Stasera c’è una cosa che mi impensierisce.
Che offusca tutto il resto, musica compresa.
Mi sono anche chiesta se è il caso di parlarne liberamente qui, col rischio di passare per quella che vive nel mondo delle bambole e che si scandalizza per cose che – così pare – sono la normalità.
Alla fine ho scelto di parlarne.
Mal che vada, avrò qualche lettore in meno.
Parto dall’inizio.
Una donna che conosco abbastanza bene e che per comodità chiamerò Barbara aveva una relazione con un tipo.
Io e un paio di comuni conoscenti abbiamo riso non poco di questa liaison, rigorosamente alle spalle della diretta interessata. Si scherzava principalmente per due motivi: da un lato non è mai corso buon sangue tra Barbara e noi (sebbene non sia mai mancata la cosiddetta «cortesia di facciata»); dall’altro lato Barbara, per come si propone, è una persona decisamente… «poco carnale», per dirla con garbo; saperla immersa in una relazione tutta fuoco e passione è stata infinita fonte di battute. Tanto più se si considera che il suo uomo era totalmente diverso da lei, fisicamente e spiritualmente.
Quando Barbare e il suo uomo si sono lasciati, dopo circa un anno di relazione, c’è stata un’esplosione di congetture: sarà stata lei a mollarlo? sarà stato lui ad essersi stancato? saranno intervenute terze persone a dividerli?
A distanza di qualche mese dalla rottura scopro la verità.
E’ stata lei – sì, la donna romantica, quella che viveva in un mondo fatto di favole e principesse – ad andarsene dopo aver scoperto che il suo compagno era dipendente da cocaina. Molto dipendente.
L’ha scoperto dopo mesi di frequentazione – e con «frequentazione» intendo serio rapporto tra un uomo e una donna che si amano.
L’ha scoperto quando lui non poteva più tenerglielo nascosto, emotivamente ed economicamente.
Tra noi conoscenti si è parlato – con comprensibile imbarazzo – di questa cosa.
Io, devo dire la verità, mi sono profondamente vergognata di me stessa. Tanto presa dall’aspetto superficiale della situazione da non accorgermi del dramma vissuto da Barbara.
Dicevo, si è parlato di questa brutta storia. A un certo punto mi sono sentita dire: «Scribacchina, ma in che mondo vivi? Guardati in giro: metà delle persone che vedi tira di coca».
Devo essere apparsa spaventata, tanto da spingere chi mi stava attorno a spiegare per filo e per segno come funzionano le cose oggi.
«Eh, cara Scribacchina… sei rimasta ai nostri tempi, quando c’erano solo le canne e i pastiglioni del Number, ti ricordi?».
Mi ricordo, ma forse è il caso di precisare che non ho mai provato né le une né gli altri.
«Canne non ne vedi più, quelle se le fumano i ragazzini. Non scherzo: oggi un buon 50% della gente della nostra età va in giro con la coca in tasca. Vai nei bagni dei bar e vedi gente che tira; ti giri e trovi qualcuno che ti chiede se vuoi farti una pista, come fosse la cosa più naturale. Lo so, è un brutto mondo, ma oggi gira così… forse è il caso che ti guardi un po’ meglio in giro, sai?».
L’ho preso in parola: sono uscita per strada e ho iniziato a guardarmi in giro, con circospezione.
A scrutare – nel modo più discreto possibile – i volti di chi incrociavo.
A cercare, disperatamente, gente della mia età.
A chiedermi se sono io quella che vive in un mondo a parte, dove non esistono dipendenze e dove la trasgressione è rappresentata da qualche bottiglia di vino condivisa tra aspiranti degustatori della domenica. Un mondo dove le persone sono per la maggior parte del tempo trasparenti e lucide, come lucida è la loro mente e la loro capacità di ragionare.
Lo ammetto, stavolta senza vergogna: se davvero è così, questo mondo non mi piace. Datemi pure della bambina, non mi offendo.
Direi che è il caso di andare a dormire e tentare di archiviare questa brutta storia.
Anche se non credo riuscirò a digerirla completamente.
… Niente musica, oggi?
No, niente musica.