COSA SI FA CON UN LIBRO? #Scatolalilla edition – Milano
Alberto Ibba ed Eugenia Dubini
Si è svolto il 14 gennaio il terzo incontro di Cosa si fa con un libro? #scatolalilla edition, ospitato come sempre nella libreria Il mio libro di Cristina di Canio. Questa volta abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con l’editore milanese NN Editore, che quest’anno ha pubblicato autori importanti come Kent Haruf e ha fatto conoscere al pubblico italiano scrittori come Jenny Offill (qui la nostra recensione) e David James Poissant (qui la nostra recensione). Lasciamo quindi la parola a Eugenia Dubini e Alberto Ibba, tra i fondatori di NN.
VdS – Cominciamo dall’inizio della vostra storia: com’è iniziata NN editore?
Eugenia Dubini – Io e Alberto ci conosciamo da tantissimi anni, e diverse volte abbiamo pensato di creare una casa editrice insieme. Ci siamo conosciuti negli anni Novanta, quando lavoravamo alla Rivisteria di Bea Marin, mensile dedicato all’editoria e ai libri. C’era anche Edoardo Caizzi, che si occupa con noi oggi della produzione. Nella nostra squadra c’è anche Gaia Mazzolini, che aveva lavorato con me al Sole24Ore e con Alberto nell’agenzia letteraria che aveva creato dopo l’esperienza di Verdenero.
Alberto Ibba – Io venivo dall’esperienza di Verdenero, che per un periodo pensammo di trasformare in casa editrice. Poi ho creato un’agenzia letteraria (non mi sono fatto mancare nulla, insomma). Nel settembre 2013 però ci è sembrato ci fossero le condizioni giuste per creare la nostra casa editrice: i momenti di crisi offrono sempre nuove possibilità a chi ha delle idee, perché gli scenari cambiano. Siamo partiti ufficialmente nel 2014, e i primi libri sono usciti nel 2015. Non abbiamo fatto le cose di fretta, anzi, per un anno abbiamo letto e ci siamo confrontati tanto.
VdS – Siete una delle case editrici più attive online e offline, tra le più attente a una corretta e proficua gestione del rapporto con i vostri lettori. Potete dirci qualcosa in più a riguardo?
Alberto Ibba – Quello a cui abbiamo sempre tenuto è il rapporto con il lettore: un rapporto di trasparenza e accoglienza che mi ricorda quello delle cucine nei ristoranti: una volta erano un luogo da tenere nascosto, oggi invece si apprezza una cucina “a vista”, dove il cliente può ammirare il processo della creazione delle pietanze. Sia il nostro sito sia la nostra comunicazione online sono costruiti con quest’ottica. Vogliamo far sentire il lettore partecipe, senza mai prenderlo in giro. Per esempio, alla fiera di Torino abbiamo promosso il libro di Claire North incoraggiando i lettori a lasciare dei bigliettini per i sé stessi del futuro, premiando poi il più originale. Questo ovviamente ha portato più visite sia al sito sia ai canali social, oggi curati da Luca Pantarotto. Stesso discorso per il diario di Auro Ponchielli scritto da Alessandro Pozzetti, o la storia di Gemma, portata avanti dalla sua autrice Stefania Divertito.
Eugenia Dubini – Ci succedono cose, lavorando coi libri, che contribuiscono alla vitalità degli stessi: per questo abbiamo scelto di pubblicare, per ogni titolo, anche il carteggio avvenuto tra me e il traduttore, o tra noi e l’autore, o il revisore. Anche l’idea del songbook fornisce un accesso in più al contenuto del libro, in un’ottica di assonanza tra consumi culturali. Nella stessa direzione vanno i nostri “bugiardini”, come li ha soprannominati una nota agente letteraria, una sorta di indicazione di lettore-tipo che pubblichiamo in quarta di copertina: “questo libro è per chi…”.
Anna Castellari
VdS – I vostri primi due titoli sono stati Benedizione di Kent Haruf e Sembrava una felicità di Jenny Offill. Come avete deciso che erano proprio questi i libri perfetti con cui iniziare quest’avventura editoriale?
Eugenia Dubini – Ho sempre letto i libri selezionati nei premi, e Benedizione era stato selezionato nella cinquina al Folio prize, che premia di solito libri molto belli. Ho subito contattato l’agente prima di partire per la fiera di Londra. Cercavamo testi sulla ricerca di identità nel contemporaneo, con una prima declinazione sui ruoli della vita quotidiana, su come le persone vestono con un po’ di fatica questi ruoli; testi che parlassero di identità, di senso di comunità: insomma, tutto questo e molto altro c’è in Haruf. A Londra, e chiunque ci sia stato sa di cosa parlo, siamo stati inondati di parole, un livello sonoro incredibile: ma leggevo Haruf prima di addormentarmi e attorno a me scompariva tutto il resto, e tornava il silenzio. Ci ha convinti subito. Abbiamo poi discusso anche con l’autore, recentemente scomparso, su come farlo uscire, perché in Italia era già uscito il primo di questa trilogia “slegata”, Benedizione era il terzo volume, che però abbiamo pubblicato per primo [il secondo, Canto della pianura, è uscito a novembre, mentre Crepuscolo uscirà a metà 2016].
Con la Offill è stato più semplice perché era recensita benissimo, Sembrava una felicità era stato eletto libro dell’anno in tanti Paesi e si inseriva perfettamente nel discorso che stavamo mettendo in piedi, trattando in modo originali temi quali l’identità femminile, le relazioni, la maternità. È costruito come un mosaico, come un puzzle che ti si compone davanti agli occhi. Abbiamo ricevuto una lettura bellissima di Gioia Guerzoni, traduttrice che lavorava con Teju Cole e che ci ha scritto una scheda di lettura meravigliosa con immagini, musiche e un voto che lasciava pochi dubbi: 10, un romanzo straordinario.
VdS – Il progetto della serie ViceVersa si è rivelato vincente presso critica e pubblico, visto il successo di libri come La resistenza del maschio di Elisabetta Bucciarelli e Panorama di Tommaso Pincio, che ha portato a casa il premio Sinbad. Potete raccontarci qualcosa in più?
Alberto Ibba – Già all’epoca di Verdenero c’era il progetto di chiamare a raccolta degli autori perché ragionassero su tematiche legate all’ecomafia in chiave narrativa. Quando abbiamo messo in piedi NN il concetto è stato simile, ma l’idea si è evoluta: si è deciso di mettere al centro il ruolo dello scrittore. Avendo favorito l’orizzontalità di relazioni e commistione di ruoli, non volevamo dare loro un compitino da svolgere, ma volevamo coinvolgere attivamente gli autori in una nostra riflessione. La serie è nata chiacchierando su cosa potesse interessarci in un dibattito legato alla contemporaneità e all’identità. La scelta è caduta sul tema dei vizi e delle virtù, perché quando c’è confusione i classici punti di riferimento bene/male cambiano. Tutto questo però non viene sviluppato in chiave didascalica, infatti leggendo i romanzi della serie ViceVersa non ci si accorge necessariamente che si parla di vizi e virtù. Abbiamo individuato Gian Luca Favetto come interlocutore ideale, e insieme abbiamo pensato agli scrittori da coinvolgere.
Elena Refraschini
VdS – Questa volontà di trasparenza e di rapporto diretto con i lettori si traduce anche in un proficuo rapporto con le librerie. In questo anno di attività avete portato avanti diverse iniziative in questo senso, penso per esempio al tuo viaggio che ha toccato diverse librerie indipendenti lungo la penisola.
Alberto Ibba – Secondo me la crisi ha creato un soggetto libraio diverso, e ho voluto toccare questa cosa con mano andando di persona a conoscere i librai indipendenti dopo la nascita di NN. I librai che stanno aprendo queste librerie sono proprio il lettore a cui pensavamo: sono persone di cultura che non solo leggono, ma sono aggiornati sui serial, sanno cosa c’è a teatro, o danno consigli musicali. Questo è un ruolo che sta facendo crescere la cultura in Italia.
Eugenia Dubini – Tante volte andiamo nei gruppi di lettura. Elisabetta Bucciarelli è presentissima sui social ed è sempre felice di portare in giro, come lo chiama lei, “il suo maschio” (La resistenza del maschio). Durante una bellissima presentazione organizzata di recente alla libreria Verso, le persone erano fisicamente lì ma poi le domande e il dibattito si sono allargati in luoghi virtuali come facebook, twitter e periscope. È sempre presenza, che sia reale o virtuale importa poco.
VdS – Un’ultima domanda: potete darci qualche anticipazione sulle prossime uscite?
Eugenia Dubini – Il 18 febbraio uscirà I gatti non hanno nome di Rita Indiana, tradotto dalla storica traduttrice di letteratura ispanoamericana Vittoria Martinetto. Lo stesso giorno troverete in libreria anche Maestro Utrecht di Davide Longo, penultimo libro della serie ViceVersa. In futuro, uscirà Giacomo Sartori con Sagittarius A, e pubblicheremo i racconti inediti di Antonio Franchini. Verso la fine dell’anno verrà pubblicato anche l’ultimo di Kent Haruf, Le nostre anime di notte, una storia d’amore tra un uomo e una donna di settant’anni. Ne verrà tratto un film prodotto da Netflix e Robert Redford, che reciterà accanto a Jane Fonda.
Si conclude così la nostra serata dedicata a NN. Ringraziamo Eugenia e Alberto, il pubblico che ha partecipato con domande interessanti e, come sempre, Cristina Di Canio per l’ospitalità e per le belle foto. Alla prossima!
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