Vi sembrerà strano il titolo del post, ma non lo è. Da stamattina ci siamo svegliati sapendo che Karol Woytyla, meglio conosciuto col suo nome di papa, Giovanni Paolo II, è diventato beato. Poi la giornata è proseguita con la solita festa del lavoro, come se tornare a casa dopo aver sudato alla catena di montaggio fosse una pasqua. Per di più, questa festa che è stata ripristinata dopo la caduta dell’odioso regime fascista, è diventata una vera e propria imposizione, e menomale che siamo un paese democratico. Il lavoro fino a poco tempo fa per i signori della sinistra, era un diritto. Adesso invece sembra essere diventato un autentico fardello. Roba da non credere, il lavoro dovrebbe avere una grande importanza per tutti, invece in nome di un fanatico egoismo diviene il male minore a cui sopravvivere. E tanto se a Roma o a Milano arrivano i turisti chisenefrega, in nome della dottrina del barbuto di Treviri, Karl Marx, l’uguaglianza diventa un obbligo. Se per uguaglianza si intende il becero conformismo con cui la sinistra soggioga i suoi elettori. Un conformismo che come abbiamo visto nelle scorse settimane, diventa il fuoco su cui soffiare per alimentare un anti politica violenta (ma di questo ne riparliamo domani. Per il momento tenete a mente la frase di cui sopra). Di che libertà vogliamo parlare se si obbliga un negoziante a chiudere la propria attività, il primo maggio? Di quali diritti dobbiamo cianciare se ogni volta l’economia che è ferma da mesi, viene forzatamente arrestata da chi detiene il potere? Con che diritto ci si sciaccqua la bocca con la parola “democrazia”, eppoi si costringono le persone ad andare in pensione a cinquantacinque anni anziché a sessanta, trasmormando la terza generazione, in bamboccioni artificiali, persone che incominciando a venticinque anni a lavorare, lasceranno il posto ad altri disgraziati che lavoreranno lo stesso tempo dei loro genitori, poi se gli va bene andranno anche loro a questa dannata festa, e camperanno con una pensione da fame spaparanzati davanti al televisore mentre il tempo gli scorre in fretta. Il lavoro è una cosa molto importante e questo i signori del primo maggio lo sanno bene. Specialmente i magna magna della CGIL, il più grande sindacato rosso che comanda gli altri due (CISL E UIL) e che ha più privilegi di qualsiasi sindacato, per loro obbligare un lavoratore a non lavorare in questa dannatissima data in cui bisognerebbe difendere tutti i lavoratori, significa avere una visibilità in più e prendersi i soldi. Smettiamola di fare finta di niente: Ragioniamo se sia più giusto lavorare per dare un futuro migliore a questo paese, o alzarsi chiedendo la pensione e rimpiangere i bei tempi andati. Facciamolo per i martiri che sono morti per cambiare o sarebbe meglio dire, tentare di cambiare questo paese. Perché dallo scandalo del banco di Roma, la politica è diventata una casta inacessibile a cui puoi accedere solo se ti chiami Giulio Andreotti o Renato Curcio, o Sergio D’elia, O Beppe Grillo. Se uno ha i soldi il potere se lo può comprare e se ha la faccia tosta può comprarsi anche la platea. Per rimediare a questo schifo, l’unica soluzione è quella di dare centralità al lavoro , e dire che il lavoro dovrebbe diventare una soddisfazione e non un fardello dal quale ci si libera dopo un quarto della propria vita. Ma per farlo occorre un pizzico di onestà, e incitare chi vuole andare a lavoro a lavorare per il popolo non solo per sé stesso. Altrimenti si può benissimo tirare a campare. Che poi è la cosa più logica se stai in Italia.
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