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Sono infinite le letture che
si possono dare a proposito dell'abbandono della difesa del cambio a 1.20, da
parte della Banca Centrale Svizzera. Tutte hanno innumerevoli risvolti e
altrettante implicazioni. Nulla è scontato come potrebbe apparire. Ci sarebbe
da scrivere molto su quel che è accaduto ieri, anche alla luce di molti eventi
che si stanno verificando in Eurozona e nel contesto globale. Ognuna di queste
considerazioni porta su sentieri diversi, articolati, talvolta addirittura
inesplorati o divergenti. Non esiste una sola verità, ma ne esistono di
molteplici, anche se qualcuna potrebbe sembrare meno vera di qualche altra.
Certo è che viviamo in un mondo complesso, e prima di contare i feriti sarebbe
assai saggio sedersi, fare un bel respiro e riflettere.
Ad
ogni buon conto quel che accaduto ieri lascia assai perplessi. Soprattutto se
si pensa che, solo la settimana scorsa, il presidente della Banca Nazionale
Svizzera (BNS) aveva confermato che "la soglia del cambio a 1,20 era
irrinunciabile". Era, appunto!
Da
ieri non lo è più e con una mossa a sorpresa (anche se era noto ormai da qualche mese che la BNS avrebbe avuto sempre maggiori difficoltà nella difesa del cambio) la BNS ha deciso di rimuovere il
floor, posto a 1.20 fin dal 2011 - durante il periodo più buio (?) della crisi
dell'Eurozona- al fine di evitare l'apprezzamento del franco svizzero a causa
degli ingenti flussi di capitali che approdavano (approdano) nelle banche
elvetiche in cerca di un porto sicuro. Allo tempo stesso, la BNS ha abbassato la fascia l'obiettivo per il Libor a 3 mesi tra
il -1,25% e -0,25% dal precedente -0.75% e 0,25%. La
BNS ha anche aumentato il tasso di interesse negativo sui depositi
delle banche commerciali, portandolo a -0,75% per cento dal precedente
-0.25%. Ma non è bastato: i mercati hanno risposto violentemente con un
apprezzamento del franco svizzero di oltre il 30%, per poi chiudere la giornata
in prossimità della parità contro euro.
Nel
comunicato che ha seguito l'intervento, la banca centrale ha affermato che le divergenze tra le politiche
monetarie delle principali aree valutarie sono aumentate in modo significativo. Più
concretamente, la ragione principale che ha motivato il cambiamento della
politica della BNS è da ascriversi al fatto che difendere il cambio
a 1.20 sarebbe stato troppo oneroso alla luce di un possibile (ormai quasi
scontato) quantitative easing da parte della BCE. In altre parole la
BNS avrebbe avuto bisogno di continuare ad espandere il proprio bilancio al
fine di acquistare valuta in euro e mantenere così il floor del tasso di
cambio a 1.20. Semplicemente impossibile, anche per una banca centrale. Quindi
ha dovuto gettare la spugna, preferendo di incassare molte perdite oggi,
piuttosto che in un secondo tempo nel quale, evidentemente, le perdite
sarebbero state molto superiori.
A
parer di chi scrive, il "dolore" di questa operazione è in parte
lenito dal fatto che la crescita economica degli Usa sembra abbastanza solida e
che l'apprezzamento del dollaro e alcune valute legate strettamente alla valuta
statunitense, possano alleviare (almeno in parte) i danni prodotti dalla
svalutazione dell'euro.
Prevedere
la prossima mossa della BNS è estremamente difficile, anche se è legittimo
ritenere che la BNS continuerà a intervenire sui mercati dei cambi, se i mercati dovessero diventare molto volatili
e il CHF dovesse allontanarsi troppo dai valori considerati "fair value dalla BNS.