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Non è un film per cardiopatici. Un recensore inglese ha scritto che è “extremely difficult to watch”. Assai difficile da vedere. L’osservazione non investe le capacità indiscusse del regista danese Martin Zandvliet già noto per “Applause” e per “A funny man”. Quella “impossibilità” è riferita alle caratteristiche di un’opera retta da una tensione inaudita. Sto parlando di “Land of mine-Sotto la sabbia”.
E’ la storia, vera, di un gruppo di giovanissimi (dai 15 ai 18 anni) soldati tedeschi. Siamo alla fi-ne della seconda guerra mondiale. Un bel pezzo di costa della Danimarca è stata resa impraticabile dalle milizie naziste. Sotto la sabbia sono state nascoste ben due milioni di micidiali mine. Come bonificare quel territorio? L’esercito danese, in preda anche a un motivato spirito di vendetta, decide di utilizzare i prigionieri te-deschi. Sono impiegati 2.600 uomini e molti tra questi sono ragazzi. Vengono spediti su quelle sabbie e addestrati all’azione di sminamento. Tutto ciò anche se la Convenzione di Ginevra proibisce di utilizzare i prigionieri in attività pericolose. La norma è aggirata qualificando i tedeschi come “persone volontariamente arrese al nemico”. E qui comincia l’indicibile tensione del film perché, come è prevedibile, ogni tanto qualcuno salta in aria. E anche quando non c’è l’esplosione tutti i lenti movimenti delle operazioni, attorno a quegli ordigni di morte, suscitano inimmaginabili attese.
Secondo i documenti militari la metà di loro rimase uccisa o ferita, 1.402.000 mine furono rimosse dall’undici maggio al 4 ottobre 1945. Il tutto, nel film, si svolge dentro scenari paesaggistici di malinconica bellezza. Con un singola-re capovolgimento dei ruoli perché i soldati danesi sembrano nazisti crudeli e i giovinetti tedeschi appaiono come ebrei perseguitati. Anche se nel racconto poi l’ufficiale danese incaricato di guidare il gruppo degli sminatori (impersonato dal bravissimo Roland Møller) finisce con lo stabilire un rapporto umano e quasi pater-no con le vittime. Una storia non inventata. E’ una pagina mai resa nota di quel che successe nei giorni che seguirono la resa della Germania nazista.
Cosicché “Land of mine” diventa un film contro le guerre di ogni epoca e parla anche ai giorni nostri. Perché siamo oramai circondati da mine, retaggio di guerre del passato e frutto di nuove guerre. Come raccontano i fatti di Parigi, di Bruxelles, di Istanbul, di Egitto o Siria. E comunque, per rimanere al passato, le note che ac-compagnano “Land of mine” informano che in 64 paesi in tutto il mondo, ci sono ancora circa 110 milioni di mine inesplose depositate sotto terra. E che dal 1975 le mine hanno ucciso o mutilato più di un milione di persone.
Bruno Ugolini