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Un libro si pubblica. La parola all’editore Ponte33 (2)

Creato il 11 aprile 2015 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

locandina_9apr_webCOSA SI FA CON UN LIBRO?

di Rossella Gaudenzi

Molto interessante il quinto appuntamento di Cosa si fa con un libro?, giovedì 9 aprile nella sede di Altrevie, con Bianca Maria Filippini, docente di letteratura persiana  e fondatrice con Felicetta Ferraro della casa editrice Ponte33, piccola realtà editoriale dedicata alla narrativa in lingua persiana.

«L’Iran è un paese dipinto da sempre in bianco e nero, colmo di grandi contrasti. Ma non è così, perché è una terra multiforme, variegata, ricca di sfumature. Nel mondo occidentale sono conosciuti gli autori iraniani della diaspora, quelli che sono andati via dall’Iran e dall’esterno hanno scritto memoriali, hanno semplificato la realtà e creato una dicotomia, dividendo il mondo in “buoni e cattivi”».
La  scelta di Ponte33 è stata quella, invece, di dare voce agli iraniani che vivono in Iran, svelando altro dietro gli stereotipi e sotto il chador, per raccontare un Iran sconosciuto e più occidentalizzato di quanto si immagini. Un paese in fermento dal punto di vista culturale, dove non esiste in pratica analfabetismo, dove le università sono frequentate da un numero elevato di donne. A Tehran ci sono 12 chilometri di librerie, un vero e proprio paradiso per gli appassionati, con un’offerta vastissima e un elevato  numero di pubblicazioni.

Il settore editoriale in Iran è molto attivo, nel 2012 sono stati pubblicati 60.000 titoli, anche se si tratta in molti casi di ristampe. Ma oltre ad autori iraniani, che sono tanti e sopratutto donne, ci sono molti autori occidentali tradotti. In Iran non c’è, infatti, una regolamentazione dei diritti di autore, con la conseguente possibilità di traduzione libera. «Ma noi consultiamo sempre gli editori e siamo stati in pratica i primi a porci il problema» ha evidenziato Bianca Maria Filippini.

Bianca Maria Filippini

Bianca Maria Filippini

Qual è il compito di un editore? Per la Filippini è la scelta del libro, innanzitutto. «Talvolta dettata da fattori più o meno casuali: ad esempio la prima pubblicazione di Ponte33 nel 2009, Come un uccello in volo di Fariba Vafi (che ha venduto 2000 copie), è stata scelta grazie al suggerimento di un’amica traduttrice iraniana, figura che fungeva da “ponte” tra Iran e Italia». E lo stesso nome della casa editrice vuole essere un’interpretazione di questo ruolo. «Il nome Ponte33 fa riferimento al persiano Si-o-se pol, ponte molto particolare della città Isfahan dalle trentatré arcate sotto le quali si riuniscono soprattutto giovani per chiacchierano, cantare, leggere. È un luogo dove trascorrere ore serene come tanti altri posti; l’Iran è un paese ben più vivace di quanto l’immaginario comune possa pensare, molto meno cupo di come sia normalmente percepito da fuori».

«Dal 2010 a oggi abbiamo pubblicato sette libri, e non avendo una vera e propria programmazione editoriale lo consideriamo un successo. Io e Felicetta ci occupiamo di tutto, dalla scelta dei libri, alla traduzione (anche se attualmente usufruiamo della collaborazione di traduttori esterni), alla revisione fino alla distribuzione. Andiamo direttamente nelle librerie, dopo aver creato un rapporto diretto con i librai. Fortunatamente godiamo dell’attenzione della stampa e questo ci apre molte porte».

Come è presente Ponte33 nelle librerie? «Una presenza tutto sommato soddisfacente, tenendo conto che si fonda sul “porta a porta”. A Roma abbiamo ottimi rapporti, ad esempio con le librerie Arcadia, Altroquando, Minimum fax, Fanucci. Purtroppo nel sud Italia, a parte casi isolati a Napoli, Lecce, in Sicilia, i librai risultano decisamente più reticenti. Il nord-est, soprattutto in Veneto e in Friuli, si è rivelato particolarmente ricettivo. Paradossalmente Firenze, sebbene sia la nostra vera terra di origine, dove vive e opera Felicetta e dove è nata la casa editrice, appare più “sonnecchiosa”. Con le librerie di catena, invece, i rapporti sono discontinui e sinceramente incomprensibili».

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Che cosa significa tradurre dal persiano? «Il persiano è una lingua indoeuropea con alfabeto arabo. Le difficoltà maggiori che si incontrano nella traduzione sono di tipo paratattico: molte coordinate e poche subordinate, il che comporta un grande lavoro per non rendere la lingua sciatta e fredda. Esistono due registri, lo scritto e il parlato, quindi lingua letteraria e non. Alcuni romanzi contemporanei trascrivono il registro parlato. Il nostro ultimo romanzo pubblicato, Non ti preoccupare di Mahsa Mohebali, ha richiesto uno slang giovanile, quindi un duro lavoro per il traduttore G. Longhi. In Italia, in realtà, siamo noi gli unici traduttori dal persiano».

Che cosa sta leggendo Bianca Maria Filippini? Sul suo comodino ci sono Il cardellino di Donna Tartt (Rizzoli, 2014), definito un po’ ostico; L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks (Adelphi, 2001); I demoni del deserto, dello scrittore e giornalista di origini iraniane, ma da considerare rigorosamente italiano, Bijan Zarmandili (Nottetempo, 2011).

Il ciclo di incontri Cosa si fa con un libro? si concluderà giovedì 7 maggio con lo scrittore Paolo Di Paolo e l’editore Giulio Perrone nella veste di “lettore” con la sua esperienza della scuola di lettura Orlando.


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