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Un momento ludico quasi magico

Creato il 22 giugno 2014 da Thoth @thoth14

DONNE AL BALCONE

Adoro le donne

al balcone che stendono

panni – capelli dissolti

alle carezze del giorno, soave

incuria di vesti, durezza

lucida di polsi e gioco

svelto delle dita a eludere

i dispetti del vento fra

umidi grovigli di stoffe

ribelli – ostinate forse

ancora ad eccitare da sordi

fili d’arpa la musica

residua del cosmo.

Paolo Mazzocchini

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Il buio e la luce. La luce e il buio. Il deserto di sabbia e la distesa di ghiaccio. Il ghiaccio e la lava. La lava e la terra. La terra e l’acqua. L’alba e il tramonto. L’inizio e la fine. Un candore che abbaglia. Un attimo che travolge. La parola che crea, plasma, dona forma, fluisce e rifluisce. Trasforma e si trasforma come energia allo stato puro che ha sconfitto la materia. L’inverno racchiude in sè l’estate. L’estate al culmine del suo splendore prelude già l’inverno.

ZERO TERMICO è il titolo della silloge poetica di Paolo Mazzocchini. Titolo che può apparire curioso o strano, più vicino al campo scientifico che a quello letterario, forse profondo come uno specchio d’acqua cristallino, pieno al suo interno di rimandi, di segni, di dimensioni oltre la logica comune. Dell’intera raccolta di poesie, una scelta immediata ma non scontata, non dettata dal caso o dalla fretta ma forse da una prima lettura di coinvolgimento, cade su DONNE AL BALCONE poesia dosata nei suoi elementi, in equilibrio stabile sul ciglio del mondo in mutamento. La visione delle donne al balcone che stendono il bucato colpisce intensamente Paolo Mazzocchini. Una serie di immagini, veicolanti la vivacità dei significati, stabilisce una specie di momento ludico quasi magico fra il vento, le vesti, i capelli dissolti alle carezze del giorno e i polsi delle donne, mescolandosi e mescolando ciò che le rende forti e nitide. La breve rigidità iniziale è superata subito dall’assenza della scansione temporale, la quale allontana per sempre ogni interferenza perturbatrice e imprime nell’istante, fugace eppure eterno, la bellezza dei vari atti di gesti quotidiani, consueti e popolari. Soprattutto i versi finali della poesia, proiettano ormai l’intero componimento “nella musica del cosmo” lontana, spezzata, persa, forse non più percettibile dall’orecchio dell’uomo se non attraverso la mediazione della Poesia divenuta anch’ella, ormai, “sordi fili d’arpa”.

Francesca  Rita  Rombolà


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