Un libro è un libro ma… sarà vero?
È partita nei giorni scorsi l’iniziativa social “Un libro è un libro” promossa dall’associazione italiana editori per promuovere l’equiparazione dell’IVA sugli ebook. Il successo mediatico che ne è conseguito è stato tale che ha portato #unlibroeunlibro nell’arco di mezza giornata alla mobilizzazione in rete di oltre 10.000 persone tra editori, autori e lettori che hanno aderito alla campagna con post, foto e video.
Ma perché tanta bufera?
Forse non tutti sanno che in Italia i libri godono di aliquota speciale al 4% mentre gli ebook sono sempre stati rilasciati a un IVA del 20% portata poi al 22% in quest’ultimo anno. Questo secondo il Ministero delle Finanze è dovuto al fatto che “la trasmissione delle informazioni per via telematica non è collocabile tra i prodotti editoriali in quanto è priva dell’elemento oggettivo caratterizzante l’attività editoriale, consistente, allo stato attuale della normativa, nella diffusione di notizie, informazioni, idee, etc., tramite supporto cartaceo” e quindi “deve essere escluso che siano considerati prodotti editoriali beni merceologicamente diversi”.Ancora più bella fu la risposta data dall’Agenzia delle Entrate nel 2003 quando una società che commercializzava circolari cartacee di un associazione bancaria italiana decise di offrire lo stesso servizio anche in via telematica e chiese di poter godere di agevolazioni. La risposta fu: “le suddette agevolazioni riguardano cessioni di beni editoriali, caratterizzati da una fruizione materiale, in quanto acquisiti attraverso i canali tradizionali di diffusione, quali il punto vendita (edicola), o la spedizione presso il domicilio dell’utente”.
Anche l’Unione Europea ci ha messo del suo. Alla fine di una corroborante trafila di direttive nel 2009 ancora per gli ebook l’equiparazione a libro era un miraggio lontano tanto da essere paragonato più simile ad un software o a un videogioco. Come se non bastasse i pochi stati membri che decisero di abbassare le aliquote di propria iniziativa furono vergognosamente multati. Ma ciò che sfiora il ridicolo è che mentre in America la vendita degli ebook è circa di ¼ del totale di libri venduti, in tutta l’Europa questa non passa il 2%.
E in Italia come la mettiamo?
Signori siamo onesti. Che l’Italia non sia un popolo di lettori è risaputo. Basta fare un giro nella pagina online dell’Istat e dell’istituto di ricerca Nielsen per capire che l’anno scorso solo il 43% degli italiani ha letto appena un libro. Dato guarda caso rigorosamente in calo rispetto ai 46% del 2012 e il 49% del 2011.
Con la scolarizzazione di massa degli anni 60 il numero di lettori è cresciuto esponenzialmente e ciò grazie anche ad un miglioramento delle condizioni di vita in generale. Ma adesso viviamo in un periodo difficile, di crisi, e il ridimensionamento del potere di acquisto del denaro, unito al cambiamento della qualità di vita ha portato ad un nuovo depauperamento della popolazione dei lettori e non solo. L’Italia è agli ultimi posti anche per quanto riguarda la formazione degli studenti riguardo alla media europea. In uno scenario simile quantomeno sarebbe di auspicio per uno stato abbassare i prezzi delle risorse editoriali in qualsiasi forma e invece sono gli stessi lettori che, stufi di essere alla mercè di politiche finanziarie di dubbi principi si mobilitano da soli.Ed ecco allora che ritorniamo all’importanza della campagna lanciata in rete e alla repentina diffusione dell’hashtag #unlibroeunlibro su facebook, instagram e twitter. Perché basti pensare che in Italia nel 2013 gli e-reader acquistati sono stati 2,4 milioni (+34,2%), i tablet 6,3 milioni (+65,7%) e gli smartphone 26,2 milioni (+43%) e ad essere in crescita è anche il tempo che gli italiani passano in loro compagnia. E se questo trend sta salendo bisogna incentivarne la crescita e non troncargli le gambe come invece siamo ben tristemente troppo capaci a fare.