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Un libro si pubblica. La parola a Sandro Ferri, editore di e/o

Creato il 09 febbraio 2016 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

COSA SI FA CON UN LIBRO? Seconda edizione Roma 

di Emanuela D’Alessio e Rossella Gaudenzi

Le librerie chiudono, il governo propone vincoli alla destinazioni d’uso delle librerie storiche o emendamenti per abolire i limiti agli sconti imposti dalla legge Levi. Negli ultimi quattro anni hanno chiuso una cinquantina di librerie solo a Roma, l’ultima in ordine di tempo è quella dell’editore Fanucci.
Di che cosa hanno bisogno i librai indipendenti in Italia? Serve o non serve la legge Levi? Perché non decolla un forte associazionismo tra i librai indipendenti?
È con queste domande che abbiamo avviato il secondo appuntamento di Cosa si fa con un libro, il 6 febbraio nella libreria romana Pagina 348, con l’editore di e/o Sandro Ferri.

Marco Guerra
Il libraio Marco Guerra ha le idee molto chiare.
«La Legge Levi è una sorta di medicina che non guarisce né fa morire il malato, bensì lo mantiene in uno stato di coma vigile. Nel nostro Paese nessuna norma pone freno alle percentuali di sconto sul libro, diversamente da quanto accade in Germania o in Francia. In Francia non è consentito applicare uno sconto superiore al 5% e parliamo di un paese in cui le librerie indipendenti sono numerose e godono di buona salute. Ritengo che l’associazionismo per le librerie indipendenti non funzioni soprattutto perché esistono realtà molto diverse tra loro. Ad esempio, una libreria che vive sulla caffetteria ha esigenze assai distanti da quelle di chi fattura molto con i testi scolastici, e così via».

Fondamentale il rapporto tra libraio ed editore
«Per una libreria indipendente è fondamentale il rapporto con l’editore. Tra i primi venti titoli venduti dalla nostra libreria, sei sono della casa editrice e/o. E non è un caso. Per i grandi editori la piccola realtà della libreria indipendente spesso è vista come molestatrice, abbiamo difficoltà a farci richiamare e persino ad avere risposte via e-mail. e/o invece si affida al proprio promotore che va di persona nelle librerie, instaura un rapporto con il libraio, e il risultato si vede. La scelta di e/o è coraggiosa perché in tempi di crisi la spesa del promotore è una delle prime a essere tagliata. Ma è come tagliare l’arteria che porta sangue a un organo: quello inevitabilmente muore».

Il coraggio di rischiare
Di scelte coraggiose Sandro Ferri sembra averne compiute molte negli oltre trent’anni di attività, da quando nel 1979 decise, insieme alla moglie Sandra Ozzola, di fondare e/o.
«Il nome e/o ha due significati. Significa sia est/ovest – nel 1979 esisteva ancora il muro di Berlino – e abbiamo concepito un catalogo di autori dell’Est europeo, sia e/oppure, volendo affiancare la congiunzione all’opposizione, quindi a un’alternativa. In trentasei anni abbiamo compiuto molti cambiamenti ma continuiamo, io e mia moglie, a fare gli editori e non abbiamo mai perduto la curiosità di leggere, senz’altro utile per questo mestiere».
Curiosità che li ha portati a esplorare le letterature di mezzo mondo, dall’Europa orientale all’Africa, dalla Francia all’Italia. «Ventitré anni fa abbiamo scoperto Elena Ferrante, scrittrice napoletana che è diventata un fenomeno planetario. Circa dieci anni fa abbiamo fondato una casa editrice negli Stati Uniti e anche questa è stata una scommessa vinta. Indubbiamente abbiamo avuto fortuna, ma è stato premiato anche il nostro coraggio di rischiare».

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Quando un libro può essere considerato “buono”
Il lavoro dell’editore deve animare, incoraggiare la comunità dei lettori, e questo lo si fa pubblicando libri buoni e sostenendo le librerie. Ma di buoni libri ce ne sono pochi, aveva detto Sandro Ferri nel suo I ferri dell’editore (e/o, 2011). Quand’è che un libro può essere considerato buono?
«Innanzitutto un buon libro deve essere ben fatto, il risultato di cura e attenzione, nella scelta della copertina, del tipo di carta, di come viene impaginato. Ma un buon libro è soprattutto quello che trova un suo pubblico. e/o ha dato pubblico, in Italia, ad autori come Christa Wolf – e al suo intramontabile Cassandra – e Bohumi Hrabal. Quando abbiamo iniziato con il noir i nostri lettori sono rimasti perplessi, ma proprio attraverso quei libri alcuni lettori hanno scoperto Jean-Claude Izzo e Massimo Carlotto e conseguentemente l’esistenza di buoni noir. Aggiungo gli americani Thomas Pynchon, J. C. Oats,  Alice Sebold e il suo Amabili resti. Il più grande successo della casa editrice è stato L’eleganza del riccio (Muriel Burbery, 2007): negli Stati Uniti ha venduto 800.000 copie, superato solo da Elena Ferrante con oltre un milione di copie».

Il self-publishing è una minaccia per l’editore?
La Penguin Random House, la più grande casa editrice al mondo, ha appena venduto il suo servizio di autopubblicazione a pagamento. In Italia c’è Streetlib, la più importante piattaforma digitale per l’autopubblicazione che ha chiuso il 2015 con un fatturato di oltre 4 milioni di euro. Il self-publishing, come suggerisce il fondatore di Streetlib Antonio Tombolini, va interpretato non in chiave antagonista con l’editore ma come stimolo per imparare un nuovo modo di fare editoria. Per Sandro Ferri, invece, il fenomeno dell’autopubblicazione non costituisce una minaccia né un esempio di editoria alternativa.
«Non temiamo il self-publishing. L’editore deve fare la selezione, che è del tutto assente nel self publishing, è proprio questa la differenza che fornisce all’editore la sua ragion d’essere».

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Il lavoro nella casa editrice
«e/o pubblica 50/60 titoli l’anno, grazie al lavoro di circa quindici persone, che non sono poche ma tutte necessarie. Si parte dal manoscritto, il prodotto grezzo, che va rivisto e viene lavorato attraverso l’editing a vario livello, per arrivare al prodotto finito. Il nostro ufficio stampa è composto da due persone, una a Roma e l’altra a Milano. Non tutti i libri riscuotono la stessa attenzione, per l’80% non c’è alcuna risposta. Quando invece si accende una lampadina inizia la trafila della promozione del libro. Un’altra persona si occupa esclusivamente del sito web e dei social (facebook, twitter). Comunque i libri non si vendono con i social o le recensioni sui giornali. Per quanto riguarda i premi letterari, in Italia a smuovere un po’ le acque quanto a vendite, sono lo Strega e il Campiello. La nostra è un’azienda (nel 2015 abbiamo fatturato circa 12 milioni di euro), che deve occuparsi di conti, bilanci, aspetti amministrativi. Capita anche di sbagliare. Faccio un esempio: l’ultimo libro di Carlotto, Per tutto l’oro del mondo, è uscito come strenna natalizia. Era già in distribuzione quando ci siamo accorti che mancava l’ultimo capitolo. Quarantamila copie, per il valore di circa 50.000 euro, sono state ritirate dal mercato e ristampate in fretta e furia, lavorando il sabato e la domenica anche di notte. Un editore deve saper fare anche questo».

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Il ruolo della distribuzione
«La distribuzione è fondamentale. e/o lavorava con PDE, grande distributore di molte piccole e medie case editrici, acquistato da Feltrinelli per contrastare la concorrenza di Messaggerie, ma alla fine è stato rivenduto proprio a Messaggerie. Siamo stati messi con le spalle al muro con nuove condizioni economiche. La nostra decisione è stata di dire no e di passare ad ALI, una distribuzione di minore».

Le grandi trasfromazioni del mercato editoriale italiano
Negli ultimi mesi stiamo assistendo a grandi sommovimenti nel mondo editoriale italiano. Si è concretizzata la fusione di Mondadori e Rizzoli, Adelphi si è staccata dal nuovo colosso, è stata fondata la casa editrice La nave di Teseo. Grande è meglio di piccolo? Sembrerebbe di sì, ma anche di no, visti i dati del 2015 che risultano meno negativi proprio per la piccola e media editoria. e/o tanto piccola non lo è più, se consideriamo i dati di fatturato. Ma Sandro Ferri non nasconde la sua preoccupazione.
«Una minaccia oggettiva c’è. Mondadori possiede sul territorio italiano circa 5000 librerie, indubbiamente un’ampia fetta di mercato. Il problema si estende anche agli scrittori, che prima  avevano due grandi marchi cui bussare e adesso ci pensano bene prima di tentare con i piccoli editori. Insomma, una certa preoccupazione c’è. Staremo a vedere».

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Le prossime uscite di e/o
Nei prossimi mesi usciranno un giallo del francese Michel Bussi, una sorta di mémoire di E.E.Schmit su un’esperienza di viaggio nel Sahara. Dopo l’estate ci sarà il nuovo libro di Fabio Bartolomei, autore del fortunato Giulia 1300 e altri miracoli, e uno di Marco Rossari. E poi vari esordienti. «Pubblichiamo circa dieci esordienti italiani l’anno, ma solo uno su dieci funziona».

Cosa legge Sandro Ferri
L’incontro si conclude con la consueta domanda sulle letture sul comodino di Sandro Ferri.
«Ad eccezione dei libri in lavorazione, purtroppo c’è poco sul mio comodino. Qualche classico, per mantenere alto il livello letterario. Qualche saggio, perché mi piace la saggistica, qualche graphic novel e talvolta i successi di altre casi editrici. Devo ammettere che mia moglie è più brava di me nel dedicarsi alle “letture altre”».

Ringraziamo Sandro Ferri per la sua gentile disponibilità e ci rivediamo il 12 marzo, alla libreria Risvolti, per l’incontro con Massimiliano Borelli, redattore di L’Orma editore.

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