Interazione dell’onda d’urto della supernova 1987a con il mezzo circumstellare disomogeneo. La figura mostra la distribuzione spaziale della densità di particelle del plasma investito dall’onda d’urto elaborata dal modello teorico a 28 anni dall’esplosione
E’ la supernova del 20° secolo più famosa e più studiata dagli astrofisici di tutto il mondo. Da quando per la prima volta la sua luce è stata captata qui sul nostro pianeta, il 23 febbraio del 1987, tutti i maggiori telescopi, da terra e dallo spazio, e praticamente in tutte le bande di radiazione, hanno dedicato almeno un po’ del loro tempo osservativo per raccogliere quanti più dati possibili su questa immane esplosione cosmica. Qual è il motivo di un tale interesse? Perché SN 1987a – questa la sua sigla – è stato il più prossimo evento di supernova osservato negli ultimi quattrocento anni o giù di lì. La sua relativa vicinanza a noi – circa 160.000 anni luce, all’interno della Grande Nube di Magellano – fa di SN 1987a il migliore laboratorio oggi disponibile per indagare questo tipo di fenomeni così complessi. Anche ora che la stella progenitrice è esplosa da quasi trent’anni e ha perso la sua luminosità iniziale, lasciando attorno a sé un gigantesco guscio di gas e polveri che si sta espandendo a grandissima velocità: quello che gli astronomi chiamano il suo ‘resto’. E proprio il residuo dell’esplosione di SN 1987a è stato oggetto dello studio di un team di ricercatori INAF e dell’Università di Palermo, guidati da Salvatore Orlando, astronomo dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo. Il team è riuscito a ricostruire con grande dettaglio e precisione l’evoluzione della supernova, dal momento in cui l’onda d’urto dell’esplosione partita dal nucleo raggiunge la superficie della stella fino ai giorni nostri, sfruttando un accurato modello teorico che descrive il comportamento della supernova subito dopo l’esplosione e la successiva espansione tridimensionale dei suoi resti proiettati nello spazio.
«Il nostro studio ha dimostrato che il modello fisico sviluppato è in grado di riprodurre sia gli osservabili della supernova – ovvero i parametri che possono essere dedotti anche dalle osservazioni – nei primi 250 giorni dall’inizio del fenomeno, sia gli osservabili del resto di supernova nei successivi 28 anni, legando quindi l’evoluzione del resto di supernova alle proprietà della sua progenitrice» spiega Orlando, che è il Principal Investigator del progetto dedicato allo studio del legame tra resti di supernovae e le loro supernovae progenitrici recentemente finanziato con un bando PRIN (Programmi di Ricerca di Interesse Nazionale) INAF, grazie al quale è stato condotto questo studio, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal. «Dal confronto del modello con le osservazioni è stato possibile vincolare l’energia dell’esplosione e la massa espulsa nell’evento, compresa tra 15 e 17 masse solari. Questi e altri dati generati nelle lunghe simulazioni ci hanno permesso di ottenere informazioni preziose per ricostruire le fasi finali dell’evoluzione della stella. Per noi il modello e’ la chiave per decifrare l’emissione di SN 1987a che può diventare “la stele di Rosetta” delle supernovae di tipo II».
Un risultato notevole quello raggiunto: per la prima volta si è riusciti a ricostruire con un singolo modello le complesse fasi immediatamente successive all’esplosione della supernova e l’evoluzione delle proprietà morfologiche del resto di supernova. Compito non certo facile, in quanto le scale di tempo e di spazio legate a queste due fasi dell’evoluzione sono profondamente diverse tra loro. «L’evoluzione post-esplosiva di una supernova avviene su tempi dell’ordine di pochi mesi, coinvolgendo regioni di spazio confrontabili con quelle di un sistema planetario» spiega Orlando. «Un resto di supernova invece si sviluppa su un tempo scala che va da decine a migliaia di anni e la sua estensione può raggiungere alcune decine di anni luce».
Per ricostruire al meglio l’evento i ricercatori hanno fatto moltissime prove variando di volta in volta alcuni parametri del loro modello, per trovare la configurazione in grado di riprodurre le osservazioni. In questo è stato determinante l’utilizzo di supercomputer con migliaia di processori come MareNostrum del Barcelona Supercomputing Center in Spagna e FERMI del CINECA in Italia, che partecipano al progetto PRACE (Partnership for Advanced Computing in Europe). «Questi supercalcolatori ci hanno permesso di realizzare ben 70 differenti simulazioni, consentendoci ogni volta di affinare le predizioni del modello che, visti i risultati, si è rivelato un potente strumento di indagine della struttura di SN 1987A e ci ha restituito una dettagliata chiave di interpretazione delle osservazioni» conclude Orlando. «Abbiamo esteso le simulazioni sino al 2028 per cui siamo impazienti di vedere all’opera ATHENA, la prossima missione ESA dedicata allo studio dell’Universo nelle alte energie, che con la sua strumentazione di avanguardia potrà osservare con grande dettaglio anche i resti di SN 1987a e confrontarli con i dati forniti dal nostro modello!»
Per saperne di più:
- l’articolo Supernova 1987a: a Template to Link Supernovae to their Remnants di Salvatore Orlando, Marco Miceli, Maria Letizia Pumo e Fabrizio Bocchino pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani