I bambini sono belli e cari, per secoli abbiamo regalato loro libri zuccherosi, quando non stucchevoli, certi che un lieto fine al sapore di miele li avrebbe rassicurati e bendisposti.
Ma non c’è storia: quando in un albo un racconto divertente si sposa con una punta di arguta cattiveria, una vena sorniona e beffarda che fa l’occhiolino e spiazza, bhe, i piccoli lettori se la spassano molto di più.
E ammettiamolo, ci piace di più anche a noi.
Comincio subito, stavolta, nel precisare ciò che secondo me il libro “Un lupetto ben educato” di Jean Leroy e Matthieu Maudet, edito da Babalibri, non è.
Non è una storia per insegnare ai bambini a comportarsi bene.
Non è un racconto per insinuare una morale.
Non è un albo dalla parte degli adulti.
Può essere però un libro per suggerire, sorridendo molto, senza prendersi troppo sul serio e concedendosi perfino il gusto di una sana dose di malvagità, un pensiero sulla rettitudine. Che magari, alla fine, forse paga, chissà…
Ma niente di noioso e bacchettone! Gli autori hanno confezionato una storia che riesce in una delle imprese più difficili della letteratura per l’infanzia: adottare l’ottica del piccolo lettore, sposare il suo senso dell’ironia e della giustizia, incontrarlo in ciò che lo diverte.
E se alla fine rivincita deve essere, se la conclusione deve punire qualcuno e rendere vittoria a qualcun altro, insomma per una volta può anche toccare al tanto vituperato lupo di prendersi le sue soddisfazioni!
C’è un lupetto ben istruito dai genitori alle buone maniere, che se ne va per la prima a volta a caccia nel bosco da solo. Ben vestito, piccoletto, pulito e carino, parrebbe non poter fare male a una mosca.
Invece è affamato e quando gli si palesa davanti una lepre non gli par vero di catturarla agilmente nel suo lungo retino (che, diciamolo, ci sembrerebbe più adatto per le collezioni di farfalle)
Vorrebbe farne un sol boccone ma c’è quella annosa questione dell’ultimo desiderio, perché, si sa, un gentleman – umano o lupo che sia – non divora mai senza avere esaudito le ultime volontà della vittima.
La lepre, che sprovveduta non è, esprime un desiderio che costringe il lupetto ad allontanarsi, promettendo, ovviamente, di non muoversi dal luogo della cattura. Giura che, al ritorno, si farà pappare buona buona, perché tra gente di parola ci si intende.
Peccato. Al piccolo lupo tocca riprendere la caccia. Stavolta si imbatte in un succoso galletto.
Stessa storia: ultimo desiderio, allontanamento del lupetto e – puff! – preda sparita.
Che sconforto! Ma le buone maniere prima di tutto (con la rettitudine non c’è esperienza, né sollevamento di responsabilità, che tenga) e così quando il peloso predatore incappa in un bambino la trafila non può che ripetersi.
Il piccolo come ultimo desiderio vuole un bel disegno, fatto dal lupo s’intende.
E’ quasi mogio il nostro amico (avete visto? Abbiamo finito per parteggiare per lui!) quando torna verso il ceppo dove ha lasciato il piccolo prima di allontanarsi alla ricerca di fogli e colori. Se lo aspetta ormai: sarà fuggito anche lui.
Ma – stupore! – il bambino non si è mosso. D’altra parte anche a lui il papà e la mamma hanno insegnato le buone maniere e le promesse, è noto, si mantengono.
Sarà la fine per il probo e ingenuo ragazzino? Ma no! Ve l’ho anticipato che qui vincono gli onesti e la vendetta, si sa, per un buon pasto, è il miglior condimento…
Un albo frizzante e gustoso quasi nel senso quasi letterale del termine: ci si delizia delle figure, dello svolgersi del racconto e perfino del testo, curato e giocato fin nei dettagli.
Il divertimento risiede quindi nelle vignette, nella costruzione un po’ beffarda che permette al lettore di anticipare, nel capovolgimento del ruolo “buono-cattivo”, nel finale a sorpresa che spiazza, nel gusto della vendetta che sarà pure un sentimento poco corretto ma in un racconto, una volta tanto, possiamo pure concedercela.
Vorrei soffermarmi, in particolare, sull’aspetto del ribaltamento, perché trovo che in questo lavoro sia particolarmente originale. Siamo infatti abituati a libri nei quali un consueto cattivo si comporta da buono, o viceversa, giocando sull’effetto paradosso o su fraintendimento.
Qui, invece, il lupo mantiene il suo carattere di lupo, e quindi di cacciatore di bestiole più deboli, ma, allo stesso tempo, diventa in qualche modo il “giusto”, colui che deve essere riscattato, quello che ci fa più simpatia.
Togliendo a noi lettori qualche soddisfazione e permettendoci, a cuor leggero e allegro, di tifare per lui.
Una lettura, in fondo, parecchio liberatoria!
Le illustrazioni, come di solito capita nei lavori meglio riusciti, hanno un equilibrio talmente perfetto con il testo che ci si meraviglia che sia un libro a due mani.
Anch’esse sono semplici e dirette, divertenti, ironiche e vivaci, in una riuscita alternanza tra fumetto e parti testuali, aggiungendo svariate successioni di figure prive di parole ma chiare ed esplicite dal punto di vista della narrazione e del movimento.
(età consigliata: dai 4 anni)
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