Un mio ricordo, una piccola tradizione.

Da Lafranci80 @francescapaiola
La mia infanzia l'ho vissuta in un paese alla periferia di Milano.
Ai piedi di nuove palazzine dove si facevano spazio infiniti campi di avena incolti, lasciati nudi come base per altri futuri palazzi. Un paese in crescita, insomma.
Qui, lungo le vie, potevi vedere la grigia brina seccata e ghiacciata dal freddo, ai bordi della strada dove cascavano morte le fronde delle sterpaglie in inverno e dove nebbia e neve si sfidano da fine ottobre agli inizi di aprile.
In città, come da tradizione, sotto il periodo di Natale si andava per la fiera degli Obei Obei a comperare trecce di castagne secche e vari dolciumi che si consumavano dopo pasto, sotto le feste.
Le lucine colorate penzolano a festoni e si vedono scintillare tra i balconi di Milano.
Il cielo sporco di nubi pesanti sembra schiacciare i tetti delle residenze signorili.
Le vetrine allestite di cose belle, buone e anche alla moda ti chiamano a spendere.
I tram appannati passano sempre meno dalle fermate e spesso tocca fare a piedi la strada del ritorno.
In casa mia, nel periodo invernale il bollito di carne inonda di buono la stanza da pranzo e il profumo della pietanza serpeggia dai fornelli attraversando la stessa cucina e il salotto, mischiandosi col profumo delle tende di lino pulite.
Prima della cucina e del salotto c'è una stanza sulla sinistra, appena dopo un corridoio piccolo piccolo e stretto stretto: era la camera da letto della nonna, dove sul suo lettone coperto da canovacci asciutti e tesi, tutti gli anni nascevano da mani esperte le tagliatelle fresche fatte in casa!
Io ricordo che le zie facevano la pasta fresca assieme alla nonna e che tutte magicamente, sotto Natale, avevano la pace infusa.
Le sentivo dalla poltrona della sala, ciarlare e ridere nell'altra stanza, quella sempre tenuta sottochiave da nonna in tutti gli altri giorni dell'anno.
Sembravano come giovani sorelle al lavatoio... mentre invece erano indaffarate nello stendere in grappoli le pallide tagliatelle sul lettone e a raccontarsi storie divertenti.
Però...
In quella stanza il tempo si fermava, pomeriggio dopo pomeriggio.
Si creava un' atmosfera che avvertivi come un ponte, un ponte che univa momenti presenti con altri passati; la tradizione di un gesto così semplice e genuino sembrava poter rinascere davanti ai miei occhi, dal mio davanzale a bordo letto vedevo tutto: i sorrisi degli altri espandersi erano la cosa più bella.
Nell'aria, assieme al profumo della pasta e della nuova farina spolverata a velo si mischiava un odore antico di legno dalle vene color prugna e bluastre, a loro si univano il vociare delle zie e il ridere della nonna. Tutte tornavano giovani.
La sera di nascosto entravo senza accendere luce, ma lo stesso indovinavo nel buio i mobili stanchi scricchiolare e li sentivo chiacchierare come le tre signore di casa nei pomeriggi d'inverno.
Era prezioso quel silenzio.
Quell'atmosfera così intensa lasciava galleggiare impalpabile il sapore della memoria, di una memoria che tornava a vivere felice per tutta la casa, tutti gli anni.

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