutti, in cui si esprime il desiderio di superare la povertà, salvaguardando i propri desideri su un altro piano. Perché ci viene incontro, con una lingua bella e limpida, con immagini comprensibili e immediate. E tuttavia non svilisce i concetti che ci porge.